liberamente tratto dal Decamerone di Giovanni Boccaccio con Stefano Accorsie con Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Fonte Fantasia, Mariano Nieddu, Naike Silipo adattamento teatrale e regia di Marco Balianidrammaturgia Maria Magliettascene e costumi Carlo Salaluci Luca Barbatiproduzione Nuovo Teatro in collaborazione con Fondazione Teatro la Pergola
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Il teatro è vivo e palpitante ed è in grado di far rivivere storie ed accadimenti di tanti secoli fa, senza che la muffa e le ragnatele ne opacizzino il contenuto e la morale.
Apprezzabile e degna di nota la scelta di Stefano Accorsi e Marco Baliani per un Decamerone portato al pubblico con accattivante leggerezza e disinvoltura nel linguaggio arcaico e antico ma reso comprensibile e divertente dalla frizzante interpretazione degli attori.
Fin dall’inizio, all’apertura del sipario, dietro ad un leggio, la figura di Stefano Accorsi in costume di scena calamita l’attenzione del pubblico e vien da pensare: ”Che bella voce! E la dizione, quando è esatta, non si nota! E la lingua è arcaica, ma…” ed ecco appunto che nel bel mezzo del pensiero, Stefano Accorsi nel personaggio del Maestro, vien fuori, davanti al leggio e parla al pubblico e la magia è compiuta. Assicura la platea e tutti gli altri, in ogni ordine di palco, perché davvero è magnetico nel rivolgere lo sguardo in ogni dove e ciascuno sente che sta parlando a lui… Un sospiro di sollievo e risatine complici accolgono la notizia che la lingua è stata resa più adatta ai nostri tempi pur mantenendone la musicabilità di ritmo e vocaboli.
È molto bravo Stefano Accorsi e pur essendo il “nome” della Compagnia, si mescola con semplicità di ruolo e interpretazione ai suoi compagni di scena e ne vien fuori , omogenea , convincente e sfarfallante una bella sintonia di gruppo. E’ questo che risuona nel pubblico, una piacevolezza di ascolto e partecipazione dovuta all’azione scenica che rispecchia la passione degli attori. E son tutti in scena, tutti pronti e capaci, senza mortificanti inchini al “primo attore”, come si può ancora, purtroppo, trovare in alcune Compagnie di giro.
Sempre visto, ma sempre giusto, il furgone multi-funzioni che occupa la scena e ricorda, ovviamente il Carro di Tespi, a cui tutti gli attori fanno sempre ritorno, confermando la regola che tutto torna, in un antica spirale di volute di fumo nebbioso, attraverso cui si disvela l’antico archetipo teatrale in anima e spirito.
Sapiente gioco di luci e abile regia compongono in un mosaico colorato le novelle boccaccesche, in un’alternanza di grottesco e drammatico gioco della vita proponendo i temi sempre uguali e sempre attuali dei vizi e delle passioni di una vibrante umanità.
Il gioco della vita reale si accompagna al gioco della finzione scenica quando un lungo e straziante urlo improvvisamente squarcia l’aria, al di sopra della platea. Qualche testa si gira, cercando in sala… ma poi l’attenzione ritorna subito al palcoscenico. E lo spettacolo va avanti. Solo in pochi si accorgono che in un palco qualcuno si è sentito male. C’è un felpato tramestio e prontamente arrivano i soccorsi. Per fortuna, nulla di grave, ma è la conferma che il teatro è vivo e palpitante, unico in ogni sua replica.
Teatro nel teatro, formula vincente anche quando al racconto delle novelle fa da intermezzo il pressante bisogno degli attori che hanno fame e si accalcano alle fumanti tagliatelle che la simpatica caratterista alta e bionda sta preparando fin dall’inizio della rappresentazione. Li applausi li colgono con le mani nella grande ciotola, ricordando la famosa scena degli spaghetti di Miseria e Nobiltà. E il nostro applauso va a tutti, ringraziando anche il grande Totò, che ancora fa scuola.