Nonostante i tagli dei fondi alla cultura, la stagione del Globe Theatre prosegue trionfalmente attirando, come da oltre dieci anni, stuoli di giovani e adulti che trovano nei testi del Bardo una raffinata capacità di scandagliare l’animo umano portandone a galla gli aspetti più oscuri.
La rappresentazione del dramma di Otello, in questa traduzione di Vittorio Gassman, è dominata dalla figura possente e dalla bravura incondizionata di Maurizio Donadoni, il cui antagonista Gianluigi Fogacci scolpisce nel granito il ruolo di Iago, sottile e spudorato tessitore dell’infida trama che travolgerà tutti, egli compreso, nell’abbraccio mortale del fato, mentre sostiene che “gli uomini dovrebbero essere quello che sembrano”.
Le scelte registiche di Marco Carniti sottolineano l’atmosfera di cupa tragedia che aleggia fin dall’inizio, quando tutti i protagonisti ancora privi degli abiti di scena si siedono di fronte al pubblico lungo tavoli metallici che, variamente articolati, costituiranno la scarna scenografia dell’ambientazione. Nel tornare dietro le quinte appoggiano la mano sul drappo bianco che cela il maestoso corpo di Otello incombente come un totem al centro del palcoscenico, indossando moderne magliette con la scritta “Io sono Otello”.
Tutti siamo Otello infatti, è l’assunto registico, tutti custodiamo nel profondo un’anima nera, tormentata e diffidente, che si può squarciare percossa dall’ascia del dubbio: “Non esiste l’uomo senza il dubbio. Non esiste il dubbio senza l’uomo”.
L’Otello di questa messinscena non ha necessità, quindi, di presentarsi cosparso di nero cerone per sottolineare la sua diversità. Tutti saranno stritolati dalla macchinazione diabolica, visivamente costituita da una struttura mobile di cancelli e inferriate che intrappolerà i protagonisti.
Contrasta questa prigione della mente e del cuore il vasto drappo bianco, simbolo di fiducia e libertà, che sarà anche il velo da sposa di Desdemona, il sudario del suo letto di morte, la vela della nave che salpa per Cipro (scene di Fabiana Di Marco, costumi di Maria Filippi).
Follia e sentimento si contrappongono in una bellicosa sinfonia di inganni e l’atavica vendetta che permea le tragedie greche. E al coro delle antiche tragedie rimanda il canto di David Barittoni (autore delle musiche originali) nel prologo e nel momento che prelude al compiersi dell’ineluttabile destino.
Scritta da Shakespeare nel 1604, l’opera tratta temi di costante attualità di cui è flagellata la società contemporanea quali lo scontro tra diversità culturali, il femminicidio, la bramosia di potere, che generano i nuovi mostri.
Otello roccia inscalfibile, condottiero coraggioso e non aduso alle mollezze della vita, non sa resistere all’onda d’urto della malvagità sotto la quale crolla, spinto più che dalla gelosia dalla follia generata dall’inganno.
Desdemona, la dolce sposa, giganteggia nell’accettazione piena del suo destino, come avviene oggi per molte donne che tentano di integrarsi con altre culture, immolate sull’altare di fanatismi religiosi da uomini fragili, sopraffatti dal loro lato oscuro.
Un plauso a tutti gli interpreti che tengono alta la tensione e non fanno avvertire la durata con una recitazione potente e realistica: le leggiadre fattezze di Maria Chiara Centorami esaltano il tenero amore di Desdemona, Carlotta Proietti è efficace nell’esprimere lo sdegno di Emilia contro il marito Iago e la commiserazione per il Moro folle, il luogotenente Cassio è l’atletico Massimo Nicolini, Simone Bobini è Graziano, Nicola Ciaffoni è Montano, Antonella Civale è Bianca, Nicola D’Eramo è Brabanzio, Sebastian Gimelli Morosini è Ludovico, Gigi Palla è Roderigo.
Complimenti a Gigi Proietti per la direzione artistica, con l’auspicio che, superate le difficili contingenze, il Globe possa continuare ad animarsi ad ogni estate.