Cominciamo dalla storia scritta da Sakespeare per capire l’importanza e la difficoltà della rilettura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia del testo del bardo in chiave attorcentrica e magica. Diciamo subito che il risultato è straordinario, geniale (…la genialità del solipsista).
Nella Tempesta Shakespeare mette in scena la favola di Prospero filosofo e mago, legittimo duca di Milano che da dodici anni è in esilio su un’isola deserta dopo che il fratello Antonio con l’aiuto di Alonso, re di Napoli, lo aveva deposto e abbandonato, con la giovanissima figlia Miranda, su una zattera in balia delle onde. Prospero, in virtù dei suoi poteri scatena una tempesta che causa il naufragio di una nave dove si trovano tutti quelli che lo avevano tradito e li fa approdare sull’isola. Il mago, con i suoi poteri domina gli spiriti buoni e i cattivi, il dolce Ariel e Calibano intreccia il destino dei naufraghi in una sorta di teatro delle illusioni, fa nascere una storia d’amore fra la figlia Miranda e Ferdinando il figlio di Alonso e guida infine alla saggezza e alla serenità riconciliandosi con se stesso e la società.
La caratteristica di questa versione è la poliedricità di un grandissimo, istrionico Ferdinando Bruni che, nelle vesti di Prospero, si esibisce in one man show dando voce e corpo a tutti i personaggi della commedia: Ariel Calibano, Ferdinando, Miranda, Alonso, Gonzalo, Sebastiano sono rappresentati da marionette, le cui movenze sono affidate allo stesso protagonista e a due servi di scena (Filippo Renda e Simone Coppo), mentre altri da tradizionali burattini.
Nella Tempesta Shakespeare ci fa percorrere tutte le strade della vita che si snodano nel dualismo bene/male: il tradimento, la vendetta, la morte, il perdono, la rinascita, la libertà. Il testo, che è integrato da alcuni brani dal poema di Auden (il mare e lo specchio), è già di per sé impegnativo per le continue metafore e allegorie e spesso la comprensione della parola è ardua per il volume della voce e della sonorità dei rumori e del commento musicale.
Quando alla fine Prospero pronuncia il grande addio è in realtà Shakespeare che dà l’addio all’isola, metafora del teatro, e alla vita che volge al tramonto “Tutto svanisce come l’aria e i pensieri noi siamo fatti della stessa materia dei sogni e la nostra vita è breve come l’attimo di un sogno … Ecco, ogni mio incantesimo è finito, la forza che mi resta è solo mia, solamente umana…Non ho più spiriti al mio comando, la mia magia è finita”.
Il consiglio per gli spettatori che non abbiano avuto l’opportunità di vedere “La tempesta” in altre occasioni è quello di lasciarsi trasportare dalla magica voce di Ferdinando Bruni (sicuramente la più bella voce del teatro italiano) che varia di tono, di colore, di accento e si sdoppia a seconda del personaggio (marionette) che interpreta e canta. E ancora di non pretendere di capire tutti i passaggi lessicali, ma lasciarsi coinvolgere in quella sorta di magia che attraverso la parola, la vista e il suono ci traghetta nel poetico, surreale mondo di Bruni/Shakespeare.
Bellissimi i fantocci, le figurine animate e le sculture di scena di Giovanni De Francesco.
Le musiche, i suoni e i rumori sono curati da Mauro Ermanno Giovanardi, Fabio Barovero, Gionata Bettini, le luci da Nando Frigerio.