MONTICCHIELLO (PIENZA) Dal 23 luglio al 14 agosto la compagnia del Teatro Povero di Monticchiello torna ‘in piazza’ con un nuovo spettacolo. Spettacolo di piazza, appunto, che rinnova la tradizione, per natura sperimentale, di una drammaturgia partecipata da un intero borgo, cui per primo Giorgio Strehler dette il nome di autodramma.
Le assemblee della compagnia e degli abitanti hanno iniziato da gennaio a discutere i possibili temi, le scalette e infine il copione dello spettacolo. Il titolo, come consueto, sarà l’ultimo elemento a essere deciso. Una lunga fase di gestazione, insomma, in cui si mescolano dimensioni lontane: storie di vita, memoria del passato, echi del dibattito pubblico e politico… La sintesi di questo processo porta gli attori-cittadini di Monticchiello a interrogarsi su rischi, derive e speranze di un mondo in rapidissima e indecifrabile trasformazione, in un anno in cui si incrociano due traguardi collettivi tra loro paradossali: da una parte quello di una comunità che celebra se stessa e la sua nascita come nazione, dall’altra quello dell’ennesimo record del debito pubblico, che pare minare alle radici le ragioni profonde della coesistenza di piú generazioni. Una difficoltà collettiva, quella del racchiudere in un senso condiviso le trasformazioni in corso, che si presenta a tutti i livelli: la comunità del borgo non è dissimile da altre molto piú ampie, forse può anzi diventarne metafora, rappresentazione sintetica.
Lo spettacolo, dunque, parte da una situazione ‘quotidiana’: la storia è quella di una famiglia e di una comunità che si ritrovano attorno al capezzale di una figura carismatica: la vecchia, vecchissima Argelide. Carattere forte e tenace, il suo, sanguigno e tutto popolare. Mentre la sua gente sembra andare in mille pezzi, incapace di reagire alle pressioni di una situazione economica compromessa e che spinge ognuno verso il proprio interesse, sul letto di Argelide si gioca ora la partita piú importante: cedere o meno alla tentazione di una deriva ultima e definitiva? Abbandonarsi alla festa allestita dai ‘vermi’, figure grottesche e astute, sempre pronte al banchetto, oppure reagire? E se opportuno farlo, in nome di chi? Di quale ottimismo farsi arma, quando le regole del gioco sembrano non lasciare scampo? Forse, dunque, la sola salvezza sarà nella forza sovversiva della fantasia: l’unica in grado di cambiare gioco…
“Argelide”
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