Roma è la città dell’arte, ma anche la città del cinema e il nuovo allestimento della Tosca in scena alle Terme di Caracalla, curato dal regista Arnaud Bernard, vuole esaltare con ogni mezzo proprio tale aspetto. Non è dunque una Tosca rivoluzionaria in termini di rilettura (ma il regista ha detto chiaramente di non voler fornire interpretazioni perché “la Tosca è di Puccini e non mia”), quanto una Tosca visivamente ardita che sottolineando l’implicito legame-continuità fra opera e cinema all’interno della città di Roma si mantiene costantemente in bilico fra innovazione e tradizione. Per l’occasione l’opera si svolge interamente su un set cinematografico (un po’ retrò) in cui le tre scene (S.Andrea della Valle, Palazzo Farnese, Castel Sant’Angelo) sono ottimamente posizionate al centro del maestoso palco. Intorno si aggirano, variamente e diversamente affaccendate, fra make up, controllo luci e chiacchiere, le maestranze del set che restano costantemente in scena.
E poi ci sono loro, i protagonisti, Tosca, Cavaradossi e Scarpia e tutti gli altri, che entrano ed escono dalle scene (e dal personaggio) prima sottoponendosi al trucco o leggendo il giornale per ingannare il tempo, citando l’effetto notte truffauttiano, ma andando un po’ a togliere la magia della finzione del palco e dell’opera stessa mostrandosi da subito agli occhi degli spettatori. Di certo Bernard ha voluto rendere omaggio non solo a Tosca, ma anche a Roma, regalando addirittura al pubblico le immagini di un documentario quasi turistico della città nel terzo atto e sublimando il sopracitato connubio opera-cinema nell’ultima inquadratura proiettando sullo schermo il volto della protagonista che si getta da Castel Sant’Angelo.
Ma se il regista non ha voluto interferire con l’opera ricreando semplicemente un vero set cinematografico dove si sta girando un film su Tosca con tanto di carrello sempre in movimento e con la moltitudine di attori e comparse sempre in scena a distrarre a tratti il pubblico, è pur vero che non si è esattamente trattato di una Tosca “classica: se scelte visive appaiono particolarmente riuscite (monumentale il Te Deum) ed altre un po’ innovative, forse fin troppo (la tortura di Cavaradossi in diretta e visibile al pubblico), le scelte registiche si mantengono invece piuttosto tradizionali anche come gestualità. Tradizione e innovazione anche nelle scene (molto curate) e nei costumi di Carlo Savi che, se può divertirsi con i costumi della troupe cinematografica, si mantiene invece nella tradizione per l’abbigliamento, pur discostandosi ad esempio dal tradizionale abito rosso e oro indossato da Tosca nel secondo atto.
La più brillante in scena è Csilla Boross nel ruolo di Tosca: convincente la sua interpretazione scenica, seppur non particolarmente drammatica; bella la voce, molto estesa e morbida anche se nella celebre Vissi d’arte ha spezzato d’un tratto la linea di canto dopo l’acuto. Buona l’interpretazione di Kamen Chanev nel ruolo di Cavaradossi, mentre Carlo Guelfi, nel ruolo di Scarpia, non è apparso scenicamente del tutto in parte, addirittura un po’ impacciato e fin troppo irruento nel secondo atto quando avrebbe voluto sedurre Tosca. Buona anche la prova del Coro diretto da Roberto Gabbiani, impegnato praticamente tutte le sere, modulata e molto attenta la direzione di Asher Fish.
Fabiana Raponi