Liberamente ispirato a L’AFFAIRE MORO di Leonardo Sciascia
testo e regia di Roberto Trifirò
con Roberto Trifirò e Alessandro Tedeschi
scene e costumi di Barbara Petrecca
Dopo aver messo in scena e interpretato con rara sensibilità e capacità di penetrazione Cechov, Beckett, Pirandello,Roberto Trifirò affronta Leonardo Sciascia, fra i più grandi scrittori e coscienze civili del nostro Paese.Scritto a caldo nel 78, a due mesi dall’assassinio, L’affaire Moro è un’indagine appassionante delle lettere che Moro scrisse prima di essere assassinato dalle BR e che Sciascia era il solo a considerare autentiche, non annebbiate dall’angoscia o dalle pressioni psicologiche in cui l’uomo Moro si trovava.La verità si configura come imprendibile perché si assiste ad una “scomparsa dei fatti” nella quale la realtà si trasfigura in letteratura.Lasciato al proprio destino, Moro si oppone a un intero sistema, il suo, e se da un lato deve essere giudicato per le sue responsabilità, dall’altro è semplicemente un personaggio, un uomo, e come tale andava salvato.
“L’affaire Moro”, mi ha spronato nell’intento di tradurre in scrittura scenica le stazioni della prigionia dell’uomo politico di Maglie, allora Presidente della Democrazia Cristiana, nell’arco di tempo relativo ai convulsi giorni del suo sequestro, avvenuto per mano delle Brigate Rosse.Ho immaginato, nella desolazione di uno spazio che rimanda a Beckettland, o a una stanza pinteriana, il consumarsi delle azioni di due personaggi, Morald, il Prigioniero, e Moret, il Carceriere, i quali tra crude realtà, fedele ricostruzione storica, lettere, sogni shakespeariani, coesistono e si confrontano, vivendo seppur da opposti versanti, un’attesa spasmodica, nella speranza di una mediazione, di un dialogo con le massime autorità dello Stato, che mai arriverà.
Questa Attesa, così simile e così diversa, sembra accumunarli e costringerli, attraverso tortuosi percorsi e metodici rituali quotidiani, in particolare quello del cibo, che si susseguono nella loro paradossale continuità, a contare insieme, nel deserto della non-azione, i minuti che li separano dal baratro: Morald, il Prigioniero di una liberazione che mai arriverà, Moret, il Carceriere, di un riconoscimento, di un titolo di avversario politico da parte dello Stato che mai arriverà.
Alla dura realtà dell’isolamento, alla pena, alla forzata inerzia, che ci riporta talvolta a Belacqua e al Purgatorio dantesco, nei pensieri di Morald, il Prigioniero, irrompono a tratti, come inserti subliminali, popolando l’angusta detenzione, i versi rubati al dramma storico shakespeariano che più incarna il peccato originale della politica, il Riccardo II. Il destino di Morald, il Prigioniero, si accosta così a quello del re deposto e ai suoi mirabili soliloqui intrisi di dolore e rimpianto, nella metafora di una teatrale forza immaginifica che vorrebbe incarnare una speranza di pace e modificare la memoria della storia, ma che deve ineluttabilmente piegarsi alla volontà dei fatti.
Roberto Trifirò
PREZZO
INTERO €32;OVER60/UNDER25 €16;CONVENZIONI €22,50
ORARI
mart – giov – ven – sab h.20.30;merc h.19.45;dom h.15.45*lunedì riposo
INFO
Biglietteria 02 59995206 – http://www.teatrofrancoparenti.it