Ennesimo successo per Roberto Herlitzka che ha debuttato al Piccolo Eliseo di Roma con Il Soccombente – ovvero il mistero Glenn Gould uno dei testi più celebri di Thomas Bernhard, che approda per la prima volta sui palcoscenici italiani, trasformato in monologo dalla riduzione di Ruggero Cappuccio e diretto da Nadia Baldi. Protagonista assoluto del monologo è un magnifico e sottile Roberto Herlitzka, grandioso nel ruolo dell’io narrante, crudele e sarcastico, in grado di variare con millesimata calibrazione il registro del dialogo, mettendo in scena una rovinosa parabola sul successo, la fama, il fallimento e ovviamente l’invidia.
Il Soccombente è infatti uno dei testi più autobiografici dell’autore austriaco, primo romanzo della cosiddetta trilogia delle arti (musica, teatro e pittura) che racconta il fittizio rapporto fra il celeberrimo pianista canadese Glenn Gould e due suoi (sfortunati) compagni di studio al Mozarteum di Salisburgo sotto l’insegnamento di Vladimir Horowitz.
Siamo negli Anni Cinquanta e l’incontro darà il via a un rapporto di amicizia che si rivelerà inaspettato, ma soprattutto fatale, soprattutto per uno dei tre, il soccombente.
Nessuno dei due, sia il narratore (Herlitzka, nel ruolo quasi autobiografico di Bernhard), né Wertheimer, il soccombente stesso, riusciranno a reggere il confronto con la grandiosità e il talento di Glenn Gould, il più grande virtuoso del piano del Novecento. Ascoltare la sua celeberrima esecuzione delle Variazioni Goldberg di Bach sarà fatale per i suoi amici: entrambi rinunceranno a studiare il pianoforte seppur con destini diversi. Il narratore si rifugerà nella filosofia, il soccombente (Wertheimer), sceglierà il suicidio dopo che la sorella l’ha abbandonato per sposarsi.
Su tutto incombe la figura spietata, crudele e quasi anaffetiva di Glenn Gould: è lui che ribattezza con disprezzo Wertheimer come soccombente spingendolo al suicidio in un confronto inaccettabile per chi non riesce ad essere alla sua altezza di artista.
L’essenzialità assoluta della scena, molto austera (una sorta di lavagna nera continuamente scritta, proiezioni sul fondo, una sedia-poltrona al centro della scena), fa da contraltare alla ricchezza narrativa e alle incredibili sfumature di Herlitzka che con tragica ironia e ossessività racconta quel che prende la forma di un inquietante giallo psicologico ripercorrendo la vita dei tre protagonisti attraverso diversi punti di vista.
Il soccombente è uno spettacolo verboso, di una verbosità quasi ridondante e scomoda a tratteggiare quasi un flusso di coscienza, che viene reiterata da una inedita presenza femminile (Marina Sorrenti, introdotta dalla regista con innumerevoli Pensai a reiterare la narrazione del protagonista) in scena accanto a un grandioso e inarrivabile, misuratissimo, Herlitzka, recentemente premiato anche con il Nastro d’Argento alla carriera e del David di Donatello come migliore attore protagonista.
Da vedere. Resta in scena fino all’8 dicembre al Piccolo Eliseo di Roma.