Lo spettacolo di e con Francesca Ritrovato all'auditorium di Aliano per il festival de "La luna e i calanchi"
C’è grande attesa per “Alienate” lo spettacolo intenso scritto ed interpretato da Francesca Ritrovato, la cui replica è prevista per il prossimo 24 agosto all’auditorium di Aliano in provincia di Matera nel corso del festival “La luna e i calanchi”.
Lo spettacolo, le cui musiche dal vivo sono eseguite dal compositore ed interprete Fabio Macagnino in cui le vicende narrate si legano in un filo doppio con il vissuto reale degli ospiti della vecchia struttura manicomiale che si trova a Girifalco (“Il paese dei pazzi” com’è sempre stato definito più volte, ndc) in provincia di Catanzaro, il paese dove l’attrice è nata e cresciuta. Ebbene, quest’ultima lega le sue storie ispirandosi a delle persone vere ed autentiche che nel suo spettacolo assurgono al ruolo di personaggi e dunque di protagonisti di rilievo. La Ritrovato, del resto, è rimasta profondamente colpita nel suo immaginario da alcune vicende, riferibili in particolare ad alcune donne, che in quella struttura ci sono finite e poi rimaste per anni interi, senza soluzione di continuità.
Oltretutto, va precisato come il manicomio a Girifalco nacque da una costola di quello in Aversa in Campania che, ad un certo punto della sua esistenza, non volle accoglierne più a tal punto che “con nota 3 marzo 1877, il Regio Manicomio di Aversa informò che dal 1° luglio 1877 vi sarebbe stata preclusa, – ha spiegato l’attrice girifalcese – ai pazienti della provincia di Catanzaro, ogni possibilità di ricovero. Fu così che il prefetto di Catanzaro rivolse ai comuni della provincia formale richiesta di aree, e contributo di mezzi, per la costruzione di un manicomio. Risposero a questo appello numerosi sindaci, e fu istituita una commissione tecnica per decidere il luogo più idoneo”.
Ebbene, nel 1878 la Deputazione provinciale decise per Girifalco. Ed è dell’11 aprile 1880, il suo decreto istitutivo.
“La presenza dell’ospedale psichiatrico e dei suoi ospiti, nel paese dove sono nata, cresciuta e dove vive la mia famiglia, – ha ancora evidenziato con un certo trasporto la Ritrovato – è un fatto naturale prima che storico e sociale. Come può essere la scuola con i suoi bambini, la chiesa con i suoi fedeli, la piazza con i suoi avventori, il cimitero con i suoi morti. La mia ricerca artistica, iniziata prima dell’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico è continuata durante gli anni dell’accademia, e dopo ininterrottamente proseguita, mi ha portata più volte tra gli ospiti di quel manicomio ed è una parte della mia sensibilità umana”.
Il primo spettacolo della compagnia di cui l’attrice fa parte integrante, tratto dal noto romanzo “Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij, – sostenuto dal teatro di Anghiari con luci e video di Stefan Schweitzer – si è così nutrito delle storie dei ragazzi che fanno parte della struttura residenziale psichiatrica dell’ospedale di Girifalco, e il piccolo teatro all’interno della struttura ne ha ospitato le prove. “Quest’esperienza umana e artistica, insieme ad altre da spettatrice e attrice in Italia e a Parigi – ha continuato appassionata Ritrovato – dove ho per lunghi periodi studiato, lavorato, vissuto, tutto questo ha fatto in me maturare l’idea d’un teatro che profondamente s’intrecci con la vita. Mi coinvolgono le parole di Peppe Dall’Acqua, psichiatra che ha lavorato con Franco Basaglia e ha partecipato alla grande esperienza di trasformazione e chiusura dell’ospedale psichiatrico di Trieste: “Ho capito dopo che il teatro poteva incarnare uno dei pochi luoghi, oggi intenderei l’unico, dove è possibile dire la verità. Le verità che il teatro prende così a rivelare sono le piccole e povere storie delle persone sepolte vive nel manicomio…”.
“I ragazzi incontrati nel Centro di salute mentale di Girifalco sono tante storie, e di storie – ha ancora spiegato la Ritrovato – è pieno l’archivio che raccoglie le cartelle cliniche dei molti pazienti passati in quel luogo, dal 1881 a oggi. Ho trovato, tra quelle vecchie carte, la vita di persone che, in numerosi casi, nulla avevano a che fare con la psichiatria. Ho trovato, in una cartella clinica, la fotografia di Leonilde, che quarantatré anni trascorse nel manicomio di Girifalco per pagare una fuga d’amore. E di lei ho raccontato la storia. C’erano, con Leonilde nel vecchio manicomio di Girifalco, altre donne. E altri uomini. Narro di loro con lo sguardo aperto verso il mondo e l’anima rivolta ai luoghi che m’appartengono. Narro del mio viaggio, del mio cercare, tra solitudini e speranza, tra me e l’altro, tra l’andare e il tornare. Tornare al passato per leggere meglio il presente. Tornare nei luoghi dai quali sempre mi allontano e dove sempre ritorno con una “spina nella carne”… Ho una guida autorevole in questa mia ricerca. È lo sguardo di Eugenio Borgna, psichiatra, filosofo, scrittore e conoscitore della fragilità dell’animo umano, teorizzatore di un ascolto gentile necessario tra gli esseri umani, tutti. Indispensabile, l’ascolto, quando ci troviamo di fronte al dolore della mente e del corpo feriti”.
Facendo un po’ di cronistoria recente che parte dal 1978, anno in cui venne istituita ufficialmente la legge che prese corpo dal suo ispiratore lo psichiatra Franco Basaglia (e che l’attrice ha pure citato, ndc) al 2018 sono trascorsi 40 anni e la Ritrovato disvela alcuni aneddoti di questi 40 anni dall’anno della sua emanazione fino appunto a quel 2018, soffermandosi in special modo sull’ultimo decennio. Anni nei quali si sono succeduti diversi appuntamenti e da cui sono scaturite anche delle manifestazioni importanti di cui la Ritrovato è stata partecipe e protagonista attiva. “Una di queste manifestazioni s’è svolta – ha raccontato l’attrice di Girifalco – a maggio del 2018, al San Salvi di Firenze – un ex ospedale psichiatrico che oggi ospita, tra le altre cose, un teatro diretto dalla compagnia Chille de la Balanza, nella persona di Claudio Ascoli. Sono stati tre giorni di festival all’interno del quale si è svolto il concorso ‘Storie interdette’ a cui ho partecipato raccontando di Leonilde. Ho vinto quel concorso. Sono stata invitata a partecipare a un festival all’interno dell’ “Estate fiorentina”, a settembre del 2018. Ho trovato e ho drammatizzato, per quell’occasione, altre storie. Ho trovato la storia di Giulia, a Valsinni. Al Festival Monodrama dove ho presentato Leonilde e Giulia mi è stato assegnato il premio: come miglior “Monologue dramatique” al 4° Festival MonoDrama.“Monologo intenso e coinvolgente, ma misurato nei toni, – si legge nella motivazione del premio – mai indulgenti a un facile eccesso, che pure il tema trattato avrebbe potuto produrre. La rappresentazione nel suo svolgersi si compone come un mosaico che restituisce, con realismo lucido ed impietoso, l’immagine di una società fondata su crudeli leggi non scritte, il mancato rispetto delle quali comportava l’isolamento, l’emarginazione fino all’annientamento nello spirito oltre che nel corpo, perché rompeva schemi cristallizzati dal tempo, minando dalle fondamenta un consolidato sistema di relazioni e comportamenti. L’appassionata interpretazione restituisce voce e attenzione a chi si è visto negare ogni possibilità di ascolto e di considerazione e ha dovuto soccombere: donne, vittime immolate sull’altare del pregiudizio”.
In questo caso, l’interprete porta in scena vicende reali dai contenuti forti. Lo fa con lo sguardo aperto verso il mondo e l’anima rivolta ai luoghi che le appartengono. Il suo, prima che un atto di denuncia, è perciò un atto d’amore non privo d’intima sofferenza verso la terra natia dalla quale s’allontana e dove sempre ritorna. Lo spettatore è così condotto in un viaggio nella memoria vibrante di pathos e segnato, nei suoi passaggi fondamentali, da un accompagnamento musicale, a tratti struggente, che dona lirismo alla rappresentazione. “Sono arrivata – ha ancora riferito l’attrice – all’Archivio di Pieve Santo Stefano e lì ho trovato la storia di Margherita. Si sono aggiunte, in seguito, Luisa e Eugenia, delle quali ho trovato le cartelle a Girifalco, presso l’Archivio dell’Ospedale Psichiatrico. Le stanze sono, quindi, attualmente, cinque. Lo spettacolo ha una costruzione sempre viva…”.
Infine, ma non ultimo, le musiche da vivo di un grande autore ed interprete come Fabio Macagnino che caratterizzano e danno un tocco particolare ad uno spettacolo tutto da vedere e d’ascoltare immergendovisi totalmente.
“La collaborazione artistica con Fabio Macagnino – ha sottolineato in conclusione la Ritrovato – nasce un anno fa; il sud cantato da Fabio è raccontato con suoni e storie intrise di sogno, disperazione, richiesta di giustizia, amore, urgenza di dire. Io e Fabio ci siamo incontrati su un modo di leggere il sud, su un desiderio di riconoscerne i limiti, accoglierne la forza, nel rifiuto della commiserazione”.