Le porte del Teatro di Rifredi, in questo mese di aprile, si aprono per Alessandro Riccio, poliedrico e versatile artista fiorentino (attore, regista, docente, sceneggiatore), dedicando a lui una personale di tre spettacoli nei quali l’artista fiorentino mette in scena tutta la sua capacità narrativa ed interpretativa.
Si comincia con “La Meccanica dell’Amore”, commedia dai tratti dolci e commoventi, che porta all’attenzione una tematica, purtroppo, molto diffusa nella nostra società, ovvero la solitudine dell’uomo, e non di un uomo qualsiasi, ma di un anziano, il che rende la sua condizione di isolamento dalla vita comune ancora più triste. Orlando è un vecchio che vive in una casa che strabocca di oggetti, che in realtà sono i suoi ricordi, le sue memorie, pezzetti della sua anima; è un uomo bisbetico e solitario, attaccato al suo passato, rappresentato da quelle che per la gente comune sono solo “cianfrusaglie”: scatole, valigie, candelabri, targhe, ventilatori, sci, pezzi sparsi di biciclette, grucce, peluche, mattonelle, giornalini, un pallottoliere, una pendola a cucù e persino un grammofono perfettamente funzionante. La minaccia di un ricovero in una casa di cura, lo costringe ad accogliere in casa una casalinga-robot, Chambermaid 7800, per avere un aiuto nelle faccende domestiche. L’ostilità iniziale che il robot suscita in Orlando, va ad attenuarsi con il passare del tempo: quell’oggetto meccanico, in apparenza così freddo, così “lontano”, gli comincia a scaldare il cuore e l’anima; un’anima che per troppo tempo ha vissuto in solitudine, in un mondo costruito sui ricordi del passato e lontano dalla vita moderna, tento di “seminare il destino” in ogni modo. In fondo, Orlando, rappresenta un pò il nonno di tutti, con la sua vestaglia, i suoi occhialoni a fondo di bottiglia, il suo dialetto fiorentino, e soprattutto la sua testardaggine, quella di tutti gli anziani, che spesso rifiutano di adeguarsi ai cambiamenti ed alla tecnologia, di abituarsi a quelle costrizioni, seppur a volte necessarie, e a quei modi di vivere che la società d’oggi ci impone. Spesso, pur soffrendo della loro solitudine, rifiutano anche gli aiuti esterni; ma il bisogno d’amore, di confronto, di condivisione, esploderà nella storia, come i fiori a primavera.
Al fianco di Riccio (autore ed interprete), troviamo l’attrice fiorentina Gaia Nanni: i due sono in perfetta sintonia sul palco, ed interpretano alla perfezioni i due ruoli, in maniera brillante e coinvolgente.
Nelle prossime due settimane, gli spettacoli che Riccio porterà in scena saranno “Le Grand Cabaret Deluxe”, che trasporterà il pubblico nelle atmosfere di musica, teatro e comicità dei locali di Parigi e Berlino, e “Totentanz Danza Macabra”, dove cinque personaggi cercheranno di opporsi al volere della Nera Signora.
Alessandro Riccio e Gaia Nanni ci hanno gentilmente concesso un’intervista, che riportiamo di seguito, e che svela alcuni retroscena e piccoli segreti dello spettacolo.
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Alessandro Riccio:
Dev’essere una bella soddisfazione, a livello professionale, il fatto che il Teatro di Rifredi ti abbia dedicato questa personale: un mese di spettacoli a te dedicato. Un riconoscimento alla tua bravura e versatilità, ed al lavoro svolto finora…
Io amo molto lavorare in luoghi inconsueti (ville, giardini, castelli, etc) e non sempre amo stare all’interno dei teatri, perciò questo mi ha portato ad essere un outsider del teatro fiorentino. Il riconoscimento che il teatro di Rifredi mi ha dato è di grande importanza perché hanno avuto l’intelligenza di far notare ad un pubblico che segue il teatro standard, un artista che sfugge dai normali cartelloni.
Parlando dello spettacolo “La Meccanica dell’Amore”, ho letto che ti sei ispirato al film “Io & Caterina” di Alberto Sordi, ma a parte questo, cosa ti ha dato il “la” per creare questi due personaggi? Orlando, seppur solitario e bisbetico, ricorda un pò tutti i nonni, e Chambermaid 7800 è un robot-casalinga molto sui generis…
Caterina, nel film di Sordi, era un personaggio che mi affascinava e inquietava; mi piaceva il fatto che a volte umanizziamo le cose, e gli oggetti.
Io la mia macchina, per esempio, la chiamo con un nomignolo e ci parlo, perchè gli oggetti a volte smettono di essere oggetti e diventano parte di te.
Orlando è un mix di tutti e quattro i miei nonni che sono asserragliati nella voglia di non cambiare, di non confrontarsi con il mondo che muta velocemente, e questo me li rende teneri e ammirevoli, perché se da una parte trovo assurdo non voler cambiare, dall’altra trovo comunque giusto che continuino a gestire la vita secondo i loro canoni.
“Amapola” è un bellissimo brano spagnolo, non molto conosciuto. L’hai inserito per un qualche motivo particolare?
“Amapola” è una canzone che a me, come a molti , è sempre piaciuta. Quando ho scoperto che il suo significato in italiano era papavero (fiore che mia madre adora), e che “Amapola” era la canzone preferita di mio padre, ho trovato la cosa così romantica che nn ho potuto fare ameno di inserirla. Il rosso e il nero del costume di Amapola è proprio un rimando ai colori del fiore, e che sia causalità o destino che Oorlando si ritrovi in casa un papavero di dimensioni umane nessuno può saperlo...
Dal 2013 raccogliete successi e consensi, tu e Gaia siete una formula vincente, una coppia consolidata e ben ingrata ormai. Avete altri progetti futuri?
I progetti sono sempre moltissimi. Io, grazie a Tedavi ’98, che è la mia casa di produzione, posso continuamente mettere in cantiere nuovi spettacoli e progetti. Per ora con Gaia non sono previste nuove collaborazioni, ma per l’estate ho già in lavorazione uno spettacolo su una versione femminile del “Don Giovanni”. Sarà una bellissima donna a sconvolgere i cuori di tanti spasimanti… E poi tantissimi altri progetti per la prossima stagione oltre a riproporre spettacoli come “Bruna è la notte” e “Muscia, Maestro!”… Perché “SE SEDE NON IS”!!!!!!!!
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Gaia Nanni:
Dal 2013 “La Meccanica dell’Amore” continua a riscuotere un grande successo di pubblico, immagino che si una grande soddisfazione..
Sì, è incredibile, soprattutto perché noi non abbiamo grandi produzioni alle spalle, e quindi pensare che in uno spettacolo sostenuto con pochi mezzi economici, noi siamo riusciti a conquistare sino ad oggi oltre 5000 spettatori. in una città come Firenze, è una grande vittoria, un riconoscimento del pubblico veramente speciale.
Abbiamo visto che la sera della prima ti sei commossa….
Sì, mi sono commossa. È stata una cosa molto bella. La mia parte è molto impegnativa, mantenere una rigidità fisica in quel modo, per oltre un’ora di spettacolo, è faticoso, ed anche dal punto di vista della concentrazione nervosa sicuramente mi prova moltissimo, e la sera della prima, negli applausi, dove io posso finalmente muovermi, il tecnico, per un piccolissimo errore, invece di accendere le luci a noi, le ha accese al pubblico in sala; ecco in quel momento, per due attori che hanno lavorato dando l’anima sul palco per oltre un’ora di spettacolo, vedere tutti voi in sala, in una sala piena, tutto esaurito, alcune persone addirittura in piedi ad applaudire, bè, è proprio l’appagamento più alto di tutto il lavoro, della fatica e della passione che ci mettiamo.
Il tuo ruolo di casalinga-robot è molto difficile dal punto di vista interpretativo: le movenze, la gestualità. la modulazione della voce con i vari timbri e tonalità. Ti ha messo a dura prova?
Posso dirti, senza ombra di dubbio, che è il ruolo più bello che sia stato scritto per me; faccio da oltre 12 anni questo lavoro, però un ruolo così difficile, così ricco e così divertente, anche nella costruzione del personaggio, non mi era mai capitato. Dal punto di vista fisico ho lavorato sugli elementi “robotici” ed i movimenti del corpo con il campione mondiale di break dance, Luca Miniati, in arte LED, mentre per quanto riguarda la ricerca vocale, le scansioni, i timbri, quella è la mia passione, il mio lavoro, quindi è una ricerca che ho fatto da sola, prendendo spunto dagli strumenti con cui abbiamo a che fare ogni giorno, quali ad esempio il navigatore, i nastri registrati delle metropolitane, partendo proprio dalle scansioni vocali e tecnologiche.
Nonostante sia uno spettacolo comico, ci sono alcuni momenti molto teneri e commoventi… Tu cosa ne pensi della “storia” tra Orlando ed Amapola?
Credo che ci sia nella doppia lettura di questo lavoro, un’urgenza di amore enorme; se pensiamo che Orlando è un solitario, e che l’unica presenza che riesce ad entrare in casa sua è una bambola meccanica è, di per sé, una cosa struggente, perché è una solitudine umana contro l’ingresso di un elemento freddo, tecnologico, senza umanità. Però ad un certo punto della storia ci rendiamo conto che Orlando ha un’urgenza d’amore e d’affetto così violenta, da trovarsi vicino questa bambola e da volerla trattenere a sè, da volerci parlare, metterla a sedere accanto a lui e condividere dei discorsi semplici; è proprio l’urgenza di un contatto, che in casi di solitudine come questo, non può altro che avvenire che con delle macchine.