ispirato a Gli sdraiati e Breviario comico di Michele Serra
Claudio Bisio, voce
Laura Masotto, violino
Marco Bianchi, chitarra
Regia: Giorgio Gallione
Scene e costumi: Guido Fiorato
Musiche: Paolo Silvestri
Luci: Aldo Mantovani
Produzione: Teatro dell’Archivolto
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Che l’Italia non sia un Paese a misura di giovani è evidente da svariati decenni. Sono gli anziani a non cedere il posto alle nuove generazioni o quest’ultime ad adagiarsi ritenendo più comodo essere mantenuti dalla vecchia guardia? Michele Serra ha trovato pane per i suoi denti nell’attuale assesto socio-culturale italiano e ne ha fatto oggetto di Gli sdraiati, borioso pamphlet che alimenta il pregiudizio negativo sulla “gioventù bruciata” di oggi. All’autore si imputa una discutibile facilità nel seguire i sentieri della generalizzazione, senza soffermarsi a sufficienza sul fallimento educativo attribuibile al lassismo degli eredi del ‘68. Il padre dello sdraiato adotta toni radical chic, imbastisce borghesi reprimende, a tratti gratuite, rifiuta la tecnologia e cade in evitabili luoghi comuni. L’orizzontalità forzata in cui si ritrova il figlio è l’ultima tonalità di un arcobaleno sbiadito composto dalla gerontocrazia imperante nel mondo del lavoro, dall’alto tasso di retribuita nullafacenza nel settore pubblico, dalle falle dell’istruzione, oltre che dal progressivo depauperamento di valori quali lo Stato, la famiglia (il pater in questione è divorziato, n.d.r), la diversità, la morale, l’etica e via di questo passo. Unico pregio del libello di Serra è quello di suscitare un’urgente presa di posizione, variabile a seconda dell’età anagrafica, del background culturale e della forma mentis, verso i due poli opposti della questione.
Claudio Bisio, attore che trasformerebbe in occasione comica pure la lista della spesa, riesce a dare spigliatezza e verve a un testo che irrita per la sua visione saccente e relativista della realtà. Il commento musicale di Paolo Silvestri, sostenuto con virtuosismo e precisione dal violino di Laura Masotto e dalla chitarra di Marco Bianchi, mette in dialogo suono e parola, espressione rispettivamente della gioventù e della maturità.
Alti muri blu, colore del mare e di un infinito indefinito come quello degli adolescenti capaci ancora di sognare seppur confusi e taciturni, su cui si riflettono le calde luci di Aldo Mantovani, racchiudono la scena di Guido Fiorato, popolata solo da tavoli e sedie. La regia di Giorgio Gallione impone a Bisio di spostare i mobili in continuazione e si fatica a comprendere interamente il senso di questa necessaria delimitazione degli spazi, come enigmatico rimane il significato dell’armadio sospeso in aria.
Ottimo successo di pubblico, inevitabile quando si hanno in cartellone noti volti televisivi.