L’estate è tradizionalmente ricca di festival cinematografici: ognuno – con proprie caratteristiche e motivi d’interesse – oltre agli aspetti più strettamente cinematografici ha anche una valenza turistica (ogni festival è motivo di un relax intelligente per appassionati e turisti curiosi) non esistendo ancora nulla come un bel film per restare impresso nella memoria.
Nella prima metà di agosto e precisamente dal 5 al 15 si svolge a Locarno il 68° Festival del film, una delle manifestazioni più intriganti e coinvolgenti anche per la sua scelta di essere popolare e di ricerca, scelta particolarmente importante in una fase di evoluzione del pubblico che spesso assegna ai Festival il ruolo di garanti della qualità di un’opera.
Il manifesto di Locarno 2015 è dedicato all’intera filiera: attori, registi, giornalisti e pubblico visto non solo quale destinatario finale di un film, ma come essenziale coprotagonista poiché così come il vino è prodotto per essere bevuto e il primo bicchiere deve creare il desiderio di un secondo, un film deve lasciare la voglia di rivederlo e il piacere di segnalarlo (positivamente) a parenti, amici e conoscenti.
Piazza Grande
Tradizionale cuore della manifestazione è Piazza Grande il cui programma è un viaggio attraverso lo spazio e il tempo con 16 lungometraggi che rileggono il passato e indagano sulle emozioni e la confusione del presente e 3 cortometraggi particolarmente significativi per la loro poesia come il visionario Pastorale Cilentana, viaggio in un mondo senza tempo immaginato dall’italiano Mario Martone (12 agosto).
19 opere che potrebbero essere definite un bouquet rappresentativo di un insieme ampio, articolato e complesso – com’è quello del Festival – a iniziare dal film d’apertura (5 agosto) Ricki and the flash (di von Jonathan Demme – Vereinigte Staaten) che racconta una storia straordinaria per il cinema americano e da non lasciarsi sfuggire quando approderà nelle sale.
E tra le storie che hanno segnato la ‘storia del cinema’ il 14 agosto I pugni in tasca di Marco Bellocchio (Pardo d’onore Swisscom) che a cinquant’anni dalla sua uscita è ancora di una modernità sconcertante e The deer hunter, un’opera del 1978 di Michael Cimino (altro Pardo d’onore Swisscom).
Sottile fil rouge tra molti film di Locarno 2015 è il tema della ‘casa’ come simbolo della famiglia, proiezione nel cinema dei disagi della società. Sarà interessante notarne le diverse raffigurazioni negli ultimi decenni del ‘900 (in cui si contestava un autoritarismo oppressivo) e nelle opere attuali in cui una società senza certezze (e ancor meno illusioni) cerca nella ‘casa’ rifugio e sicurezze: in tale ottica si muovono opere interessanti come Floride di Philippe Le Guay (9 agosto), Amnesia di Barbet Schroeder (12 agosto) o La vanité di Lionel Baier (13 agosto).
L’Italia è protagonista dell’evento speciale che domenica 16 conclude il programma di Piazza Grande con la proiezione in anteprima mondiale di Asino vola di Marcello Fonte e Paolo Tripodi alla presenza degli interpreti Maria Grazia Cucinotta e Luigi Lo Cascio.
Le sezioni del Festival
Su Piazza Grande come cuore della manifestazione convergono – a volte solo come presentazione – le molte sezioni e iniziative che caratterizzano il 68° Festival, primo fra tutte il Concorso internazionale cui partecipano (nella tradizione di Locarno) fiction, film in prima persona, documentari e opere che ibridano i generi: 18 lungometraggi (alcuni segnano il ritorno dietro la macchina da presa di autori silenti da tempo) di cui circa il 70% in prima mondiale. L’Italia ha in concorso solo Bella e perduta di Pietro Marcello.
Molti i titoli che creano curiosità tra cui (se non altro per la lunghezza: 317’) Happy hour di Ryusuke Hamaguchi (Giappone) e le due opere prime James White di Josh Mond (Stati Uniti) e Ma dar behesht (Paradise) di Sina Ataeian Dena (Iran/Germania).
Altro momento centrale è il Concorso Cineasti del presente riservato alle opere prime e seconde: uno sguardo su come i giovani registi vedono questa fase della nostra storia tramite 14 lungometraggi con una rilevante presenza francese. L’Italia concorre con Moj brate – Mio fratello, (in coproduzione con Canada e Bosnia-Erzegovina) diretto da Nazareno Manuel Nicoletti.
Locarno dedica grande attenzione alla ricerca e alla sperimentazione di nuovi modelli narrativi con Signs of Life (8 titoli in prima mondiale) che sarà aperta il 6 agosto dall’Italia con L’infinita fabbrica del Duomo diretto da Martina Parenti e Massimo D’anolfi i quali raccontano la storia della nascita e dei continui (infiniti) lavori di manutenzione necessari alla conservazione attraverso i secoli del Duomo di Milano. Un flash per spiegare una realtà che è divenuta anche proverbio popolare.
Lo sguardo sul futuro non fa dimenticare il passato presente in due momenti di grande spessore culturale: la Retrospettiva dedicata a Sam Peckinpah e la sezione Histoire(s) du cinema.
La prima è un’occasione imperdibile per chi ha amato l’autore di Pat Garret e Billy the kid: verranno, infatti, proiettati tutti i 14 lungometraggi (diverse le copie restaurate per l’occasione) da lui diretti oltre a una selezione dei suoi lavori televisivi e delle partecipazioni come attore.
La seconda comprende le proiezioni delle opere dei vari Pardi d’onore (Marco Bellocchio e Michael Cimino), dei Pardo alla carriera assegnati a Bulle Ogier (di cui tra gli altri è proiettato Et crac, un raro corto diretto da Jean Douchet nel 1969) e a Marlen Khutsiev (con la proposta anche di film da lui girati al tempo dell’Urss e quindi poco diffusi) e dei molti altri omaggi a cineasti che hanno lasciato una traccia nella storia del cinema.
Né si può dimenticare la sezione Fuori concorso che presenta 11 lungometraggi e 6 corti di grande spessore umano e artistico realizzati da autori noti e meno noti, ma tutti di notevole pregnanza. L’Italia è rappresentata da ben 4 opere: Genitori di Alberto Fasulo, I sogni del lago salato di Andrea Segre, Romeo e Giulietta di Massimo Coppola e l’opera prima di Fabio Leli Vivere alla grande. I quattro italiani, come la maggioranza dei film della sezione, sono in prima mondiale.
Dall’8 all’11 è prevista Open Doors, iniziativa che sottolinea lo spirito di ricerca del Festival: è, infatti, rivolta a mettere in luce e sostenere registi di una regione (diversa ogni anno) del Sud e dell’Est del mondo caratterizzata dalla fragilità del cinema indipendente e si articola con un laboratorio di coproduzione e con proiezioni pubbliche che offrono la possibilità di vedere (a volte stupendosi) film che difficilmente entrano nei circuiti commerciali.
Questa edizione è dedicata a quattro Paesi del Magreb: Algeria, Libia, Marocco e Tunisia.
Il Cinema svizzero è presente con una panoramica delle migliori opere al loro esordio nazionale o internazionale: accanto a film che hanno avuto successo nei Festival, ve ne sono altri già apparsi con esiti brillanti nelle sale svizzere.
Di notevole interesse si annuncia Heimatland (in concorso) realizzato collettivamente da molti giovani registi elvetici e quindi uno sguardo sul futuro di una cinematografia che sempre ha espresso alcuni registi di notevole rilievo.
A Georges Schwizgebel oltre alla proiezione del suo ultimo lavoro (Erlkönig in Piazza Grande il 10 agosto) sarà dedicato un omaggio, così come all’altro regista elvetico Kurt Früh nell’ambito della sezione Cinema svizzero riscoperto.
A Locarno i cinefili hanno non solo la possibilità di verificare lo stato di salute del Cinema e le sue prospettive, ma anche – come si è tentato di evidenziare – di rivivere flash di un passato amato e mai dimenticato. E con i suoi 179 lungometraggi e 87 corti provenienti da 51 Paesi il Festival può aiutarci a capire questo nostro presente così confuso.
E la città è così bella e accogliente, il lago coì dolce che anche se non si è cinefili vedere un bel film nella magia di Piazza Grande può rappresentare un valido motivo per trascorrervi qualche giornata serena e culturalmente valida vivendo un’esperienza indimenticabile.