Nasce all’interno dell’iniziativa M’illumino di meno, l’idea di mettere in scena questo monologo eco-sostenibile con un solo protagonista: Daniele Ronco. “L’idea di mettere in scena Mi abbatto e sono felice nasce dalla riflessione che mi ha accompagnato nei mesi successivi alla morte di mio nonno, una persona che mi ha insegnato tanto e che stimo infinitamente per la condotta di vita esemplare perseguita durante i 91 anni trascorsi su questo pianeta”. Queste sono le parole chiave per entrare in questo viaggio tra passato e presente, con un occhio critico ma speranzoso al futuro. Si parla di un mondo che non c’è più, ma proprio per questo diventa necessario recuperarlo e non a fini nostalgici ma perché “siamo come passeggeri dentro un’auto lanciata a grande velocità contro un muro”.
È un personaggio particolare quello che sale sul palco, una via di mezzo fra un contadino scarpe grosse e cervello fino ed un ragazzotto delle nostre campagne piemontesi che si pone delle domande e fa dei paragoni. Il luogo scelto per questa storia collettiva è uno spazio importante per la città di Torino, siamo nell’Aula Magna del Politecnico, grande sala che ha visto passare i nomi illustri della tecnica e della storia italiana degli ultimi 100 anni. C’è una pedana al fondo, e l’unica scenografia che vediamo é una bicicletta collegata con un impianto luci. Capiremo poi che solo pedalando in modo continuativo potremo vedere ciò che succede perché é il movimento che dà energia ad una dinamo a cui sono collegate le luci.
E non è facile per Daniele, disturbato continuamente dalle entrate ed uscite in sala (infatti le porte sono proprio di fianco al palco), restare dentro la storia, mettere l’energia per attrarre l’attenzione del pubblico (non molto numeroso, ma troppo disperso in quella marea di poltrone che ha di fronte), e pedalare continuamente mentre racconta le storie della sua famiglia. Oltretutto l’acustica è tutta particolare. Insomma una buona prova d’attore che egli supera egregiamente dimostrando sangue freddo e buoni polmoni. E si parla di crisi politiche, di pil, di vegeterianesimo, di tempo perso in coda dentro un’automobile, di centri commerciali, del “Mi sai pà” intercalare del nonno che in italiano significa ‘non so’, ma anche molte altre cose se detto in particolari momenti.
E l’amore per il nonno emerge dal suo sguardo, dal recupero di frasi e situazioni che ha vissuto da bambino, a cui forse subito non aveva o no poteva dare importanza, ma che adesso acquistano forza e significato. Quanti di noi non vorrebbero poter tornare indietro negli anni, solo per potere ancora una volta parlare con queste figure importanti della nostra infanzia, a cui non abbiamo potuto o voluto dare l’importanza che si meritavano, e finalmente ascoltarli. Spettacolo apparentemente semplice, ha in realtà più piani di lettura ed interpretazione e ritengo importante portarlo in luoghi non classici del Teatro, come scuole, università, strada. I ragazzi – perché gli spettatori erano soprattutto studenti – hanno apprezzato ed applaudito a lungo.
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Produzione Mulino ad Arte, 2015
di / Daniele Ronco (ispirandosi a La decrescita felice di Maurizio Pallante)
con / Daniele Ronco
regia / Marco Cavicchioli
elementi di scena / Piero Ronco, Federico Merula, Lorenzo Rota
Realizzato con il sostegno di / Teatro Tangram, Fondazione Live Piemonte dal Vivo, Città di Orbassano, Comune di Cumiana
genere / teatro di narrazione
durata / 60 minuti