Quarto e ultimo appuntamento della rassegna teatrale Salviamo i talenti al Teatro Vittoria di Roma con un grande classico, La bottega del caffè, ma non pensate però che si tratti dell’ennesimo Goldoni, tutto merletti e sberleffi. In scena un Goldoni elegantissimo e molto moderno, sotto l’apparente impianto tradizionale, in cui i personaggi sono figurine-marionette che si inseguono e si ingannano nella piazza della città in una bellissima commedia corale, qui ariosa e molto luminosa animata da personaggi di dubbia o quanto meno scarsa moralità dai connotati reali. In questa messinscena di giovani talenti, con l’attenta regia di Luca Bergagna, ci sono lo splendore del testo, la dinamicità del ritmo sempre felice, ma non c’è traccia della scarsa stucchevolezza di molte versioni di testi classici. All’apertura del sipario non manca nulla pur nella sua estrema essenzialità: c’è Venezia con i suoi canali che lascerà il posto alla piazza e fin da subito appare subito molto felice la scelta musicale con il magnifico e grave Trio per pianoforte di Schubert (già in Barry Lindon di Kubrick). E poi ci sono i personaggi che animano la piazzetta veneziana perché se per Goldoni il mondo è teatro qui il mondo è la piazza, microuniverso di individui dall’indole diversa. C’è Eugenio, il giovane mercante con il vizio del gioco inseguito da Vittoria, moglie gelosa e disperata. C’è Flaminio, un giovane torinese che si spaccia a Venezia per il conte Leandro e corteggia la bella ballerina Lisaura. C’è Placida, moglie abbandonata di Leandro che travestita da pellegrina parte dalla ricerca del marito. Ci sono il biscazziere baro Pandolfo e il gentiluomo napoletano Don Marzio, l’infido e maldicente spione pettegolo da bottega che diventerà suo malgrado il capro espiatorio di quanto avvenuto. E tutto sotto gli occhi del deus ex machina Ridolfo, il caffettiere di buon senso, simbolo della borghesia goldoniana, che cerca a ogni costo di fare del bene agli altri. E nonostante gli equivoci, tutto tornerà al proprio posto. Ma si può proporre ancora Goldoni? Sì, se l’allestimento è equilibrato e tutto sommato tradizionale, ma con un quid non invadente di modernità che offre una visione molto corretta e precisa del testo, seppur non edulcorata. Un ottimo risultato per la compagnia. Gli attori, Viviana Altieri, Vincenzo D’Amato, Elisabetta Mandalari, Luca Mascolo, Alessandro Marverti, Alessandro Meringolo, Massimo Odierna, Marco Palvetti, Sara Putignano, sono giovani, ma molto bravi, seppur con qualche eccesso di tanto in tanto, ma adeguati alla lingua settecentesca. Lode ai costumi Bartolomeo Giusti, abiti del Settecento, non sfarzosi, eppure così felici e curati da integrarsi al meglio con le scene bianche e scarne di Bruno Buonincontri che simulano la piazza e i palazzi da cui si aprono finestre e porta da dove spiare le vicende. Ora pubblico che ha assistito ai quattro spettacoli in rassegna potrà scegliere il titolo che entrerà nel cartellone della prossima stagione teatrale dello storico teatro romano. In replica oggi, venerdì alle ore 17 e 21 e domani alle ore 21,00.
Fabiana Raponi