“Proprio perché sei un uomo onesto, sei una canaglia!”, urla l’Ingegner Badolati a Metello, protagonista del romanzo di Vasco Pratolini, del quale il Teatro di Rifredi ha celebrato il centenario della nascita con una bella lettura scenica, che ha impegnato le voci di Beatrice Visibelli, Marco Natalucci, Giovanni Esposito e Giulia Attucci. Gli attori hanno abitato con proprietà una scenografia semplice ma di impatto, rendendo sufficientemente piacevole la serata teatrale al netto delle difficoltà che una lettura scenica comporta nel mantenere viva la tensione nello spettatore. Le voci narranti hanno ricordato al pubblico la necessità dell’impegno, accompagnandolo alle soglie della Firenze tardo Ottocentesca.
È il tema dell’impegno che anima il romanzo dello scrittore fiorentino: prima contadino dopo la morte dei genitori, poi giovane inurbato, Metello scopre la dottrina socialista da muratore, in una Firenze che va coprendo di case la zona dei Lungarni. Nei brani che il regista Zavagli affida alle voci narranti, matura quindi non soltanto Metello – come è lecito aspettarsi da un romanzo di formazione – ma pure la coscienza di un intero movimento operaio che, sfilacciato in ogni dove dalla urgenza delle quotidiane necessità, pure concepisce e sostiene il peso di uno sciopero che non sarebbe nelle sue possibilità. Metello è allora uomo del fare, deus ex machina di un socialismo attivo e partecipe alla Storia, e bene fa Nicola Zavagli a riconoscergliene il merito, in un momento di immobilismo politico al quale il romanzo sembra guardare con torvo sospetto.
Nel centenario della nascita di Pratolini, dunque, ci troviamo dinanzi ad un’opera che ha attenuato il suo impatto con l’attualità – pur scorgendo nel dramma delle morti bianche un tema di tragica prossimità con quello della cronaca quotidiana – non certo per la scarsa vena del romanziere, che ha anzi in Metello uno dei punti più alti della sua scrittura, quanto per lo scarto che separa il puro vitalismo del giovane protagonista e dei suoi compagni dal grigiore della moderna classe sindacale, incapace di promuovere un qualsiasi slancio di tipo solidaristico che si dimostri efficace. Al tempo stesso, tuttavia, è doveroso rilevare, nelle numerose proteste che attraversano il paese, un’analogia con il forte malcontento che dovette tormentare Metello e costringerlo allo sciopero generale: se ai piani alti tutto tace, altrettanto non si può dire degli strati più vessati della popolazione. È in queste ore di sciopero generale, nelle quali si scrive, che attualità e romanzo si incontrano di nuovo, consegnando Metello Salani alla schiera – già lunga e nobile – di coloro che lottarono per migliorare le condizioni di vita di un’intera generazione.