La tempesta è una commedia a un tempo piacevole e misteriosa. Il tessuto drammaturgico intreccia realtà e sogno su piani sovrapposti. Protagonista, nella parte del mago Prospero, è il bravissimo Umberto Orsini che non trascura, pur muovendosi in un mondo di sogni e illusioni, l’aspetto umano e che con Hamm il protagonista di “Finale di partita” di Beckett condivide solo il tratto autoritario (più nella forma, che nella sostanza). Metafore ci portano nella parabola Nello spazio di una giornata (come in Joyce) Shakespeare ci fa percorrere tutte le strade della vita che si snodano nel dualismo bene/male: il tradimento, la vendetta, la morte, il perdono, la rinascita, la libertà. Il testo è impegnativo per le continue metafore e allegorie che spiazzano lo spettatore, ma dobbiamo riconoscere che Andrea De Rosa, pur nell’assoluto rispetto filologico e drammaturgico, riesce a ridurre e semplificare la complessa matassa. Il regista fa dell’isola e della fine della magia di Prospero la metafora del teatro che declina (come la vita del Bardo) sulla scoscesa via del tramonto.
Shakespeare mette in scena la favola di Prospero filosofo e mago, legittimo duca di Milano che da dodici anni è in esilio su un’isola deserta dopo che il fratello Antonio con l’aiuto di Alonso, re di Napoli, lo aveva deposto e abbandonato, con la giovanissima figlia Miranda, su una zattera in balia delle onde. Prospero, in virtù dei suoi poteri scatena una tempesta che causa il naufragio di una nave dove si trovano tutti quelli che lo avevano tradito e li fa approdare sull’isola. Il mago, con i suoi poteri domina gli spiriti buoni e i cattivi, il dolce Ariel (l’ottimo Rino Cassano spiritello dell’aria che cala dall’alto imbragato con un cavo in attesa della libertà) e Calibano (il bravo e convincente Rolando Ravello più vittima che mostro), intreccia il destino dei naufraghi in una sorta di teatro delle illusioni, fa nascere una storia d’amore fra la figlia Miranda (ben interpretata dalla giovane, fresca Federica Sandrini) e Ferdinando (Nino Bruno) il figlio di Alonso e guida infine alla saggezza e alla serenità riconciliandosi con se stesso e la società.
Le scene di Alessandro Ciammarughi sono semplici e funzionali: un letto e un drappo di velluto rosso che fa da sipario nella finzione del teatro nel teatro. Importanti le luci di Pasquali Mari e il suono di Hubert Westkemper. Di Umberto Orsini abbiamo detto, padrone della scena, interprete intenso, malinconico, padre amorevole, tiranno consapevole.
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