(Poesie) Recensione di Enzo Concardi
Daniela Burroni Giannoulidis
SFOGLIANDO IL CALENDARIO
(Poesie)
Recensione di Enzo Concardi
Il calendario della poetessa pavese Daniela Burroni scorre di giorno in giorno su binari
essenzialmente autobiografici, rispettando rigorosamente un ordine cronologico da diario o
agenda, ma per libere associazioni di pensiero e stati d’animo per quanto riguarda i
contenuti e le tematiche. Ergo, inizia dal 1 gennaio, data nella quale ella colloca una lirica
dal titolo Saliscendi, che rappresenta in sostanza ed in estrema sintesi il suo piano
dell’opera e che quindi il lettore dovrebbe ben meditare per capirne gli scopi: “Aveva il
saliscendi / la lampada del nonno / poteva illuminare l’intera stanza / o un piccolo lavoro
da osservare… // Ho messo il saliscendi alla coscienza / e illumino d’un tratto / gli istanti
della vita / qua e là / a quindici o a trent’anni / a sette a venti o l’altro ieri / e scopro
all’infinito le emozioni / ritrovo / nello sfogliar degli attimi passati / il senso di una vita tutta
intera”. Sfogliando dunque il suo calendario percorreremo con lei una cronaca familiare
con innumerevoli spunti e particolari della vita quotidiana: c’è quasi un’apologia delle
piccole cose che costituisce un ‘trait d’union’ con certi modi della poesia crepuscolare e,
per altri aspetti, con il ‘modo di fare letteratura’ degli scrittori frammentisti del Novecento.
Se memoria ed emozioni sono tra gli ingredienti principali della sua recherche, alla
poetessa non sfugge l’implacabile scorrere del tempo, scolpito da diversi pensatori d’ogni
epoca in frasi rimaste memorabili: panta rei (Eraclito), tempus fugit (Virgilio), carpe diem
(Orazio)… Ed è forse per tali motivi che Daniela Burroni coniuga con forza ed energia altri
due concetti racchiusi nei termini: radicamenti e legami. I radicamenti sono con i paesaggi
della sua terra pavese, con la città antica capitale longobarda, con il suo piccolo mondo
degli affetti domestici; i legami sono quelli tenaci e gelosamente conservati con il passato
ed in particolare con l’infanzia, i quali costituiscono un altro filone dominante del suo
humus poetico. Tutto ciò nasce da una attenta e diuturna speleologia della vita interiore,
dalla quale trae vissuti, sensazioni, immagini, suggestioni. Si rivela qui probabilmente il
bisogno pressante di mettere ordine in tutti gli eventi dell’esistenza, oggi divenuti ricordi
relegati nel passato, ma che lei non abbandona perché indelebili, soltanto suoi, che
nessuno può violare o scippare. Il suo calendario, in conclusione, non contiene
appuntamenti per il futuro, ovvero nuovi progetti di vita, ma rivisitazioni del passato che
tiene compagnia al presente.
La poesia scritta nel foglio del 16 febbraio è un esempio paradigmatico di quanto
l’analisi critica sta rilevando: “Lontano dagli spazi e dai tempi / del vivere quotidiano /
l’esistenza è un filo sottile / che si nutre di cose amate / di ricordi di sogni // Infiniti segni
del passato / danno la forma ai luoghi odierni / giorni e ore / storie e pulsare di sentimenti /
infinite generazioni / susseguitesi prima che io nascessi / sono in me / anima stessa del
mio pensiero / e poi saranno in voi / figli da me generati”. E, se vogliamo concretizzare
possiamo citare, tra i tanti, i ricordi più cari: l’Epifania in famiglia, ma anche il vuoto
dell’adolescenza, i ricordi della vita trascorsa ad Atene in Grecia, le fiabe raccontate da
mamma e papà, le presenze nel giardino di casa, la poesia dedicata al Ticino, i luoghi
dell’infanzia come Zavattarello, la sua casa vissuta come un monastero, il Duomo di
Pavia, i vecchi traslochi dei contadini nell’estate di San Martino, i piccoli oggetti compagni
di vita, gli scorci paesaggistici svelanti il suo amore per la natura, l’amore per il compagno
anche se spesso lontano per lavoro… Importante il suo rapporto con la poesia: “Nel
tumulto degli affetti / e dei tempi / ciò che desidero di più / è un pezzetto di carta / e una
matita o penna / per buttar giù due parole: / la mia sintesi della vita” (17 febbraio); per
esprimere, dice altrove, “la gioia di essere vivi / di esserci in questo momento”; oppure:
“Resta la poesia / amica dei giorni tristi / ove annegare / pensiero e dolore / in fondo ad un
verso”. Ma nel suo calendario Daniela Borroni scrive d’un evento che forse supera tutti gli
altri: “Come per Paolo / sulla strada di Damasco / è stato un attimo / una folgorazione / il
mio riconoscerTi“. Da qui la Sua presenza negli altri, nella pace ritrovata dell’anima, nella
Resurrezione per abbandonarsi fra le Sue braccia, nelle bellezze del Creato, nell’Amore
per l’umanità.
Enzo Concardi
DANIELA BURRONI GIANNOULIDIS, Sfogliando il calendario, prefazione di Maria Rizzi, Guido
Miano Editore, Milano 2024, pp. 210, isbn 979-12-81351-34-9, mianoposta@gmail.com.