Melodramma in tre atti di GIUSEPPE VERDI
Libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma di Victor Hugo Le roi s’amuse
(Edizione critica a cura di Martin Chusid, The University of Chicago Press
e Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 18 gennaio 1853
Produzione Teatro alla Scala
Direttore GUSTAVO DUDAMEL
Regia GILBERT DEFLO
Scene EZIO FRIGERIO
Costumi FRANCA SQUARCIAPINO
Personaggi e interpreti principali
Il Duca di Mantova Vittorio Grigolo (6, 10, 13, 17)
Stefan Pop (8, 11, 15)
Rigoletto George Gagnidze (6, 10, 13, 17)
Zeljko Lucic (8, 11, 15)
Gilda Elena Mosuc (6, 10, 13, 17)
Valentina Nafornită (8, 11, 15)
Sparafucile Alexander Tsymbalyuk
Maddalena Ketevan Kemoklidze
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Date:
martedì 6 novembre 2012 ore 20 ~ prima rappresentazione
giovedì 8 novembre 2012 ore 20 ~ fuori abbonamento
sabato 10 novembre 2012 ore 20 ~ turno B
domenica 11 novembre 2012 ore 15 ~ turno E
martedì 13 novembre 2012 ore 20 ~ turno A
giovedì 15 novembre 2012 ore 20 ~ turno D
sabato 17 novembre 2012 ore 20 ~ turno C
Prezzi: da 187 a 12 euro
Infotel 02 72 00 37 44
Ufficio Stampa Teatro alla Scala
Via Filodrammatici 2 – 20121 Milano
Tel. 02 88 792 412 – Fax 02 88 792 331
L’OPERA IN BREVE
di Claudio Toscani
dal programma di sala del Teatro alla Scala
Rigoletto fu composto da Verdi per onorare un contratto firmato nell’aprile del 1850 con il Teatro La Fenice di Venezia. Fu il compositore stesso a individuare il soggetto e a proporre al librettista della Fenice, Francesco Maria Piave, di adattare Le rois’amuse di Victor Hugo, il dramma in cinque atti che tanto clamore aveva destato a Parigi nel 1832. Verdi e Piave si misero al lavoro, progettando un’opera che avrebbe avuto per titolo La maledizione. A lavoro iniziato, mentre Piave era ospite di Verdi a Busseto, giunsero da Venezia segnali preoccupanti: la censura sollevava obiezioni nei confronti del soggetto scelto, e non ne avrebbe permesso la rappresentazione. Verdi, tuttavia, insistette per proseguire il lavoro: trovava l’argomento congeniale, aveva individuato la “tinta” musicale dell’opera e non voleva tornare indietro. Ma quando l’opposizione della censura si fece più decisa, prendendo di mira l’immoralità del soggetto e la trivialità di molte scene, Piave dovette proporre un accomodamento; Verdi sostenne fermamente la necessità di conservare alcuni particolari essenziali della vicenda drammatica, e alla fine di dicembre 1850 fu trovato un compromesso. Il re del dramma originario fu trasformato nel Duca di Mantova e ci si accordò per altri piccoli cambiamenti che venivano incontro alle pretese moralistiche dei censori. L’11 marzo 1851 l’opera fu rappresentata alla Fenice, con grande successo. Da allora non è mai uscita dal repertorio: ancora oggi, Rigoletto è una delle opere più eseguite e amate nei teatri di tutto il mondo.
Rivolgendosi alla pièce di Hugo, Verdi accoglie pienamente le teorie romantiche francesi sull’arte, secondo le quali il “vero” deve prevalere sul “bello” e la realtà deve essere rappresentata in tutti i suoi aspetti – anche in quelli contrari al decoro – e senza timore di infrangere le regole convenzionali. In antitesi ai canoni estetici della tradizione classicistica, perciò, Verdi costruisce il dramma intorno a un personaggio difforme e grottesco, in accordo con quella poetica che Hugo realizza sistematicamente nelle sue opere letterarie. È precisamente il grottesco che fornisce l’elemento più efficace del contrasto. Rigoletto è personaggio complesso e ambivalente: la sua doppia personalità riunisce l’acre malignità, il cinismo di cui fa sfoggio alla corte ducale, e l’affetto tenerissimo che mostra per la figlia, affetto nel quale ritrova la sua natura di uomo, spogliandosi della maschera beffarda del buffone. «Io trovo […] bellissimo – scriveva Verdi nelle fasi del lavoro – rappresentare questo personaggio esternamente deforme e ridicolo, ed internamente appassionato e pieno d’amore». All’alienazione del personaggio corrisponde la commistione stilistica del linguaggio drammatico verdiano: in Rigoletto si mescolano lo stile “alto” della tragedia con i toni “medio” e “basso”. Ma la lezione di Hugo agisce su Verdi anche per un altro aspetto almeno: al modello offertogli dal drammaturgo francese, Verdi si adegua fedelmente per conservare tutto l’impatto delle situazioni drammatiche, ottenuto con la forza della sintesi. La strategia verdiana consiste nel mettere a fuoco le situazioni chiave con pochi e veloci tratti, dando la massima evidenza ai personaggi e guidando la successione delle scene con un ritmo rapido e incalzante. Verdi scolpisce le sue figure con una potenza inedita nel melodramma dell’Ottocento, servendosi innanzitutto del canto: porta perciò alla perfezione l’arte della melodia, rendendola capace di esprimere tutte le sottigliezze emotive e i possibili stati d’animo. Il massimo contrasto scaturisce dalle due figure antagoniste: il Duca si espande di continuo in melodie compiute e persino irriverenti, che ne esprimono l’atteggiamento sfrontato e cinico; Rigoletto predilige il declamato e canta in forme rotte e spezzate.
La capacità verdiana di raffigurare caratteri complessi emerge, tra gli altri luoghi, nella scena tra Rigoletto e Sparafucile nel primo atto, basata su una declamazione melodica aderente ai continui trapassi psicologici e dotata di una straordinaria eloquenza scenica; o ancora nel celebre quartetto del terzo atto, dove vengono fusi in modo ammirevole quattro diversi stati d’animo.
Rispetto alle opere verdiane precedenti, dunque, Rigoletto segna un’evoluzione marcata. Per la capacità di tratteggiare caratteri psicologicamente complessi, l’opera è solitamente considerata lo spartiacque tra la prima produzione di Verdi e le opere della maturità, nelle quali il compositore si consacra all’esplorazione realistica della natura umana in tutta la sua tortuosità e mutevolezza. A questo scopo, l’individuazione del soggetto drammatico è un momento assolutamente centrale per la costruzione dell’opera. Verdi infatti perfeziona la scelta dettaglio per dettaglio al fine di ottenere il massimo effetto teatrale, volgendo addirittura a suo favore le imposizioni della censura; pianifica del resto il lavoro con la massima cura, e costruisce con altrettanta cura la partitura, realizzando strutture a lunga campata. Impiega con grande flessibilità il linguaggio e le convenzioni formali del melodramma italiano coevo: integra “numeri” singoli in più ampi blocchi scenici, compenetra i momenti dell’azione con quelli della riflessione, calibra le scene sul tempo interiore dei personaggi. È pur vero che molte delle innovazioni formali sono già prefigurate nelle opere verdiane precedenti, e che molte scene si inquadrano agevolmente e senza ambiguità nelle convenzioni formali dell’epoca: ma nessun’opera prima di Rigoletto mostra altrettanta unità stilistica. E ciò è legato, più che a fattori formali, alla caratterizzazione musicale; l’opera è interamente dominata dall’attesa degli eventi che incombono, dall’opprimente presagio di sventura che discende dalla maledizione. Verdi, inoltre, ritrae figure che agiscono all’interno delle norme formali dell’opera italiana, ma che evolvono individualmente col procedere del dramma. Grazie a questi tratti, all’originalità del soggetto e alla potenza nel delineare i caratteri, Rigoletto apre nuove prospettive al teatro musicale. E lascia tracce indelebili nella coscienza popolare.
GUSTAVO DUDAMEL
Nato nel 1981, ha iniziato da bambino lo studio del violino con José Luis Jiménez al Conservatorio Jacinto Lara e l’ha proseguito con José Francisco del Castillo alla Accademia Latino-Americana di violino. Ha iniziato lo studio della direzione d’orchestra nel 1996 con Rodolfo Saglimbeni, e nel medesimo anno ha ottenuto il suo primo incarico quale Direttore Musicale della Amadeus Chamber Orchestra. Nel 1999 è stato nominato Direttore della Orquesta Juvenil Simón Bolívar. Nel 2004 è salito alla ribalta internazionale vincendo il concorso per direttori d’orchestra “Gustav Mahler” a Bamberg.
Direttore Musicale sia della Orquesta Sinfónica Simón Bolívar del Venezuela sia della Los Angeles Philharmonic, è regolarmente ospite delle più grandi istituzioni musicali. In questa stagione ritorna ai Wiener e ai Berliner Philharmoniker e al Teatro alla Scala sia per l’opera sia per i concerti e si esibirà anche con il Concertgebouw di Amsterdam, la Staatskapelle di Berlino, la Israel Philharmonic, l’Orchestra di Santa Cecilia di Roma e l’Orchestra Sinfonica di Göteborg (Svezia), di cui è Direttore Onorario.
Alla sua quarta stagione quale Direttore Musicale della Los Angeles Philharmonic, ne ha enormemente ampliato il repertorio, con concerti che hanno raggiunto tutto il Nordamerica, l’Europa e il Sudamerica; con la Youth Orchestra Los Angeles (YOLA) ha portato la musica ai bambini delle comunità diseredate di Los Angeles, ispirando tentativi similari negli Stati Uniti nonché programmi in Svezia e in Scozia.
Alla guida della Los Angeles Philharmonic ha portato l’oratorio di John Adams The Gospel According to the OtherMary, appositamente commissionato per l’orchestra, in tournée al Lincoln Center di New York, al Barbican Centre di Londra, al Festival di Lucerna e alla Salle Pleyel di Parigi; a Los Angeles ha diretto recentemente un nuovo allestimento delle Nozze di Figaro di Mozart con scene dell’architetto Jean Nouvel, seconda parte del progetto triennale della trilogia Mozart-Da Ponte.
Dopo le esecuzioni alle Olimpiadi di Londra 2012, continua a dirigere la Orquesta Sinfónica Simón Bolívar, la cui tournée del tardo autunno 2012 comprende concerti al CalPresents di Berkeley, alla Symphony Hall di Chicago, al Kennedy Center di Washington, al Kimmel Center di Philadelphia e alla Carnegie Hall di New York. Altri eventi di rilievo includono Rigoletto di Verdi nel novembre 2012 al Teatro alla Scala. Nell’aprile 2013 interpreterà con Lang Lang la prima mondiale del Concerto per pianoforte di Esteban Benzecry.
Dal 2006 ha effettuato numerose incisioni, con un ampio repertorio che spazia da Le sacre du printemps di Stravinskij alla Terza, Quinta e Settima Sinfonia di Beethoven. Nel febbraio 2012 ha vinto il “Grammy for Best Orchestral Performance” per la registrazione live della Quarta Sinfonia di Brahms. Nella primavera del 2012 ha inciso con i Wiener Philharmoniker la Terza Sinfonia di Mendelssohn, i cui proventi sono destinati all’acquisto di strumenti per i giovani musicisti di El Sistema di San Vicente (Venezuela).
Tra i numerosi dvd di sue esecuzioni, ricordiamo The Inaugural Concert, che documenta il suo primo concerto nel 2009 come Direttore Musicale della Los Angeles Philharmonic, il New Year’s Eve Concert Gala 2011 con i Berliner Philharmoniker e il Concerto per l’80° compleanno di Papa Benedetto XVI, nel 2007. Nel giugno 2011 il documentario Let the ChildrenPlay è stato proiettato in oltre 500 cinema. Ha partecipato tre volte al programma della CBS “60 Minutes” ed è apparso nello speciale della PBS Dudamel: Conducting a Life di Tavis Smiley.
È tra i direttori d’orchestra più premiati della sua generazione. Nel 2008, assieme al suo mentore José Antonio Abreu, ha ottenuto il “Q Prize” dalla Harvard University “for extraordinary service to children”. Nel 2009 è stato nominato “Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres” a Parigi e ha ricevuto una laurea ad honorem dalla Universidad Centroccidental Lisandro Alvarado nella sua città natale, Barquisimeto. Nel 2010 ha ricevuto lo “Eugene McDermott Award in the Arts”. Nel maggio 2011 è stato accolto nella Reale Accademia Svedese di Musica e nell’ottobre dello stesso anno è stato nominato “Gramophone Artist of the Year”. Nel 2012 ha ricevuto un’altra laurea ad honorem dall’Università di Göteborg.