di Angela Demattè
regia Carmelo Rifici
scene e costumi Annelisa Zaccheria
con Michele Basile, Alice Bignone, Eleonora Cicconi, Camilla Pistorello, Gianpiero Pitinzano, Daniele Profeta, Alessandro Prota, Ilenia Raimo, Ermanno Rovella, Antonio Valentino, Camilla Violante
produzione Accademia dei Filodrammatici
prima nazionale
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Il compromesso apre la stagione 2015/16 del Filodrammatici e vede in scena i neo diplomati dell’Accademia dei Filodrammatici.
Che nella storia d’Italia viaggi il termine “compromesso” è un dato di fatto a cui noi italiani siamo rassegnati. Credo siamo tutti d’accordo. Se non altro non possiamo negare che ce ne fu addirittura uno, poco tempo fa, chiamato “storico”.
Lo spettacolo è innanzitutto un’indagine sul compromesso, che parte dalla Prima Guerra Mondiale. Lo fa dal punto di vista di cittadini che ancora italiani non sono, all’inizio: sono austriaci italiani, trentini. Come De Gasperi. Questi personaggi: un politico, dei contadini, una ragazza fragile diventeranno italiani, faranno figli e dunque saranno padri di italiani.
Seguiamo le vicende di questa stirpe per 100 anni, fino ad oggi, e nel frattempo ripercorriamo la storia d’Italia e la sua politica.
Ma questo spettacolo è anche un’indagine sull’eredità e sull’identità. In cosa credevano i nostri padri e le nostre madri? Cosa ci hanno trasmesso?
Oggi innanzitutto arranchiamo davanti alla parola “credere”. In cosa crediamo? A chi apparteniamo?
Se è vero che questo arrancare parte da errori fatti dai nostri padri c’è però da chiedersi se sia possibile ritrovare, oggi, un’identità perduta o se sia necessario costruirsene un’altra, magari partendo dalla nostalgia profonda di quell’identità; e se davvero “il compromesso” sia un fatto del tutto negativo.
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NOTE DI REGIA
Lo spettacolo nasce dalla richiesta della Direzione dell’Accademia dei Filodrammatici di condurre l’ultima classe di diplomati sul palcoscenico, per la prima volta da professionisti. Insegnando già da qualche anno, mi sono sempre occupato di non portare ai giovani attori solo la mia esperienza di regista, ma anche la mia necessità di utilizzare il teatro come strumento di conoscenza e soprattutto di recupero della memoria. Da qualche anno, insieme alla drammaturga Angela Demattè, ho iniziato un percorso di ricostruzione della storia di Italia attraverso l’analisi del linguaggio e della sua implacabile trasformazione, soprattutto degli ultimi 30 anni. La mancanza di memoria, la perdita dei riti collettivi, hanno modificato, quasi geneticamente, il legame tra oggetto e parola. La Parola è l’unico strumento vivo e dinamico che l’uomo possiede per relazionarsi agli altri, al mondo, per decodificare e prevedere. La sua semplificazione conduce l’attore a non muoversi dal conosciuto, da un mondo estremamente povero di esperienze: il mondo del sé che esclude categoricamente il mondo dell’altro, dello sconosciuto e della fantasia.
Per questo motivo ho chiesto ad Angela Dematté, autrice sensibile e profonda, di scrivere del materiale perché i giovani attori potessero affrontare la storia italiana degli ultimi cento anni, coniugando così pedagogia teatrale e ricerca storica. Dieci scene più un intermezzo, dieci frammenti, quasi casuali, sui quali sperimentare le intuizioni letterarie di Angela. Il lavoro con i giovani ragazzi non era quello di fare una ricognizione storica dell’Italia, piuttosto di utilizzare l’invenzione letteraria per mettere in relazione la loro necessità di fare questo mestiere con l’evidente ignoranza degli avvenimenti della storia e la ripercussione sulle loro vite.
L’aspetto sinistro di questo lavoro è stato scoprire quanto la mancanza di un’educazione alla memoria sia connessa terribilmente alla semplificazione del linguaggio, e quanto questa semplificazione sia irrimediabilmente legata alla vita relazionale degli attori, anche fuori dal palcoscenico.
I giovani hanno, però, sempre qualcosa di sorprendente, e passata una prima fase di profonda crisi e messa in discussione dei mezzi acquisiti, tecnici e umani, hanno riscoperto l’uso di uno sguardo profondo e attento, un respiro più ampio e un uso del tempo altro, non contaminato dalla velocità dei tempi moderni.
Lo spazio scenico e i costumi, curati da Annelisa Zaccheria, accompagnano, concettualmente, l’indagine. Nessun tentativo di un inutile realismo, si è deciso di ricostruire la sala prove sul palco, dove abbiamo lavorato nelle ultime settimane, per indicare agli spettatori che questo lavoro non è concluso, ma è semplicemente un passaggio verso la maturazione artistica e umana dei giovani attori vestiti in abiti stratificati, che portano scritte che palesano l’impossibilità di un recupero e la nostalgia dei buchi lasciati dalla perdita dei riti collettivi.
Una parola bisogna spenderla sul quadro più pericoloso: l’intermezzo su Alfredino Rampi, il bambino morto nel 1981 a causa di una sfortunata caduta in un pozzo. Nani, contorsionisti, speleologi, minatori, geologi, trivellatori. E poi le telecamere, centinaia di giornalisti, i chioschi dei paninari e delle bibite; e la folla, tanta, fino a diecimila persone. Fra loro anche il Presidente della Repubblica, il vecchio partigiano Sandro Pertini, che aggiunge caos al caos. È un grande circo, anzi forse è il primo grande circo mediatico della televisione italiana, un punto di non ritorno che apre la strada alle trasmissioni del dolore spettacolarizzato, ai drammi da condividere in diretta, ai reality, alla perdita dell’elaborazione collettiva del necessario rito della morte.
Carmelo Rifici
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Angela Demattè attrice e drammaturga. Si diploma nel 2005 all’Accademia dei Filodrammatici di Milano.
Nel 2009 vince il 50esimo Premio Riccione con il suo primo testo “Avevo un bel pallone rosso” e il Premio Golden Graal Astro nascente per il teatro. Vince il bando I Teatri del Sacro con “Stava la madre”.. Con Carmelo Rifici persegue da qualche anno un lavoro di ricerca e collaborazione ( “Clitennestra o la morte della tragedia” per Elisabetta Pozzi e il testo “Il compromesso” per gli ex allievi dell’Accademia dei Filodrammatici). Vince il Premio Scenario 2015 con il progetto Mad in Europe. Il suo lavoro è pubblicato in Italia e in Francia.
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Carmelo Rifici, regista, dal maggio 2014 è il nuovo direttore artistico di Lugano InScena, il teatro pubblico della città di Lugano, con l’incarico di direttore artistico della parte Prosa e Danza per il nuovo grande polo culturale LAC, sempre della città di Lugano. Recentemente è stato nominato Direttore della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, succedendo al Maestro Luca Ronconi. Nel 2005 ha vinto il Premio della Critica, come regista emergente. Nel 2009 ha ricevuto il Premio Eti Olimpici del Teatro come miglior regista dell’anno, il Premio della Critica, il Golden Graal, anche nel 2013, e la nomination per i Premi Ubu sempre come miglior regista dell’anno. Nel 2015 vince il Premio Enriquez come migliore Direzione Artistica dell’anno.
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ORARIO SPETTACOLI:
lunedì RIPOSO / martedì 21.00 / mercoledì 19.30 / giovedì 21.00
venerdì 19.30 / sabato 21.00 / domenica 16.00
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PREZZI
intero: 20 euro / ridotto convenzionati:16 euro / ridotto under 25:13 euro
ridotto over 65:10 euro
02.36727550 – biglietteria@teatrofilodrammatici.eu