Roma si trasforma nella capitale mondiale del tango: l’Auditorium Parco della Musica ospita la quinta edizione di Buenos Aires Tango, il più grande Festival di Tango d’Europa con la partecipazione dei più noti artisti della capitale argentina. Fra gli appuntamenti più attesi di questa edizione, l’intenso e travolgente concerto degli Escalandrum Sextet in Piazzolla plays Piazzolla a celebrare il novantesimo anniversario della nascita del grande Astor Piazzolla. Anima del gruppo, è Daniel “Pipi” Piazzolla (alla batteria), nipote del celebre compositore argentino, loquace frontman che in spagnolo intrattiene la gremitissima Sala Petrassi, introduce i musicisti, racconta la nascita del gruppo (ormai oltre 12 anni fa), rivela qualche simpatico aneddoto legato alle composizioni svelando ad esempio come Libertango durasse originariamente sette minuti (ridotti a tre per esigenze televisive e radiofoniche). E se manca il classico bandoneon è perché gli Escalandrum rielaborano Piazzolla in chiave jazz mostrando le infinite possibilità delle note del compositore argentino con verve e sperimentazione. Tutti gli elementi (Daniel “Pipi” Piazzolla alla batteria, Nicolás Guerschberg al piano, Mariano Sívori contrabbasso, Gustavo Musso sax alto e soprano, Damián Fogiel sax tenore, Martín Pantyrer clarinetto basso, sax baritono) sono davvero bravi, in un susseguirsi di soli mirabolanti che lasciano spazio alle improvvisazioni fra temi più o meno noti facendo rivivere la magia del tango anche in chiave jazz. Ospite di lusso della serata è il “nostro” Fabrizio Bosso alla tromba (sul palco per tre pezzi) pronta anche a misurarsi in una gara virtuosistica di estenuanti soli con gli altri musicisti e con il suo inconfondibile stile anche ritmi tribali e sperimentali di Vayamos al Diablo. Difficile però dimenticare il sublime tema della nostalgica Oblivion introdotto dalla tromba di Bosso, toccante e commovente come non mai. Il tributo ad Astor Piazzolla resta in ogni momento coinvolgente e sincero in un susseguirsi di sonorità contemporanee che non tradiscono mai la languidità nostalgica e intrinseca del tango: non poteva mancare in chiusura Libertango, forse uno dei pezzi più destrutturati della serata che cede ad ampie divagazioni jazz e Adios nonino, unico, lungo bis concesso fra gli applausi del pubblico, introdotto da un piano solo prima degli applausi finali tributati dal pubblico al gruppo per una serata ricca di emozioni.