Un grande classico della drammaturgia, rivisitato con originalità ma senza nulla togliere al modello shakespeariano. Un dramma della follia, della gelosia, dell’angoscia dell’incertezza, della labilità spesso insita nei sentimenti dell’uomo e nella sua stessa razionalità. Il regista definisce la sua rappresentazione: “un grande dibattito sulla fragilità umana”; sullo sfondo di grandi emozioni e sentimenti che animano i personaggi, si manifesta la potenza sottilissima e devastante della certezza che diviene dubbio, della fiducia che si annulla, di un mondo solido che ora si sgretola. La piccola crepa nelle sicurezze dell’interiorità di un personaggio si fa via via più larga e profonda, distruggendo progressivamente un microcosmo, interiore ed esteriore, che da armonioso, confortevole ed idilliaco si fa cupo, doloroso, accecato dalla buia luce della follia. Iago apre nella mente di Otello lo spiraglio di un dubbio attraverso il quale soffia il vento scuro e polveroso di una malignità viscerale, subdola ma fine, che lo trascina in una tempesta d’inquietudine, svelando angosciante facilità di manipolazione della mente umana, portata a credere ad una realtà immaginaria che ottenebra e devasta quella fattuale, resa dunque instabile proprio sui suoi punti cardine, della quale ormai rimane solo il senso di perdita.
La tensione drammatica tuttavia non permea lo svolgersi della vicenda con ritmo regolare; il tono, anzi, è incalzante, quasi allegro, comunque spinto; la rappresentazione sa catturare e coinvolgere il pubblico avvalendosi di un linguaggio del tutto moderno e spigliato, che non intacca però l’autorevolezza dell’opera. L’immensa tragicità della vicenda è nei primi atti lasciata intendere, pregnante nel contenuto ma non pesante nell’estetica, serpeggia tra le parole e gli eventi facendosi sempre più densa, fino ad esplodere perfettamente nella scena finale, al dispiegamento della verità.
L’attenzione registica alla resa sonora delle ambientazioni è ben accurata, accompagnata da una scenografia semplice ma efficace e gradevole. Le ottime interpretazioni di Massimo Dapporto e Maurizio Donadoni sono state ben accompagnate da Federica Fabiani, Matteo Alì, Gabriele Tesauri, Jacopo Trebbi ed Angelica Leo e allestite dal regista Nanni Garella.