In scena presso il Teatro della Pergola di Firenze fino a domenica 19 Maggio
All’apertura del sipario, gli occhi ne trovano subito un altro, fatto di mattoni che sembrano rammentare una periferia industriale desolata e fredda, come le luci tenui che la investono appena, per farla ancora più triste, nonostante la curiosa presenza, sull’angolo a destra, di una vecchia serie di sedute da platea, che disturbano la coerenza d’insieme. Il grigiore, tuttavia, non si scompone, sino a quando i personaggi non si inerpicano per la scala che introduce lo sguardo dell’intera platea oltre il muro, nella calda ed umile intimità di un interno familiare, svelato allo scorrimento meccanico della parete, per rassomigliare ad un grande schermo cinematografico che regala immediatamente profondità alla scena. Tutto il dramma è impreziosito da espedienti originali, sorprese scenografiche riuscite e accuratissime simbologie; gli abiti d’epoca, di Daniela Verdenelli, riflettono, sopratutto nei toni dei colori, lo stato d’animo dei personaggi e le luci, di Oscar Frosio, nutrono didascalicamente le atmosfere. La Brasca è una Maria che pare coltivare l’embrione di dio per se stessa, mentre si intrattiene nella tormentata relazione con un Romeo assolutamente anti-shakespeariano, costantemente accompagnato da una bicicletta che gli permette di entrare e uscire velocemente di scena, ma anche dalla vita della donna che frequenta con chiaro disimpegno, senza mai prodursi in monologhi lirici. Il dialogo tra Marina Rocco e Filippo Lai è, infatti, quasi un duello per la supremazia dell’uno sull’altro e raggiunge equilibri di grande impatto, che sanno coniugare la spassosità ad un sottotesto d’amarezza e non detti; tutto pare un capriccio di poca cosa, dietro al quale si palesano i temi della solitudine e dell’incomunicabilità, alimentati da un gioco che consuma il tempo e la rimanenza del futuro. La Maria Brasca è un personaggio, ancor prima che della commedia, della piccola realtà popolare in cui vive, stigmatizzata per la leggerezza delle sue relazioni amorose e per la sua condotta singolare di donna senza prole e senza famiglia; la sorella, che la ospita, seppure schiacciata da un matrimonio fallimentare con un uomo che la tratta come una sguattera, paradossalmente la ammonisce, preoccupata per la sua reputazione più che per la sua felicità. Dietro alle mura domestiche e alla loro apparente solidità, si consumano rancori, segreti, maldicenze, litigi e disperazioni che smembrano completamente lo stereotipo della famiglia come luogo degli affetti; un treno lambisce spesso l’appartamento che costeggia, evidentemente, dei binari e tremano le pareti, le apparenze, l’intera casa abitata dalla precarietà della povertà e dei sentimenti.L’ impegno registico di Andrée Ruth Shammah, eccellentemente realizzato nelle interpretazioni degli attori tutti, innamora il pubblico rivisitando, con umorismo e particolari surreali, una delle opere del realismo sociale di Giovanni Testori, il pittore, scrittore e critico che si era profondamente interessato alla figura femminile, restituendone un affascinante ritratto, in contrasto con i canoni dell’epoca e certamente ancora attuale. La ribellione ai costumi morali degli anni sessanta del novecento, conferisce alla protagonista il ruolo di eroina, secondo un taglio narrativo che delude ogni aspettativa romantica, celebrando lo spirito di iniziativa che non scade nell’autocommiserazione, ma trasforma una vittima in una decisa fautrice del proprio destino. Il tradimento di Romeo è portatore di una netta disillusione che non scoraggia Maria nel procedere alla conquista dell’uomo prescelto, ma la investe, anzi, di un ruolo pacificatore, risolutivo; commuove la sua breve disperazione e la tenacia con cui raccoglie le forze per affermare la sua identità e dignità di persona, in un clima che canzona l’amore, grazie anche alla musica di Fiorenzo Carpi, senza mai metterlo al centro effettivo della vicenda, neanche quando sembra concretizzarsi un lieto fine. L’entusiasmo della protagonista si alimenta in se stesso, senza cercare riferimenti esterni alla sua volontà, anche mentre si rivolge direttamente al pubblico interprete, suo malgrado, di una società giudicante che la osserva come un plotone silenzioso; Maria si fa carico delle proprie scelte, sdrammatizza la tragedia quando è ancora in germe e non si assoggetta a nessuno, se non al proprio desiderio.
Ines Arsì
La Maria BrascadiGiovanni TestoriRegiaAndrée Ruth ShammahconMarina Roccoe conMariella Valentini, Luca Sandri, Filippo LaisceneGianmaurizio FercionicostumiDaniela VerdenelliluciOscar FrosiomusicheFiorenzo Carpiriallestimento a cura diAlbertino Accalai per la scenaeSimona Dondoni per i costumiproduzioneTeatro Franco Parenti, Teatro della ToscanaFotoLorenzo Barbieri