Carlo, tu arrivi da un piccolo centro vicino a Napoli, Marano; come ti sei avvicinato alla danza e qual è stato il tuo percorso artistico?
Da piccolo mi sono ritrovato in una Scuola di danza senza avere la minima idea di cosa fosse il balletto. Avevo visto qualche spettacolo di danza e avevo manifestato il desiderio di studiare l’arte coreutica ma senza lontanamente immaginare che sarebbe diventata la mia professione futura. Da lì piano piano ho iniziato a prendere la cosa sempre con maggiore serietà passando dalla Scuola di ballo del San Carlo di Napoli fino a quella della Scala di Milano. Dopo il diploma mi sono unito al Corpo di ballo della Scala per un anno, per poi trasferirmi a Berlino nella compagnia di Stato per una stagione. In seguito all’esperienza allo Staatsballett ho fatto ritorno a Milano per poi ripartire nuovamente e raggiungere il San Francisco Ballet.
Quali quali sono state le maggiori difficoltà nello scegliere lo studio della danza?
Sicuramente stare lontano dalla famiglia e dagli affetti non è stato facile durante i due anni in Accademia alla Scala. Anche dover badare alle faccende di casa non è stato da subito immediato; però devo dire che tutto questo non mi è pesato molto, infatti ho un ricordo bellissimo di quei due anni; l’Accademia è stata veramente come una seconda famiglia per me. Più difficile è stato il percorso didattico, devo dire che appena arrivato a Milano sentivo di dover lavorare il doppio dei miei compagni per ottenere il loro stesso risultato.
Sei l’unico che si occupa di danza nella tua famiglia?
Sì sono l’unico ballerino della famiglia, ma piano piano sia i miei genitori che mio fratello e qualche zia si stanno avvicinando al mondo della danza. Spesso dopo gli spettacoli hanno anche delle correzioni da farmi…
Quali sono le persone che hanno segnato maggiormente il tuo percorso artistico?
Sono state diverse le figure che hanno segnato il mio percorso. Il primo vero incontro con la danza a livello professionale è stato con Anna Razzi al Teatro San Carlo di Napoli. Aveva avuto, sin da subito, un occhio di riguardo per me e ha voluto lavorare insieme affinché crescessi al meglio delle mie possibilità. Poi ricordo con affetto il mio maestro alla Scala Leonid Nikonov che ha sempre creduto in me unitamente al direttore Fredéric Olivieri. Forse chi ha segnato più di tutti il mio percorso artistico fino ad ora è stato il maestro Makhar Vaziev che, oltre ad avermi dato grandi opportunità, mi ha accompagnato con tanta dedizione lungo una stagione scaligera per me piena di debutti.
Quando hai capito che investire sulla danza sarebbe stato per te fondamentale?
La danza per me è nata come una passione molto forte e un sogno molto lontano. Onestamente non sono una persona che vive di sogni e non avrei continuato ad inseguirlo se avessi capito di non essere all’altezza di diventare un ballerino professionista. Quindi direi che le conferme e gli apprezzamenti da parte dei maestri mi hanno fatto capire che potevo crederci fino in fondo.
Come descriveresti, nel complesso la tua esperienza alla Scuola di ballo del Teatro San Carlo?
Sono stati definitivamente gli anni più difficili. La mattina seguivo le lezioni a scuola nel mio paese e poi nel pomeriggio andavo in teatro per seguire i corsi di danza che mi impegnavano tutto il pomeriggio. È stato sicuramente un periodo di rinunce, in primis alla spensieratezza che si può vivere solo durante l’adolescenza.
E alla Scuola di ballo della Scala di Milano?
Della Scuola di Ballo della Scala ricordo all’inizio tanta paura e molte insicurezze. Poi fortunatamente le cose sono andate via via sempre meglio e adesso conservo un ricordo bellissimo di quegli anni. In Accademia studiavo danza al mattino e al pomeriggio seguivo le lezioni del liceo, anche qui la routine era decisamente stressante iniziavo alle nove del mattino per finire a scuola intorno alle dieci di sera, ma quelli sono stati gli anni che mi hanno formato di più come persona e come danzatore.
Secondo te, qual è la dote che non può mancare ad un ballerino?
Forse la Cultura. Credo sia molto importante essere a conoscenza di cosa si stia realizzando e soprattutto rendersi conto della responsabilità del ruolo interpretato.
Che mondo è quello della danza?
C’è tanta passione e ambizione da un lato, ma purtroppo c’è anche tanta competizione e frustrazione. Con il passare degli anni è molto difficile per un danzatore mantenere la stessa prestanza fisica e il più delle volte si fa fatica a passare il testimone alle nuove generazioni. Da una parte però queste figure che ho incontrato lungo il mio percorso mi hanno dato un esempio da “non” seguire e grazie a loro so come “non” voglio diventare da grande.
Hai danzato con Polina Semionova alla Scala nel mitico “Lago dei cigni” coreografato da Rudolf Nureyev! Grande successo di pubblico e di critica, cosa ricordi di quell’esperienza? E di Polina?
Quando avevo dodici anni al Teatro San Carlo andai a vedere il “Lago dei Cigni” con Roberto Bolle e Polina Semionova. Ricordo di essere rimasto estremamente folgorato, e ovviamente ero tornato a casa con l’autografo di entrambi sulle scarpette. Non avrei mai immaginato nove anni dopo di ritrovarmi sul palcoscenico della Scala con Polina Semionova per provare il “Lago dei cigni” di Nureyev. Al di là del lato fiabesco della vicenda, condividere la scena con una ballerina di questo calibro non è stato assolutamente facile. Polina sin da subito è stata estremamente amichevole e disponibile e durante le prove ha sempre cercato di mettermi a mio agio, aiutandomi tante volte ad avvicinarmi sempre di più al mio personaggio.
Dopo il Corpo di ballo della Scala, hai fatto un’esperienza tra le fila dello “Staatsballet” di Berlino. Come ti ha arricchito artisticamente?
Berlino è stata un’esperienza che ha sicuramente arricchito il mio bagaglio. In Germania si balla tantissimo e andare in scena è quasi all’ordine del giorno, ed è proprio questa l’aspirazione di ogni danzatore. Ho avuto la fortuna di osservare da vicino il lavoro dei primi ballerini e questo mi ha aiutato molto ad approcciarmi diversamente alla mia quotidianità. Ho avuto anche lì delle buone opportunità e alla fine della Stagione il direttore Vladimir Malakhov decise di promuovermi demisolista.
Attualmente fai parte del “San Francisco Ballet”, quali sensazioni provi all’idea di far parte di un Corpo di ballo così prestigioso sulla scena internazionale?
Sono estremamente soddisfatto della mia scelta, e di come stiano andando le cose a San Francisco. La compagnia è considerata tra le migliori in America e il repertorio è vastissimo ed estremamente stimolante. Unirmi a questa compagnia come solista è uno straordinario traguardo per me e lavorerò a fondo per dimostrare di esserne all’altezza.
Qual è il più grande sacrificio che hai fatto e che farai per inseguire il tuo sogno?
Lasciare il mio paese. Io adoro l’Italia ed è già la seconda volta che lascio Milano ma sempre con tanta nostalgia. Adoro la Scala e tanti affetti mi legano alla città, ma sono dell’idea che questi anni siano estremamente importanti per il mio futuro e voglio trascorrerli dove credo di poter avere una crescita maggiore.
Che passioni coltivi, oltre alla danza?
In realtà quasi nulla. Nel tempo libero mi piace stare a casa a guardare un film o leggere un libro, non sono assolutamente un tipo da locali o feste notturne. Preferisco una tranquilla cena tra amici.
Cosa ti ha regalato finora la danza fino?
La danza mi ha regalato tante soddisfazioni, tante delusioni, tanti dolori e tante gioie… Le mie giornate ruotano intorno alla danza, non perché sono in sala ballo o in camerino ma semplicemente perché il balletto catalizza tutti i miei pensieri. Da una parte tutto questo può sembrare estremamente noioso, ma a me piace così.
A “Positano Premia la Danza 2014” hai ricevuto il Premio come Danzatore classico dell’anno sulla scena italiana? Un prestigioso riconoscimento al fianco di tante stelle internazionali…
Un riconoscimento che mi ha donato grandissimo onore. L’atmosfera del Premio Positano è stata magica e ritirare un premio sulle orme di grandi danzatori e al fianco di grandi stelle della danza internazionale mi ha riempito di orgoglio. Cerco sempre di guardare indietro al punto di partenza per apprezzare ancora di più dove sono arrivato ora.
Ti rivedremo ancora in Italia a danzare?
Mi piacerebbe moltissimo tornare in Italia a danzare, anche se al momento non vedo un rientro stabile nel mio paese come danzatore.
Cosa ti senti di dire ai tanti giovani che coltivano il sogno di diventare ballerini?
Di non affezionarsi troppo ai luoghi e alle persone e purtroppo, lo so che non è bello da dire, cercare di essere abbastanza egoisti da vedere solo il proprio obiettivo e inseguirlo con tutto sé stessi.