Elena Bucci e Marco Sgrasso portano in scena uno dei testi più interessanti del teatro dell’assurdo. Lui e Lei sono i protagonisti senza nome, una coppia impermeabile alle esigenze e alla richieste dell’altro. Non si capiranno mai, sono differenti come una chiocciola e una tartaruga. Eppure, nella loro incomunicabilità, si trovano ad esser un unico elemento sordo e cieco nei confronti di quello che accade fuori dalla loro vita, dalla loro casa e dalla loro mente. I ridicoli battibecchi sono accompagnati dal controcanto ossessivo di una guerra che infiamma al di fuori del nido protetto dove si consuma la vacua esistenza degli amanti, impermeabili alle bombe che esplodono, alle sparatorie e alle stragi che riecheggiano nella via, alle pareti e ai soffitti che crollano. E questo esterno negato rende tragicomico un dialogo intriso di ripetizioni rituali, come in una sorta di meccanismo inceppato che continua a girare a vuoto.
Un’anticommedia dove il conflitto tra i protagonisti non si genera attraverso la ricerca dell’utopia, ma attraverso la natura conflittuale della loro incomunicabilità – come individui, coppia e società. Nella scena si produce un dibattito sulla parola vuota, sul nonsense della narrazione, dove le luci e suoni accompagnano in maniera egregia la fantastica interpretazione dei due attori. La cura dei dettagli del tessuto sonoro ( di Elena Bucci e Raffaele Bassetti) e le smorfie dei volti sono esaltati dalle luci di Loredana Oddone, fornendo allo spettatore un piacere verso la visione intima e coinvolgente.
Possiamo mettere a confronto due modelli di coppia della produzione di Ionesco. Infatti, a differenza del testo originale, nella loro scelte di regia Bucci/Sgrasso antepongono il dialogo iniziale dei signori Martin da “La cantatrice calva” all’inizio dello spettacolo. I signori Martin danno a capire che non si conoscono seppur vivono assieme e sono sposati, mentre la coppia Lui e Lei di “Delirio a due” rimugina continuamente sul proprio passato e sui se e sui ma, di come sarebbe la loro vita senza l’altro. Se nel primo caso il presente di coppia non esiste, in “Delirio a due” è negato dalla stessa esistenza di passato concreto e di un futuro irreale.
Una presenza umana ai bordi della scena tira i fili che permette al soffitto di crollare, ai lampadari di scendere. Una causa umana a quella «logica obiettiva degli eventi». Mentre nel finale non scendono più le bambole con le teste mozzate dalla nuova giustizia dell’uomo. Questa allusione rimane sospesa, rivolta al pubblico di teste senza corpi e corpi senza teste a rendendo ancor più evocativa questa messa in scena.