Una celebrazione degna e sentita. In occasione del 200esimo anno della morte di Heinrich Von Kleist, Cesare Lievi riporta in scena il capolavoro dell’autore, Il Principe Di Homburg che adesso arriva finalmente anche a Roma (al Teatro Quirino, fino al 17 febbraio). Intriso di un prussianesimo di antiche radici, Il Principe di Homburg (scritto nel 1808) resta ancora oggi una profonda e tagliente riflessione giocata sulla lacerante dicotomia fra obbedienza e libero arbitrio. Dicotomia che sembra insanabile e che Kleist, esattamente come ha scelto oggi di fare Lievi, sceglie di risolvere con il sogno. È proprio la dimensione onirica, quasi surreale, inconsistente, a dominare in ogni dove sul palco, costruita non solo dalle delicate luci di Gigi Saccomandi che illuminano le scene rigorose (una scalinata, la prigione, le mura del palazzo) di Josef Frommweiser e il candore dei costumi bianchi e in stile napoleonico di Marina Luxardo, ma anche da un’atmosfera continuamente rarefatta esaltata dalla recitazione. La storia è nota: il giovane principe di Homburg, a capo delle milizie tedesche, sferra l’attacco decisivo, ma senza aspettare come stabilito, l’ordine ufficiale del Principe Elettore del Brandeburgo. Nonostante la vittoria, la sua insubordinazione gli costerà la condanna a morte: tenterà prima di elemosinare in ogni modo la grazia, rinunciando all’amore per Natalia e alla carriera militare, ma poi saprà riscattarsi nel suo orgoglio recuperando la sua dignità di uomo dinanzi alla scelta di grazia cui lo pone davanti il principe elettore. Nella messinscena, che diventa molto avvincente soprattutto nella seconda parte, prende vita l’imperitura e attualissima dicotomia fra libero arbitrio-senso dell’obbedienza e le ragioni del cuore-rispetto assoluto delle leggi e si fronteggiano i due fulcri della vicenda. Da una parte un convincente e non scontato Lorenzo Gleijeses, in bilico fra sogno e realtà, prima sonnambulo, poi ardente innamorato, comandante coraggioso, codardo che rinasce come uomo dignitoso, dall’altra un autorevole e umanissimo Stefano Santospago nel ruolo del principe elettore di Brandeburgo. Ma anche il resto del cast è bene assortito, in particolare le donne sempre compostissime anche nella forza dei sentimenti (Maria Alberto Novello è la giovane Natalia, Ludovica Modugno è la principessa elettrice). La messinscena è sempre molto armonica, quasi delicata, onirica, anche in contrasto con la forza espressiva dei sentimenti e con la dura e concreta realtà si sovrappongono come nel bellissimo e poetico finale. In scena al teatro Quirino di Roma fino a domenica 17 febbraio, lo spettacolo, proseguirà la tournée toccando Brescia, Trieste e Parma.