“La Turnàta” è la seconda parte del progetto “italiani Cincàli”, ideato e scritto da Nicola Bonazzi e Mario Perrotta e interpretato da quest’ultimo. Nato nel 2005, dopo il successo di “Minatori in Belgio”, questo secondo spettacolo, seppur distinto dal primo, viaggia anch’esso sul crinale dell’indagine riguardante l’emigrazione italiana. Ancora una volta in scena c’è solo una sedia e a occuparla questa volta è Nino, un bambino di nove anni che racconta l’esperienza sua e della sua famiglia in Svizzera, e soprattutto il di ritorno da Zurigo a Lecce (Turnàta indica, infatti, il ritorno in patria, in senso definitivo). Un on the road attraverso 1400 km di colpi di scena e di aneddoti divertenti, senza tralasciare però la documentazione storica.
Tutto parte da un’esigenza, quella che ha accomunato tanti italiani, ossia trovare un lavoro e poter mantenere la propria famiglia. Nel nostro Paese si moriva di fame e vivere decorosamente era un’utopia, così si andava altrove per cercare di vivere una vita dignitosa. Dopo aver visto, nella prima parte, ciò che avveniva in Belgio è la volta di capire come fossero le condizioni di coloro che si recavano in Svizzera. L’assunto è lo stesso: ciò che poteva sembrare un paradiso da raggiungere per realizzare i propri sogni, spesso si rivelava un luogo pieno d’insidie, di disagi e divieti. Così era per la Svizzera, racconta Perrotta, dove le leggi imposte agli emigrati erano molto dure. I lavoratori italiani venivano considerati solo “stagionali” e non venivano mai messi a norma. I contratti-capestro cui erano sottoposti impedivano perfino alle famiglie di riunirsi e di vivere insieme, tutto ciò per evitare che gli emigrati si insediassero definitamente in suolo Elvetico.
Così Nino, protagonista del “La Turnàta”, racconta la sua esperienza di bambino di nove anni clandestino, costretto a vivere murato in un appartamento, a nascondersi dentro un armadio se qualcuno arrivava in casa, a parlare con la luna per avere un interlocutore e a sognare di poter giocare con Agata, la bambina che vedeva in giardino isolata dal resto dei suoi compagni.
Ma un giorno succede una cosa che cambia tutto: suo nonno, arrivato in Svizzera prima ancora del padre, perde la vita e la famiglia decide di riportarlo nella sua terra per dargli degna sepoltura. Per fare questo però, si deve organizzare un viaggio molto rischioso perché, alla frontiera, non solo non si devono accorgere che il nonno è deceduto, ma non devono scoprire nemmeno Nino, altrimenti sono guai per tutti. Quest’ultimo dovrà nascondersi dietro al bagagliaio, mentre il defunto, vestito di tutto punto, con un cappello in testa, dovrà sembrare solo profondamente addormentato. Inizia così per il nostro eroe la sua prima avventura, a bordo di un’Alfa Romeo, fuori dalle grigie mura dell’appartamento che l’ha visto crescere per tutto questo tempo. Oltre al nonno e al papà, partono anche la mamma e Tano, un sindacalista appassionato che durante il tragitto risponde alle insistenti domande del protagonista narrandogli il capitalismo (parola di cui non sapeva il significato) come una partita di calcio e facendo diventare Marx e Lenin dei calciatori.
Il viaggio si trasforma per lo spettatore in un percorso che travalica gli anni e percorre gli avvenimenti. Numeri, leggi, date storiche incorniciano il pellegrinaggio di Nino, desideroso solo tornare in una terra di cui non ha memoria ma che anela raggiungere per andare lì – il nonno glielo aveva indicato guardando una foto in bianco e nero – in quella terra dove l’infinito predomina, da una parte grazie al mare che confonde i confini e dall’altra grazie all’immensa distesa di ulivi. Scopo finale del piccolo eroe è arrivare all’ulivo più grande e trovare il tesoro che suo nono aveva nascosto tanti anni prima.
Anche qui, come nella prima parte, si mescolano momenti poetici e ricchi di pathos ad altri divertenti e ricchi di magnificenza. Questo anche grazie allo sguardo privilegiato di un bambino, che riesce a vedere bellezza e stupore persino laddove regna intolleranza, discriminazione e a trasformare l’indigenza in un tesoro nascosto da cercare.