Victor Litvinov nasce a Nicopol nell’Unione Sovietica. Ha ricevuto il “Dancer Artist Diploma” alla “Kiev Dance Academy” e in seguito si è perfezionato presso la “Vaganova Dance Academy” di Leningrado. Il Maestro Litvinov ha iniziato l’attività da ballerino Solista all’Odessa Opera House dove in seguito ricoprirà il ruolo di Primo Ballerino. Ha danzato nel Pas de Trois del “Lago dei Cigni”, ne L’Uccello Azzurro della “Bella Addormentata”, ha interpretato ruoli come Hilarion in “Giselle”, Basilio nel “Don Chisciotte”, Pas de Deux ne “Le Corsaire”, Garmody in “Spartacus”. Nel 1969 ha vinto come danzatore interprete il terzo Concorso per nuovi coreografi dell’USSR a Mosca. Lasciata quella che allora era la Russia, inizia la sua carriera di insegnante e Maître de Ballet per le scuole e i teatri più prestigiosi. Tra le più importanti esperienze ricordiamo: nel periodo dal 1978 al 1982 è stato Maître de Ballet presso “Les Ballets Russes de Montreal”, “Les Grand Ballets Canadiens”, “Ballet Jazz de Montreal”, ed Insegnante presso il “Teatro dell’Opera” di Roma, “Dance Studio di Renato Greco”. Dal 1982 al 1985 è stato Maître de Ballet presso “Aterballetto” di Reggio Emilia e “Arena di Verona”. Dal 1986 al 1992 è stato Maître de Ballet presso il “National Ballet of Canada” di Erich Bruhn, ed Insegnante al “Dance Studio di Renato Greco” a Roma. Dal 1992 al 1995 è stato Insegnante presso il “Teatro dell’Opera” di Roma, e al “Dance Studio di Renato Greco”. Dal 1996 al 2000 è stato Maître de Ballet al “Balletto di Toscana”, “National Ballet of Canada”, “Stuttgart Ballet”, “Teatro San Carlo” di Napoli, “Arena di Verona”, “Badiches Staatstheater – Karlsruhe”. Dal 2001 al 2003 è stato Maître de Ballet presso la “Compagnia della Fondazione Piccinini” di Bari, “Aterballetto”, “Greek National Opera” di Atene, Insegnante dei Corsi Professionali ad “Aterballetto”. Dal 2004 al 2006 ha ricoperto il ruolo di Maître de Ballet presso il “Theather Regensbourg”, “Teatro dell’Opera” di Roma, “National Ballet of Canada”. Victor Litvinov oggi vive a Firenze e collabora con la “International Russian Academy of Art” dove tiene lezioni di Danza Classica Accademica per Professionisti e con “Dancer at Work” diretto da Eugenio Buratti. Carissimo Victor, iniziamo la nostra conversazione con i ricordi legati al periodo della formazione coreutica?
Vengo da un un piccolo centro minerario della vecchia Russia. Gli operai che lavoravano nell’industria locale che produceva metalli, erano per la maggior parte ex carcerati, vi si respirava quindi aria di delinquenza. Io che crescevo in questo clima, ne stavo imparando i codici, ero indisciplinato, non avevo un bel carattere, stavo diventando un piccolo furfante e mia mamma era molto preoccupata per il mio futuro. Il figlio di una sua amica, che era un bambino garbato e dai modi gentili, frequentava una scuola di ballo, allora mia madre decise senz’altro di iscrivermi alla Scuola Comunale di Danza. Con la scuola è poi capitato di fare un piccolo spettacolo a Kiev e, durante questo periodo, l’insegnante ci ha portato a teatro a vedere un vero balletto: si rappresentava la “Fontana di Bachcisaraj”. Rimasi immensamente colpito dal personaggio di Nurali, che ammazzava tutti, il quale mi coinvolgeva con una danza potente, maschile, energica con grandi salti, e da quel momento, ho desiderato immensamente diventare ballerino per interpretare quel ruolo. In tutta la Russia era diffuso l’annuncio che all’Accademia di Kiev (КГХУ) cercavano allievi maschi. Avevo dodici anni quando mia madre mi accompagnò all’esame di ammissione anche se avevo il piede bucato da un chiodo. Furono valutate soprattutto le mie attitudini fisiche e musicali e, quando mi fu posta la domanda di cosa facessi là con un piede ferito, io risposi che il piede sarebbe guarito e che avevo un gran desiderio di ballare e di interpretare quel ruolo. Fra i tantissimi bambini giunti all’audizione ne furono prescelti solo sette, e fu così che a tredici anni, iniziai a frequentare il corso sperimentale dell’Accademia. Sono stato selezionato dall’allora giovanissimo Maestro Vladimir Andreevich Denisenko, che in un solo anno di studio, mi permise di accedere direttamente al quarto corso. Ricordo il clima di collaborazione, e sana competizione, tra allievi grandi e piccoli. Ballavamo, provavamo sempre, negli spogliatoi, nei corridoi. Non perdevamo mai uno spettacolo di danza e il giorno dopo cercavamo di imitare personaggi e variazioni visti a teatro. Durante questi cinque anni trascorsi in Accademia ho rischiato tre volte di essere espulso per il mio comportamento, ma ogni volta il mio Maestro mi ha protetto e ha creduto in me, è stato un amico e un padre a cui sarò grato per tutta la vita. Alla fine del percorso in Accademia, per lo spettacolo di fine anno, erano stati invitati tutti i coreografi e i direttori dei Teatri dell’Opera. Ho danzato cinque diversi pezzi di repertorio di danza classica e dopo lo spettacolo, già nel camerino, ho ricevuto con grande emozione altrettanti inviti nei cinque teatri dell’Ucraina. In platea c’erano anche miei genitori. Ero immensamente orgoglioso e felice. Non si può descrivere la commozione che ho provato. Tutti mi facevano complimenti: allievi, amici, ballerini e tante persone che non conoscevo. Mamma piangeva di felicità, mio padre mi guardava con orgoglio. Ho ricevuto tantissimi fiori, allora li ho presi e sono corso dal Maestro per abbracciarlo. Ero al settimo cielo! Scelsi un contratto da Solista per il Teatro dell’Opera di Odessa. Ballavo spessissimo, entravo in scena almeno una ventina di volte al mese, tra balletti e opere, sia come solista che ballerino di fila. Qualche tempo dopo ho saputo però che il contratto prevedeva un numero molto inferiore di entrate in palcoscenico, e ad una riunione del teatro, non mi sono trattenuto dall’accusare l’intera direzione di truffa. Avevo un carattere deciso, andavo controcorrente e per punizione mi hanno spedito a fare il servizio militare per due anni. Ero disperato, sapevo che non avrei mai più potuto ballare nella vita.
E cosa è accaduto poi Victor nel percorso verso l’Accademia Vaganova e il Teatro di Odessa?
Una volta congedato, ricevetti una lettera dal mio amico Sergei Berezhnoi, primo ballerino del teatro Mariinskij a San Pietroburgo, che mi invitava ad andare trovarlo. Mi convinse a fare una richiesta di ammissione all’Accademia Vaganova. Il direttore dell’Accademia mi chiese di fare dei tour en l’air ed altri passi di danza, al centro del pavimento del suo ufficio, direttamente con gli stivali che indossavo. Fui così ammesso al corso di perfezionamento. Vivevo in casa del mio amico Sergei, quasi ogni giorno lui mi portava in teatro a vedere lezioni e spettacoli. Avevo gran fame di danza, e dopo due mesi di studio in Accademia, con il suo aiuto, ho avuto il permesso di studiare anche in teatro. In classe c’erano Michail Baryshnikov, Yuri Soloviev, Anatoli Nisnevich, Sergei Vikulov, Nikolai Kovmir, Sergei Berezhnoi e tanti altri bravissimi ballerini che, apprezzando la mia volontà di perfezionarmi, mi aiutavano con consigli e incoraggiamenti. Non scorderò mai quando ho incontrato, ancora vestito da pesca, in un corridoio del teatro, Yuri Soloviev che mi ha fermato per indicarmi le sue correzioni sulla variazione dell’Uccello blu. Dopo un anno ero in ottima forma e avevo sempre più fame di ballare. Sergei e Nikolai mi dicevano che dovevo solo avere la pazienza di aspettare che qualcuno andasse in pensione, e avrei avuto il mio posto in teatro. Ma non potevo più aspettare e quindi chiamai Igor Chernichov, allora direttore del Teatro di Odessa, promettendo che volevo tornare solo per ballare. E così a Odessa incominciai a danzare non solo come solista, ma anche come primo ballerino. Ricordo che nel nostro teatro venne ad esibirsi nel ruolo di “Giselle” l’étoile Liliana Cosi, e che Chernichov riuscì a prepararmi per il ruolo di Hilarion in soli due giorni. Nei ruoli principali riuscivo non solo a mostrare la mia tecnica, ma anche la mia interpretazione. Erano tempi fantastici, irripetibili: Chernichov mi fece anche l’onore di scegliermi per il ruolo principale di una sua nuova creazione. Ma la sua carriera di coreografo al teatro di Odessa finì presto, e nuovi problemi con la nuova direzione ed altri miei problemi familiari, mi portarono alla decisione di lasciare la Russia.
Hai lasciato la Russia per l’Italia, sei venuto subito a Roma?
Avevo preso contatti con un vecchio amico, Vladimir Lupov, un collega del Teatro di Odessa, che è stato il primo Maestro della scuola Russa in Italia. Lui mi ha incoraggiato a lasciare la Russia e promesso che a Roma, avrei potuto frequentare le sue lezioni, ma purtroppo, arrivato a Roma, lui era partito per Los Angeles. Non sapevo né dove andare né a chi rivolgermi per studiare. Al mercato di Porta Portese c’erano emigrati russi che vendevano le loro mercanzie, in quel luogo vidi una giovane ballerina, Clarissa Mucci, che misurava scarpe da punta, a lei chiesi dove avrei potuto studiare, lei mi dette l’indirizzo dell’Accademia Nazionale di Roma. Il giorno dopo chiesi il permesso di frequentare le lezioni. Gli allievi erano tutti bravissimi ballerini, studiavamo con il Maestro Juan Corelli. Il suo stile era diverso e mi mancavano lezioni più energiche, così dopo la lezione studiavo da solo. Il Maestro spesso si soffermava a guardarmi, ma quando cercava di dirmi qualcosa io non capivo niente. Un giorno mi scrisse una lettera in inglese, mia moglie parlava inglese. Era un invito a cena. Mi fu presentata una persona che finalmente parlava russo, era il grande étoile Andrè Prokovskyi, il direttore di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. La cena finì a tarda notte. Abbiamo parlato tanto, abbiamo mangiato molto e bevuto parecchio. Alle tre di notte lui mi chiese: “Sai insegnare?” Risposi “Sì”, anche se non lo avevo mai fatto in vita mia. Passai il resto della notte a preparare e a ripetere mille volte la lezione, ma quando sono entrato nella sala da ballo di fronte ad una sessantina di ballerini sorridenti, mi sono emozionato, e dimenticando tutto quello che avevo preparato, ho incominciato ad improvvisare. Il tempo è volato, i ballerini applaudivano, cercavano di dirmi qualcosa, io sorridevo e non capivo. André apprezzò la mia prova, però mi chiese di tenere una lezione meno dura. Il giorno dopo, alla seconda prova, anche se avevo avuto più tempo per prepararmi ho di nuovo improvvisato, nell’eccitazione non mi ero reso conto che il Maestro mi invitava a chiudere la lezione, gli chiesi cosa ne pensava, andammo in direzione a firmare il contratto. Speravo di guadagnare 50 o magari 100 mila lire e quando mi proposero più di un milione al mese, sono quasi svenuto. Mi fui poi chiesto di inaugurare una scuola di danza a due passi dal teatro, il “Centro Studi di danza” di Renato Greco. Così ho cominciato ad insegnare tante ore al giorno fra il teatro, la scuola dell’Opera e quella di Renato Greco. Erano bei tempi, sembrava che tutta l’Italia ballasse, studiavano con me star internazionali, così ho conosciuto Carla Fracci, Rudolf Nureyev, Galina Samsova, Fernando Bujones, Elisabetta Terabust, Eva Evdokimova, Peter Schauffuss, Patrice Bart, Noëlla Pontois, Vladimir Derevianko, Heather Parisi, Gheorghe Iancu, Tuccio Rigano, Alessandro Molin, Svetlana Lunkina, Evgenia Obraztsova, Irma Nioradze, Raffaele Paganini e tanti tanti altri.
Hai qualche aneddoto curioso da raccontarmi?
Sono stato vicino a grandi nomi della danza come Rudolf Nureyev. Di lui ricordo la secca battuta in risposta alla domanda su cosa pensasse di Baryshnikov: “So che quando ballo, lui non dorme”. E quando un noto giornalista, chiese a Fernando Bujones se all’affermarsi di Baryshnikov, si sentisse diventato il numero due dell’American Ballet Theatre, lui rispose “Come si può paragonare Michelangelo a Raffaello?”.
Dall’alto della tua esperienza ed autorevolezza cosa ti senti di dire ai giovani che scelgono la danza come compagna di vita?
Oggi che in Italia l’investimento sulla Cultura in generale è scarso, e il mondo della danza vive un momento particolarmente difficile, consiglierei ai giovani che si avvicinano a questa disciplina di non perdere tempo e denaro nelle scuole dove la priorità è quella di preparare il saggio tutto l’anno. Ma, se si parla di danza come professione, il mio consiglio è di cercare una scuola dove insegnino veri Maestri. Una volta, ai concorsi di danza venivano coreografi e direttori dei teatri, vincere un concorso significava trovare un lavoro, o ricevere premi in denaro. Oggi non è più così, al massimo si può ottenere una borsa di studio o uno stage presso la scuola che vuole farsi pubblicità. Ma se parliamo di danza amatoriale, è bene che i bambini partecipino ai saggi e ai concorsi, sognare è sempre bello, ed è anche importante confrontarsi con altri allievi.
Quali sono state le tue personali esperienze con i Concorsi di danza?
Sono orgoglioso di aver personalmente vinto uno dei più importanti Concorsi internazionali al mondo, ed altri quattro con i miei allievi: nel 1984 al Prix de Lausanne con Eugenio Buratti (Medaglia d’oro), nel 1989 all’International Erik Bruhn Competition di Toronto con Stephen Legate (Medaglia d’oro), nel 1990 all’Usa International Ballet Competition di Jackson con Pierre Quinn (Medaglia d’argento) e nel 1992 al Vignale Prix in Piemonte con Fabrizio Bartoli (Medaglia d’oro). Per esperienza posso affermare tranquillamente che il segreto è riuscire a sostenere un duro lavoro, e seguire i giusti consigli del Maestro.
Victor raccontami dei ruoli sostenuti in carriera, delle emozioni e delle partner artistiche?
Ho ballato molti ruoli emozionanti, ma quello a cui sono più legato, è quello del principe Olchanskiy nel balletto “Svichchina Svadba” coreografato da Igor Chernichov sulle mie caratteristiche tecniche ed espressive. Ricordo poi con particolare nostalgia, l’estate del 1978 quando ballavo “Don Quixote” in diversi festival con Gabriella Borni, eravamo una bellissima coppia che danzava in piena sintonia.
Hai ricoperto il ruolo di Maestro in numerosi teatri internazionali?
Sono stato un apprezzato Maître de Ballet in teatri prestigiosi come il National Ballet of Canada dove il lavoro con Erik Bruhn mi ha dato infinite soddisfazioni artistiche. Ricordo ancora, alla sua scomparsa, le grandi lacrime di Rudolf Nureyev. Ma il teatro che è stata anche la mia casa è senz’altro quello dell’Opera di Roma, in quel luogo ho lavorato sotto la direzione di André Prokovsky, Paolo Bortoluzzi, Lorca Massine, Elisabetta Terabust, Carla Fracci.
Da un po’ di anni vivi in Toscana, che rapporto hai oggi con la danza?
La danza è sempre stata la mia vita, dalla danza ho avuto tutto. Sono sposato con la danza, ed anche oggi continua ad emozionarmi. Da qualche anno mi sono trasferito definitivamente nella mia casa sulle colline fiorentine, e a Firenze, collaboro al progetto “Dancer at Work” di Eugenio Buratti. Abbiamo selezionato quindici allievi con l’intento di farne veri ballerini, per avviarli alla professione del danzatore, preparandoli alle audizioni per trovare occupazione nelle compagnie di danza. Per qualcuno, potrà forse anche essere l’opportunità di ricevere competenze utili all’insegnamento. Da tempo insegno anche presso la “Russian Academy of Art” di Firenze dove la formazione accademica si estende, come comunicazione artistica, oltre alla pittura, anche alla danza.
Dei grandi personaggi della storia del balletto chi ricordi in particolare?
Ho incontrato grandi protagonisti del mondo della danza e senza dubbio sono stato influenzato dal grande rigore con cui Erik Bruhn dirigeva “The National Ballet of Canada”. Nessuno poteva sbagliare, il suo commento di fronte ad un errore era che il “problema” doveva essere risolto. Mi ha poi profondamente colpito il primo incontro con Rudolf Nureyev, era il 1979 a Parigi, tutta la platea era in piedi ad applaudirlo e una folla enorme lo attendeva dopo lo spettacolo, mi sembrava che tutti acclamassero uno Zar. E come, in contrasto mi ha sorpreso la grande spontaneità di Natalia Makarova che si presentò a casa mia a Toronto con una bottiglia di champagne ed una sciarpa in regalo per il mio compleanno.
A tuo avviso qual è la netta differenza tra la danza in Russia e quella in Italia?
Penso che in Russia il balletto sia più popolare che in Italia, anche se non conosco bene la realtà attuale in Russia. In teatri come il Bolshoi di Mosca o il Mariinsky di San Pietroburgo bisognava comprare i biglietti mesi e mesi prima per assistere ad uno spettacolo, era inoltre disponibile al pubblico un vasto repertorio, e un balletto veniva rappresentato due o tre volte a settimana. In tutta la Russia erano solo quattro le Accademie che rilasciavano il diploma di ballerino e le istituzioni garantivano possibilità di lavoro.
Nel ruolo di ballerino hai qualche rimpianto?
Il rimpianto sul mio passato di ballerino è quello di aver smesso troppo presto di danzare. In qualche modo non ne ho avuto il coraggio, ho scelto troppo presto la carriera di Maestro che dava maggior sicurezza alla mia famiglia. Ero troppo occupato con l’insegnamento e cambiavo città e paesi frequentemente. Mi è capitato addirittura di non aver potuto accettare la proposta di ballare Tebaldo in “Romeo Giulietta” con Carla Fracci, perché ero impegnato in un teatro ad insegnare.
Victor quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Qualche anno fa sono tornato a Kiev in occasione della grande festa per l’ottantesimo compleanno del mio primo Maestro Vladimir Andreevich Denisenko e ho vissuto la grande emozione di dare lezione al Teatro di Kiev. Non ho un particolare sogno nel cassetto Michele, ma forse San Pietroburgo potrebbe essere un desiderio, se si presenterà in futuro l’occasione.
Un consiglio da Maestro per chi vuole intraprendere la carriera professionale?
Sono consapevole che la danza in Italia oggi vive una grande crisi, però a tutti i giovani che vogliono dare inizio alla carriera di professionisti, vorrei dare il consiglio di non mollare mai e di continuare a seguire le proprie ambizioni.
Come ti piacerebbe definire l’arte della danza?
La Danza è forza, energia, adrenalina, è una fatale attrazione. La danza è la mia vita!
Intervista a cura di Michele Olivieri