Yuri Temirkanov torna sul podio dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia con un programma interamente dedicato alla musica tedesca, scegliendo due capolavori indiscussi del repertorio sinfonico dell’Ottocento: nel programma si susseguono la Settima Sinfonia di Beethoven (del 1812, che segna la svolta del terzo stile) e la Seconda Sinfonia di Brahms (1877). Temirkanov, ventennale direttore artistico della prestigiosa Filarmonica di San Pietroburgo (ospite a gennaio a Santa Cecilia) dirige con pochi gesti essenziali, con la sicurezza mai ostentata di chi non necessita di gesti plateali per plasmare la partitura. Il virtuosismo della magnifica Orchestra romana è esaltato dalla trascinante direzione del maestro russo che regala al pubblico una Settima sublime (non a caso ribattezzata la l’apoteosi della danza da Wagner e dagli effetti dionisiaci anche secondo Mahler) dall’aria di sfacciata vitalità che sembra non lasciare neppure un attimo di tregua. Dall’incipit gioioso alla tensione emotiva del celebre Allegretto, in bilico fra mistero e risoluzione, Temirkanov imprime una gaiezza assoluta della partitura, senza lasciarsi trasportare mai dagli eccessi. È un’esecuzione all’insegna della bramosa ebbrezza dionisiaca che si traduce in un’esuberanza gioiosa che il maestro russo lascia esplodere nell’apoteosi conclusiva di rara potenza. Anche nella seconda Sinfonia di Brahms, parte conclusiva del programma tutto tedesco. Temirkanov propone una raggiante direzione orchestrale anche nel ritratto delicato (palese omaggio alla Pastorale di Beethoven) di idilliaci paesaggi bucolici di rassicurante pacatezza per entusiasmare nel finale dai toni appassionanti raggelati in uno slancio vorticoso di spumeggiante vitalità. Calorosi applausi del pubblico agli artisti e nuovo grande successo dell’Orchestra e del maestro russo, amatissimo a Roma e ospite consueto a Santa Cecilia che aveva deliziato solo due settimane fa il pubblico romano con il concerto dedicato a Shostakovich.