Il fantasma di Canterville è un classico della letteratura umoristica, scritto da Oscar Wilde nel 1887, sulle vicissitudini di un fantasma inglese alle prese con una dissacrante famiglia americana materialista e consumista, refrattaria al rispetto delle tradizioni aristocratiche, del quale sono stati realizzati innumerevoli adattamenti per il cinema, il teatro e la televisione.
La riscrittura teatrale di Ugo Chiti, concepita appositamente per Lucia Poli, modifica il punto di vista narrativo, senza tradire lo spirito dell’originale di cui conserva l’umoristico sottofondo horror, ma ne rende necessario il sottotitolo “Secondo la signora Umney”, cioè la governante, che nel romanzo introduce al castello i nuovi proprietari della famiglia Otis e sparisce dopo aver assistito all’eliminazione con il portentoso smacchiatore Pinkerton della macchia di sangue sul tappeto, muta testimone di un delitto compiuto secoli prima, che nella versione teatrale diventa l’io narrante e l’incarnazione del fantasma dell’antico proprietario Sir Simon de Canterville, il quale attraverso la sua persona esprime i propri tormenti e desideri.
Un muro di incomunicabilità si frappone tra il superficiale, scettico e fatuo pragmatismo americano dell’uomo politico Hiram Otis contornato dalla moglie Lucrezia, il figlio Washington eletto presidente perché balla bene, i pestiferi gemelli Stelle e Strisce e la candida figlia Virginia, e il pathos che permea l’atmosfera dell’antico maniero, custode del segreto della profezia di Canterville che donerà il riposo eterno allo spettro errabondo.
Avvolta in un lungo vestito nero che ne mette in risalto altezza e magrezza, la Poli assume alternativamente il ruolo della governante che narra la vicenda e del fantasma che si esprime attraverso di lei, in un continuo susseguirsi di situazioni paradossali e sottilmente comiche, sottolineate dagli intermezzi dei bizzarri componenti della famiglia americana, impersonati da Simone Faucci e Lorenzo Venturini nel ruolo del signor Otis e della signora Lucrezia, che sospingono alteri i fantocci della modesta Virginia e dei turbolenti gemelli Stelle e Strisce.
L’attrice domina incontrastata la scena, regista e interprete irresistibile, apparentemente dimessa e malinconica, incredula di fronte alla tracotante razionalità degli ospiti incapaci di cogliere la dimensione fantastica, immaginifica e onirica di un retaggio culturale cinquecentesco non convenzionale e non contrattabile, tuttavia compassionevole col fantasma sofferente e inquieto, tanto fa farsene possedere offrendogli la possibilità di esprimere il desiderio che si verifichi la predizione che lo vuole liberato dal giogo terreno attraverso l’amore di una giovane anima indulgente.
Razionalità e fantasia, senso pratico e immaginazione, realismo e leggenda, crudezza della quotidianità e nostalgia del romanticismo sono i temi dominanti, il filo conduttore del racconto che, attraverso le contrapposizioni culturali, sottende una velata critica al perbenismo dell’epoca.
Un gioco leggero di recitazione, evidenziato dall’assenza di elementi scenografici. Mentre sul nero fondale viene proiettata la spettrale sagoma del castello e volteggiano fiabesche figure piumate e zazzerute, la governante accoratamente scivola nell’identificazione con lo spettro errante, fino alla possessione pseudoerotica, emergendo di tanto in tanto dal deliquio per scontrarsi con l’ottuso realismo degli altri personaggi, impermeabili alla fantasia e privi di capacità percettiva per tutto ciò che trascende l’umana esperienza.
Ironica, graffiante, beffarda, dissacrante, la Poli muta profilo, espressione, tonalità, timbro vocale assumendo sembianze trasognate, trasalendo alla richiesta del fantasma circa la sua verginità, requisito che potrebbe donargli la quiete eterna.
Sarà la giovane Virginia Otis, trait d’union tra la scettica società moderna e il romantico mondo antico, a offrire, assumendo nel finale le sembianze della Poli, la sua purezza per placare l’inquietudine dell’erratico spirito, provato dalla fatica di non riuscire a scuotere la sua imperturbabile famiglia.
Teatro della Cometa
Via del Teatro Marcello, 4 – Roma
tel.: 066784380
fino al 26 gennaio 2014