In attesa dell’apertura della nuova stagione con il Simon Boccanegra di Verdi che vedrà il Maestro Riccardo Muti sul podio (nell’anno dedicato a Verdi e a Wagner), il Teatro dell’Opera chiude la stagione con La Gioconda di Amilcare Ponchielli (1876) che torna nella Capitale dopo ben 20 anni di assenza. E questa Gioconda (in scena l’allestimento realizzato in collaborazione con il Teatro Real di Madrid e il Liceu di Barcellona e la Fondazione Arena di Verona) riscuote un indiscusso successo di pubblico che apprezza con entusiasmo l’opera (molto lunga, quasi tre ore) a tinte fosche tratta da Victor Hugo su libretto di Arrigo Boito (che per l’occasione si era firmato Tobia Gorrio). Siamo nella gloriosa e cruenta Venezia del Seicento dove la cantatrice Gioconda sacrifica la propria vita e i propri sentimenti per salvare il nobile genovese esiliato Enzo Grimaldo innamorato a sua volte di Laura Adorno, moglie del potente veneziano Alvise Badoero. Ottima la scelta di mantenere i sottotitoli che agevolano il pubblico in un’opera in cui non manca davvero nulla, dal triangolo amoroso, al sacrificio, dalla delazione alla finta morte (in stile simil Romeo e Giulietta), alle celebri danze. E si capiscono al volo i motivi del successo dell’opera: l’allestimento di Pier Luigi (che cura scene, costumi e regia come di consueto) è maestoso ed elegantissimo: le scene riproducono una tenebrosa e fosca Venezia (nella Bocca dei Leoni o nel Canal Orfano), ma si svuotano della ricchezza nella Cà D’Oro in atmosfera sempre pericolosa e fumosa. Magnifici i costumi storici di sobria eleganza, giocati sul contrasto rosso-nero, nel bianco abbagliante degli abiti di Laura (con tocchi in argento) o nel viola-blu di Gioconda, nei fluttuanti mantelli o nelle maschere in stile carnevalesco che restituiscono il senso della passionalità violenta della storia. Il cast risulta molto appropriato ed esperto nei ruoli: dall’esperta Marianne Cornetti (Gioconda) molto possente anche fisicamente che duetta intensamente con Tiziana Carraro (Laura Adorno), molto elegante anche nella figura, a Elisabetta Fiorillo (la Cieca), al generoso Sung Kyu Park (Enzo Grimaldo), dalle tinte oscure di Marco De Felice (Barnaba) fino Carlo Cigni (un perfetto Alvise Badoero). Dirige Roberto Abbado abilissimo dal podio nel padroneggiare con equilibrio una partitura possente, ma altrettanto “astuto” nell’enfatizzare alcuni passaggi. Menzione speciale per le coreografie di Gheorge Iancu: nella celeberrima Danza delle Ore, con le ballerine avvolte da luccicanti abiti colorati, spiccano Letizia Giuliani (nuda e dorata) e Angel Corella che strappano applausi entusiasti al pubblico. Un bel successo in replica fino al 31 ottobre.