Un’opera che unisce i sentimenti di attori e pubblico attraverso personaggi dalla psicologia così poco ma così fortemente connotata da lasciar immedesimare ognuno. Quel che si sente bene in “Aspettando Godot” è il vuoto. Un vuoto di diversi tipi, diluito nelle battute tra rimandi a qualcosa, che poi è il nulla, e insignificanze apparentemente pregnanti, piccole trappole che inducono a ricercare minuziosamente un simbolismo, per poi accorgersi con stupore della sua inconsistenza. Il vuoto è lo spazio in cui ogni essere umano si muove, e che colora, agghinda, talvolta riesce a riempire per poter vivere. Il crollo di questo tentativo di “riempimento”, che è involucro, nucleo e corazza, assolve l’uomo da qualsiasi condizione particolare e lo conduce sulla strada al cui termine c’è un luogo, solitamente nascosto, ma in questi casi ben visibile, in cui le nozioni di vita e di morte, con tutte le loro sfumature, vengono asetticamente ricollegate alle più grandi condizioni di Spazio e Tempo, a loro volta svuotate da ogni valore. Così si assiste all’opera come ad un silenzio frastornante dopo un grande boato, che in realtà non è mai arrivato. È forse questo il luogo dell’arte? In quest’opera Beckett ci suggerisce l’idea che sia il vuoto il luogo dell’arte, presentandolo come luogo della vita. Godot non è un’ombra, né può essere un fantasma, Godot è la coscienza, Godot non esiste, ma Godot è vivere, Godot non può non esistere, Godot è l’opposto dell’attesa, ma che si può fare se non attenderlo?, Godot è simile al vento, ma Godot è l’albero, Godot è quel che Didi cerca nel cappello, ma Godot non si trova, Godot è più fino della polvere, ma chi lo sa chi è Godot. “Allora, andiamocene”. “Non si può”. “Perché?” “Aspettiamo Godot”. Con un testo di questo tipo, dalla regia essenziale, in cui l’autore dà precise indicazioni riguardo la sceneggiatura, la buona resa dipenderà dalla capacità del regista (Maurizio Scaparro) e dello scenografo (Francesco Bottai) nel curare dettagli a prima vista irrilevanti, si esprime in una patina di finezza utile all’espressività del testo a cui però rimane strettamente legata. Il cast formato da ottimi attori come Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo, Enrico Bonavera e Michele Degirolamo, vestiti dai costumi di Lorenzo Cutuli, hanno interpretato il testo mirabilmente.