Il tema della commedia ha una minore connotazione psicoanalitica rispetto a quasi tutta la produzione pirandelliana attraversata dall’interrogativo se l’essere umano è come egli si percepisce o come gli altri lo vedono.
Ricavata dalla novella pubblicata nel 1910 sul Corriere della Sera, trasposta in siciliano per l’attore comico e gloria del teatro dialettale Angelo Musco, che fu interprete anche della trasposizione cinematografica del 1936, in Pensaci Giacomino! Luigi Pirandello affronta piuttosto una questione sociale, che si intreccia con le convenzioni borghesi dell’epoca.
L’anziano professore Agostino Toti vuole farsi beffe del governo sposando la giovane Lillina figlia del bidello per lasciarle la pensione, senza reclamare diritti di marito. Tanta generosità è provvidenziale essendo la ragazza incinta di Giacomino, ex alunno del professore.
Inizia così un ménage a trois in cui ciascuno è consapevole del proprio ruolo, ma le chiacchiere montano, i genitori della giovane sono travolti dallo scandalo e Giacomino, che ha ottenuto l’impiego in banca per intercessione del professore, si fidanza per mettere ordine nei tasselli scomposti della vita di tutti. Il professor Toti si indigna, le maldicenze sul marito cornuto non lo scalfiscono poiché assolve il compito di marito per apparenza e, avendo a cuore soltanto l’interesse del bambino, incita Giacomino a ripensare alla sua decisione. L’obiettivo è più importante delle convenzioni e delle dicerie della gente.
Responsabilità morale effettiva, contro quella pubblica apparente. Si indossa una maschera che occulta la propria natura e si è quello che vedono gli altri, e si viene giudicati per la maschera che si indossa. È il paradosso borghese di Pirandello, cresciuto con la figura incombente del padre dispotico e nella disattenzione della madre, affidato alla governante che gli trasmette una visione arcana e magica della donna, che ne plasmerà la personalità poliedrica e curiosa.
Le dicotomie pirandelliane su essere e apparire, lucidità e follia che in altri testi lasciano lo spettatore col dubbio circa la verità che sta dietro la realtà delle cose, in questa commedia sono il substrato della vicenda, essendo rese note fin dall’inizio le condizioni dell’accordo, riprovevole per il modello borghese, ma chiaro tra le parti: il professore beffa governo e compaesani e tutti ne ricavano beneficio. Forse assurdo e paradossale, ma lineare e condiviso, basta rispettare le regole del gioco.
Pippo Pattavina rimanda al primo interprete Angelo Musco e ai successivi Salvo Randone e Turi Ferro per la naturalezza con cui esprime la feroce critica allo Stato che non offre prospettive ai giovani, minando in tal modo l’autorevolezza degli insegnanti (è l’amara riflessione valida oggi più che mai!), ed escogita il piano beffardo per lasciare la pensione a una giovanissima moglie. È sempre in scena, instancabilmente protagonista, ironicamente suadente e convincente nella fantasiosa sintassi catanese, fino alla plateale invettiva finale contro il prete importuno. Caratterizzano i personaggi gli altri interpreti, un po’ macchiettistici i genitori di Lillina sopraffatti dallo scandalo: Debora Bernardi, Diana D’Amico, Francesca Ferro, Giuseppe Parisi, Giampaolo Romania, Riccardo M. Tarci, Aldo Toscano.
La regia di Guglielmo Ferro ambienta la vicenda in un contesto con spazi laterali sopraelevati che suggeriscono le aule scolastiche nel primo atto e l’articolazione della casa di Toti nel secondo, con le scene di Salvo Manciagli.
Dalle note di regia: “Pensaci, Giacomino! rappresenta per me uno dei lavori in cui Pirandello riesce, restando immune da facili moralismi, a dar corpo con più intensità a una critica profonda e assolutamente lontana da tentazioni qualunquistiche di quelle convenzioni sociali, di quell’ipocrisia, di quelle maschere con le quali la gente comune traveste la propria assenza di principi etici. Toti non appare come un vinto, né una figura triste o malinconica, di vecchio ingrigito dai propri pensieri. È anzi l’unico che esce vincitore in una guerra dalla quale tutti escono sconfitti; il più intelligente, in fondo, quello che sente di poter scegliere, di essere padrone della propria vita, delle proprie certezze, dei propri errori, pronto a pagare, a sentire tutto sulla pelle con coraggio”.
Tania Turnaturi