Teatro affollato, affollatissimo, per la Turandot di Giacomo Puccini, opera popolare che conquista sempre il pubblico e che chiude la stagione 2013-2014 del Teatro dell’Opera di Roma.
La versione andata in scena a Roma era il prezioso allestimento nato nel 2009 in occasione della riapertura del Teatro Petruzzelli di Bari: è l’incompiuta di Puccini che si conclude con la morte di Liù, senza il finale scritto da Alfano, la stessa eseguita alla prima rappresentazione del 1926 diretta al Teatro alla Scala di Milano da Arturo Toscanini.
Forse però parte del pubblico era stato disattento e non aveva capito che si sarebbe trovato di fronte a un finale non finale e pazienza se qualcuno ha borbottato.
L’allestimento è di gran pregio e la regia di Roberto De Simone, ripresa da Mariano Bauduin, sembra essere altrettanto compiuta concludendosi con la toccante morte di Liù che arriva a far sciogliere il cuore di gelo della sprezzante Turandot, traumatizzata dalla violenza subìta dalla sua antenata (che si materializza in scena in due distinti momenti).
La regia di De Simone privilegia soprattutto l’aspetto arcaico e simbolico della storia, ma lo fa sempre in modo molto sontuoso prestando attenzione al minimo particolare: il colpo d’occhio infatti è davvero notevole, con tutte le scene di Nicola Rubertelli che si sviluppano in verticale, fra palazzi e macchine da guerra, gong e polverosi fondali. Il tutto interamente giocato fra favola, mito e storia, nel mausoleo dei guerrieri di terracotta Xian enormi e costantemente collocati al centro della scena.
Se tutta la scena è monumentale e maestosa, arricchiscono ulteriormente l’allestimento i costumi di Odette Nicoletti, quasi atemporali e molto curati (il coro è vestito esattamente come i guerrieri fino a sembrare quasi di pietra) e gli effetti di luci e sovrapposizioni, fra esplosioni di rosso (violenza e morte) e scene proiettate sullo sfondo. La regia inoltre, oltre a materializzare davanti agli spettatori l’antenata di Turandot, è sempre attentissima agli spostamenti dei singoli (con l’entrata plateale della principessa, quasi sempre statica) e delle masse.
Sul podio la direzione quasi barbarica e teatrale di Pinchas Steinberg (che lo scorso anno aveva diretto la Madame Butterfly di Puccini in teatro), molto attento al ritmo e ben coadiuvato dall’Orchestra e dal Coro romano.
Di rilievo il cast internazionale che ha visto fra gli altri protagonisti Elena Popovskaya (che si è alternata con Evelyn Herlitzius), molto espressiva e sprezzante nel ruolo della sanguinaria Turandot, Maija Kovalevska (che si è alternata con Carmela Remigio) toccante e commovente nel ruolo di Liù, Marcello Giordani (si è alternato con Kamen Chanev) un Calaf scenicamente sicuro e coraggioso.
Ottimi i tre ministri dell’Imperatore, Ping (Simone Del Savio), Pong (Saverio Fiore) e Pang (Gregory Bonfatti), che qui appaiono come non mai dalle maschere della commedia dell’arte italiana (come voleva Puccini) protagonisti assoluti del delizioso incipit del secondo atto giocato interamente sulla nostalgia. Grande successo che conclude in bellezza una stagione brillante. Adesso la trepidante attesa è per l’inaugurazione della nuova stagione 2013-2014 che si aprirà il 27 novembre ancora una volta all’insegna di Verdi con Ernani, diretta da Riccardo Muti con la regia di Hugo De Ana.