La favola di Hansel e Gretel, uno dei numerosi “classici” dei fratelli Grimm, è così nota che si potrebbe pensare non valga più la pena di ascoltarla. Eppure, ci sono narrazioni che ancora sanno affascinare e sorprendere: per la maestria degli attori, per la delicatezza della rappresentazione, per la vivacità che sa imprimere l’attivo coinvolgimento dei più piccoli tra il pubblico. È il caso di “Che favola!”, in scena a Roma al Teatro di Documenti, gioiello architettonico nello storico quartiere di Testaccio (in via Nicola Zabaglia 42). Lo spettacolo sarà visibile anche nel lungo week-end dall’1 al 3 maggio e nel fine settimana del 30-31 maggio (alle ore 15.45).
A guidarci nella fiaba è Anna Ceravolo, nota al grande pubblico anche come drammaturga e regista. Attraverso l’uso versatile della voce, la grazia e lo spessore artistico da attrice d’esperienza, e con l’ausilio di alcune semplici figurine, Ceravolo ripercorre le peripezie dei due figlioletti del povero taglialegna, il loro inaspettato approdo alla casetta con il tetto di cioccolata e l’immancabile lieto fine, facendo prendere vita ai diversi personaggi, immergendoli in un’atmosfera impalpabile e sognante. A rendere ancora più magica l’atmosfera è la collaborazione in scena di Renato Ferrero, che con la sua chitarra e la sua vis comica punteggia il racconto accompagnandolo nei diversi registri. Infine ci sono i bambini, che sono il protagonista segreto di “Che favola!”: la loro partecipazione è cercata, stimolata, richiesta, e di certo non si fanno pregare, contribuendo così alla piena riuscita dello spettacolo.
Un’ultima annotazione va fatta per lo spazio scenico, il Teatro di Documenti. Un luogo unico, che merita una visita come fosse una cattedrale o un museo. Creato più di vent’anni fa da Luciano Damiani, scenografo di Strehler e personalità eclettica, è stato realizzato all’interno di grotte secentesche scavate all’interno del Monte dei Cocci, una discarica di epoca romana di frammenti di anfore. Il teatro, tutto bianco e argento, disposto su più piani, è un dedalo di stanze, scale, anfratti, senza luoghi definiti per il pubblico. Una struttura originale e poetica, un sogno costruito, dove realizzare una comunione profonda tra spazio, attori e spettatori.