con John – Alexander Petricich, Marta Lucini, Andrea Fazzari, Chiara Zerlini.
regia, scene e costumi Alberto Oliva
consulenza storico letteraria Andrea Bisicchia
produzione Teatro Popolare Italiano e Teatro Out Off
“Forse quando la morte viene, la vita comincia”.
Non è Una danza macabra quella che vogliamo portare in scena, ennesimo tributo al grande Strindberg, ma La Danza della Morte, definitiva, autentica, assoluta. Così vogliamo rendere giustizia a uno dei più bei titoli della storia del teatro, che annuncia un grande dramma, estremo nel suo ballare sul filo tra la farsa e la tragedia, tra il dramma borghese e l’espressionismo astratto, ma soprattutto tra la vita e la morte…
La storia delle messinscene italiane di questo capolavoro dell’autore svedese, di cui ricorre quest’anno il centenario della morte, racconta quasi solo di grandi prove attorali, su cui svetta la coppia Gianni Santuccio – Lilla Brignone che ancora molti frequentatori abituali del teatro ricordano a quarant’anni di distanza.
Riproporre questo testo con una compagnia giovane significa rileggerlo con occhi nuovi, in una prospettiva originale che lo svincoli dalla tradizione naturalistica e lo ancori alla contemporaneità, con uno sguardo alle coppie di oggi, che si sposano e non hanno certo la prospettiva scontata di arrivare a festeggiare le nozze d’argento, come la coppia protagonista. Il cast giovane consente di giocare liberamente con l’aspetto espressionista e simbolico presente nel testo, superando la superficie ottocentesca, ancora legata al vecchio teatro che Strindberg stava cercando di scardinare e innovare profondamente.
La Danza della Morte è un vaudeville disperato in cui Edgar, capitano d’artiglieria che ha fallito la scalata al ruolo di maggiore e sua moglie Alice, ex attrice che ha dovuto abbandonare la carriera artistica per essere moglie e madre, si torturano a vicenda senza esclusione di colpi, rinchiusi in una torre rotonda al centro di un’isola abbandonata nel più remoto Nord Europa. Sono due incompiuti, ma non due falliti, perché in loro brucia ancora il fuoco della rivalsa, pronta a esplodere da un momento all’altro. La miccia si accende quando dal passato, dai loro ricordi di gioventù, ritorna Kurt, cugino della donna e ispiratore del loro matrimonio. Questo mite ispettore di quarantena, che sembra uscito dall’inconscio della coppia, arriva sull’isola e viene letteralmente risucchiato nella torre dalla forza diabolica di Alice, che lo seduce per esibirlo come trofeo al marito, con la speranza di risvegliarne la gelosia e il desiderio sessuale. Edgar a sua volta lo vampirizza, lo circuisce e inibisce per ribadire la sua superiorità di uomo, al punto che alla fine Kurt fugge, abbandonando la coppia al suo destino infernale.
Il nostro Capitano è John Alexander Petricich, un attore particolare per il suo naturale talento, privo di una formazione accademica con tutti i vezzi che abitualmente ne conseguono, e dotato di una grande forza interpretativa, oltre ad essere tra i promotori del progetto Strindberg che lo ha visto all’Out Off regista de “Il sogno” (27 settembre 2011) e, nella scorsa stagione, regista e interprete de “Il legame”. Accanto a lui è Marta Lucini, giovane attrice non nuova a ruoli da protagonista, sulla carta lontana dal piglio autoritario e maturo di Alice, ma proprio per questo capace di dare al personaggio nuove sfumature, soprattutto nella direzione di sottolinearne la femminilità latente, ancora forte e vogliosa di emergere, sebbene soffocata da venticinque anni di sterilità sessuale. Il suo aspetto giovanile viene nascosto e represso, ma è sempre pronto a venire fuori, soprattutto nelle grandi scene con Kurt, interpretato da Andrea Fazzari, anch’egli giovane sebbene di già lunga esperienza teatrale.
Lavorando con gli attori, ho scelto di spingere la caratterizzazione dei personaggi sui sensi dominanti, notando che nel testo sono presenti frequentissime allusioni alla vista da parte di Alice, all’udito da parte di Edgar e all’olfatto da parte di Kurt. Ecco che quindi abbiamo identificato come motori dei tre personaggi gli occhi di Alice che osserva e segna tutto, legge e controlla ogni movimento, l’orecchio di Edgar che ascolta il telegrafo e percepisce ogni rumore e il naso di Kurt, che si sente soffocare dall’aria mefitica della torre e non riesce a respirare.
Per l’ambientazione dello spettacolo ho scelto uno spazio metaforico, che tenga conto della circolarità su cui l’intero dramma di Strindberg è costruito, e cioè una gabbia delle tigri presa in prestito direttamente dal circo. La gabbia rotonda come luogo della costrizione – prigione per Edgar che vuole evadere continuamente, protezione per Alice che a lungo andare ha finito per trovarci lo spazio vitale – ma la gabbia anche come vetrina attraverso cui mostrarsi al pubblico e in cui attendere il domatore – Kurt – pronti a divorarlo nel grande spettacolo della crudeltà.
Il pavimento della gabbia è interamente coperto da un fitto tappeto di fotografie della coppia, venticinque anni di ricordi stratificati e buttati per terra, calpestati senza pietà, abbandonati alla polvere all’insegna del motto che Edgar ripete ossessivamente: “Cancellare e passare oltre”.
Fondamentale importanza ha poi nel nostro allestimento la caleidoscopica figura della vecchia Maya che appare a Edgar nella sua notte di delirio mistico, ed è evoluzione della serva Kristin. Si tratta della Morte, ovviamente, che cinge d’assedio la torre per richiamare le sue vittime. A interpretare questo personaggio, allo stesso tempo reale e simbolico, è la giovane Chiara Zerlini, attrice molto simile a Marta Lucini, somiglianza su cui ho voluto insistere, perché anche Alice si specchia nella Morte, che è il suo doppio, e danza con lei sull’orlo del precipizio.
Sulla scia dei film di Bergman – prezioso filtro di noi mediterranei per intuire lo spirito nordico – e soprattutto del Settimo sigillo, ho scelto di sostituire la partita a carte prevista nel testo con una partita a scacchi, carica di un maggiore simbolismo, di cui in altre occasioni fa comunque uso anche lo stesso Strindberg (come ad esempio nel Temporale).
Sarà proprio la serva-Morte a mettere in scacco il Re, la Regina e l’Alfiere in una Danza a quattro che si tinge dei toni della farsa e della tragedia, travolgendo nel suo ritmo infernale ogni etichetta di genere, per restituirci una folle esplosione dionisiaca di pianto e riso.
Alberto Oliva
• Spettacolo in abbonamento: outoff Card
Informazioni
Prenotel. 02.34532140 – lunedì ore 10 > 18 e martedì > venerdì ore 10 > 20
Ritiro biglietti: Uffici via Principe Eugenio 22 – lunedì > venerdì ore 11> 13 ; botteghino del teatro – via Mac Mahon 16 – nei giorni di spettacolo, un’ora prima dell’inizio; il sabato 17 > 22. Domenica un’ora prima dello spettacolo.
Prevendita:
Biglietti: 18,00 Euro – costo prevendita e prenotazione 1,50 /1,00 Euro
Riduzioni: 12 Euro (under 25); 9 Euro (over 60) – Convenzione con il Comune di Milano
Per gli abbonati sconto di 30% su tutti gli spettacoli in cartellone, tranne i Progetti Speciali
Orari spettacoli: da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 16 (eccetto domenica 17)
Trasporti pubblici: tram 12/14 bus 78 Accesso disabili: con aiuto
Teatro OUT OFF
v. Mac Mahon, 16 – 20155 Milano
Uffici, via Principe Eugenio, 22 – 20155 Milano
Telefono 02.34532140 Fax. 02. 34532105; E-Mail: info@teatrooutoff.it; www.teatrooutoff.it