Gabriele Lavia inaugura la stagione 2014/2015 del Teatro della Pergola di Firenze, venerdì 24 ottobre, con la prima nazionale di Sei personaggi in cerca d’autore.
“I Sei personaggi sono una lunga avventura alla quale vado incontro – ha detto Lavia – posso dire altrettanto per quanto riguarda il mio impegno come consulente artistico della Pergola. Abbiamo in mente un teatro diverso, un luogo aperto nel quale ciascuno venga ad assistere alla rappresentazione di sé.” (Gabriele Lavia)
Scelta non casuale e dal profondo significato simbolico, visto che nel 1948, dopo che la guerra aveva danneggiato il palcoscenico, la Pergola fu inaugurata nuovamente proprio con i Sei personaggi. La regia era di Orazio Costa Giovangigli, con Tino Buazzelli nel ruolo del Padre e Rossella Falk in quello della Figliastra. Lo stesso testo inaugura oggi, a sessantasei anni da quella prima inaugurazione nel primo dopoguerra, la nuova Stagione della Pergola e il suo nuovo cammino, prima della tournée nei teatri italiani.
Tutte queste circostanze ci hanno fatto pensare che la scelta di allestire i Sei personaggi fosse come un port-bonheur per il nostro lavoro. E più in generale per il futuro. (Gabriele Lavia)
Pirandello scrive la commedia in soli tre giorni, la legge personalmente alla compagnia di Dario Niccodemi, tra lo sconcerto degli attori travolti dall’impeto delle parole e dall’entusiasmo. “Ma nessuno aveva capito niente” racconta lo stesso Niccodemi, e solo i ventuno giorni di prove (tre volte il tempo dedicato all’epoca agli allestimenti delle novità) poterono fare luce, a poco a poco, nell’opera nata capolavoro e destinata a essere riconosciuta tale anche dal grande pubblico poco più avanti.
Nessun altro testo, nella storia del teatro di tutti i tempi ha la stessa struttura di Sei personaggi. Prima di Pirandello esiste il teatro, più o meno brutto, che si assomiglia dal punto di vista strutturale e dell’organizzazione narrativa. Dopo Sei personaggi in cerca d’autore tutto cambia. (Gabriele Lavia)
Lo sconcerto iniziale diventa vera e propria battaglia al termine della tumultuosa prima romana al Teatro Valle nel maggio del 1921. Il pubblico mostra rumorosamente, alla fine del terzo atto, in platea, il suo dissenso urlando Manicomio! Manicomio!, soffocando gli applausi convinti e appassionati degli estimatori. Gli spettatori indignati attendono in strada lo stesso autore per lanciargli insulti e monetine, che si allontana dall’uscita degli attori nel cosiddetto ‘vicolo dei gatti morti’. Qualche mese dopo a Milano i Sei personaggi applauditi senza riserve iniziano il cammino che li porterà a diventare un successo internazionale poi a Parigi, Londra e New York. Nonostante questo ai Sei personaggi si continuano a reclamare riscritture e revisioni. L’autore ne definisce la composizione nell’edizione del 1925, completandola con una storica prefazione e dirigendola al suo nuovo debutto. Nella Prefazione all’opera, nata con la necessità appunto di chiarire al pubblico la genesi e la natura dell’operazione culturale ed artistica compiuta, Pirandello scrive:
“Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica e’ il mistero stesso della nascita naturale. Così un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita e non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisce nella fantasia per divenire anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana. Posso soltanto dire che, senza sapere d’averli punto cercati, mi trovai davanti, vivi da poterli toccare, vivi da poterne udire persino il respiro, quei sei personaggi che ora si vedono sulla scena. E attendevano lì presenti, ciascuno col suo tormento segreto e tutti uniti dalla nascita e dal viluppo delle vicende reciproche, ch’io li facessi entrare nel mondo dell’arte, componendo delle loro persone, delle loro passioni e dei loro casi un romanzo, un dramma o almeno una novella. Nati vivi, volevano vivere.” (Luigi Pirandello)
Doppia inaugurazione, quindi, per Gabriele Lavia, non solo alla regia, ma anche a consulente artistico della Pergola. E siccome con questo capolavoro Pirandelliano siamo di fronte a un vero e proprio manifesto teatrale, ora come sempre, si può ragionevolmente supporre che la scelta, non solo non sia casuale, storicamente di sicuro come abbiamo visto, ma neanche come dichiarazione d’intenti artistici. Chi meglio di Pirandello può parlare del teatro attraverso il teatro? E della vita attraverso il teatro, sviscerando allo spettatore la natura meta-teatrale della rappresentazione scenica, il suo rifarsi alla vita da noi vissuta, il suo essere gabbia e liberazione di quella stessa vita? Il dissidio, in cui vive il personaggio, è lo stesso dissidio universale in cui vive l’attore, certamente, ma in definitiva anche lo spettatore, tra forma e vita, tra tragedia e farsa.
“I personaggi hanno bisogno di essere rappresentati, ma, nel momento stesso in cui vengono rappresentati, diventano personaggi di farsa. Forse la parola farsa è un po’ troppo, ma è proprio questo ribaltamento della tragedia a rendere Pirandello un autore così straordinario.”
(Gabriele Lavia)
In questo senso lo spazio teatrale, i confini scenici vengono disintegrati, queste mura invisibili di demarcazione vengono distrutte per accogliere quella palpitante esistenza, che osserva, incredula ed ignara, nella forma in ombra dello spettatore, quella vita teatrale che emozionandolo parla con lui, di lui e tra gli spettatori, nel buio tra le poltrone e la luce, là, sul palcoscenico. Due mondi che vengono a incontrarsi magicamente, pur nella loro apparentemente tragica e incolmabile distanza, tra il reale e il verosimile, come per esempio nei dialoghi tra il direttore seduto assieme agli spettatori e il padre sul confine del palcoscenico.
“La tragedia greca si compie di notte, quando il sole è tramontato. E anche in questa storia la scena in cui la bambina muore e il dramma si consuma accade di notte.” (Gabriele Lavia)
Un mutuo scambio creativo svela il meccanismo, non solo della creazione artistica, ma anche della creazione della stessa identità dello spettatore, magia che passa da persona a personaggio e da personaggio a persona, in uno specchio di doppi rimandi esistenziali, in un labirinto di significazione, oggi, come non mai, proficuo e affascinante. Entrambi, persona e personaggio, errano drammaticamente alla ricerca della propria autenticità, angosciati dalle colpe e dai traumi dell’esistenza, isolati in una forma che li allontana sempre più dalla vita autentica. Come i personaggi del teatro possono liberare lo spettatore dalle sue forme vincolanti attraverso una catarsi emotiva, così lo spettatore può dare mimeticamente vita ai personaggi che vede agire sulla scena, calandosi col proprio animo nella rappresentazione, dandole spessore vitale e densità in brividi di partecipazione, o vedendo calare la rappresentazione all’altezza della vita.
“Da questo punto di vista il testo di Sei personaggi è un classico del teatro, ma anche un testo notevole sotto il profilo filosofico.” (Gabriele Lavia)
Trasformando quel palcoscenico può accadere anche di accorgersi come la realtà stessa, copione incompleto che viene recitato tutti i giorni in cerca di un qualcosa, come i sei personaggi lo sono in cerca del loro autore, possa assumere, tutt’a un tratto, la consistenza effimera di una scena rappresentata, da cui partire per trovare un autore o anche liberarsi, infine, alla vita. Questo messaggio dirompente resta inalterato dalla magistrale e fedele rivisitazione di Gabriele Lavia, attore, autore e spettatore di sé. Alla fin fine, si può proprio dire, siamo tutti un po’ attori in cerca di un autore e di sé.
“Sei personaggi in cerca d’autore è probabilmente il testo di teatro più importante di tutti i tempi. Esso interroga il fondamento stesso del teatro: la contraddizione e la discordanza tra l’attore e il personaggio e l’impossibilità a fare dei due una sola unità. Ma dice Eraclito: “Da ciò che è più discorde, lo splendido accordo.” (Gabriele Lavia)
Con Gabriele Lavia nel ruolo del Padre, recitano: La Figliastra Lucia Lavia, La Madre Rosy Bonfiglio, Il Figlio Andrea Macaluso, Il Giovinetto Ludovica Apollonj Ghetti, Madama Pace Marta Pizzigallo, Il Direttore-Capocomico Michele Demaria, La Prima Attrice Giulia Gallone, Il Primo Attore Mario Pietramala, La Seconda Donna Giovanna Guida,L’Attrice Giovane Malvina Ruggiano, L’Attor Giovane Luca Mascolo, Un altro attore Daniele Biagini, Un’altra attrice Maria Laura Caselli, Un’altra attrice Anna Scola, L’Attore-Segretario Matteo Ramundo, Il Suggeritore Alessandro Baldinotti, Il Direttore di Scena Carlo Sciaccaluga, Il Macchinista Massimiliano Aceti, L’uscere Alessio Sardelli.