Bello lo spettacolo di ieri sera. Il pubblico, molto numeroso, e tipico delle prime al Carignano, era decisamente di buon umore per almeno due motivi: alle 19.30 a Torino c’era ancora molta luce e la primavera già inoltrata regalava tepore e voglia di uscire, e poi quello che stavano per vedere, sapevano li avrebbe gratificati.
Testo particolare quello scritto dal Goldoni nella prima metà del ‘700, che all’epoca fece molto scalpore e mise, come sempre succede nelle migliori società, i figli contro i padri. O meglio mise in discussione un certo modo di vita ed una visione che, a parere dell’autore, avrebbe portato grossi problemi alla Repubblica Veneta.
Si parla di un figlio privato dei genitori fin da piccolo, e costretto a vivere con uno zio molto lontano: a Napoli, e che nell’immaginario dell’epoca lo era davvero tanto. Qui, per una serie di motivi, che a noi è solo consentito immaginare, diventa mentitore incallito e ben presto è costretto a scappare per evitare guai sempre più grossi. Arriva a Venezia, anche perché il padre, il famoso Pantalone Bisognosi, lo sta aspettando a braccia aperte dopo che ha annunciato tramite lettera il suo arrivo. Ma il vizio del mentire se lo porta dietro ed insieme ad Arlecchino suo servo, ha subito occasione di conoscere le figlie del Dottor Balanzoni, Rosaura e Beatrice, che si godono sul terrazzino di casa la serenata di unincognito ammiratore, Florindo, amico di quel Brighella che cercherà in tutti i modi di far venire a galla la verità.
“Il bugiardo – scrive il regista – è una commedia celeberrima, ricca di gag e di fulminanti trovate comiche. Gli equivoci che danno vita alla storia non sono però voluti solo da un festoso gusto teatrale, ma sono il risultato di una patologia tutta umana: il protagonista, Lelio, con le sue continue menzogne, innesca un meccanismo perverso e inesorabile che lo porterà alla rovina, al violento allontanamento dalla società in cui tenta disperatamente di inserirsi. Lelio è uno sbruffone e un bugiardo, ma è sostanzialmente un disadattato, vittima di una società troppo seria, troppo avida e incapace di affetti che non siano dettati dall’interesse o dal conformismo. È un essere umano dimenticato da tutti, addirittura dal padre, assente fin dalla sua giovinezza. Insofferente alle costrizioni, tenta di liberarsene con ogni mezzo, ma è tutto inutile: Lelio, che vive in un mondo tutto suo, è vittima del mondo degli altri. Ostaggio del mondo ipocrita e piccolo borghese di Pantalone, nella sua rivolta contro il mondo dei padri, appare quasi un seguace di Don Giovanni.
Attorno a questa figura tragicomica ruota una galleria di personaggi buffi e crudeli, avidi, sospettosi e creduloni. È una commedia divertentissima e cattiva. Il malessere e la paura serpeggiano tra le battute frizzanti. Come aveva capito benissimo Fassbinder, e come sostiene con acutezza Roberto Alonge, Goldoni è un autore moderno, con lampi di vera contemporaneità.”
Ciò che più colpisce di questa messa in scena è la mancanza di un primo attore. O meglio lo sono tutti, perché ognuno aggiunge profondità e spessore alla propria maschera e quindi lungi dall’essere una macchietta diventano viceversa credibili, divertenti e affatto scontati. E forse il fatto di provenire dal mondo del cabaret, ha impedito a Maurizio Lastrico, il Lelio della situazione, di non esserlo anche lui (un primo attore).
Da sottolineare un fantastico Arlecchino, una dolcissima Colombina ed un notevole Pantalone. L’uso del dialetto, non solo veneto, era molto comprensivo ed utile, così come la caratterizzazione del timbro di voce, che ha costretto alcuni attori a dar fondo alle proprie capacità attoriali per poter essere compresi da tutti e non rovinarsi le corde vocali. Interessanti i cambi scenografici che, pur nella logica della ricreazione degli ambienti con pochi oggetti, avvenivano durante lo spettacolo, ricordandoci sempre che assistevamo ad un gioco teatrale e chi si divertiva non erano solo gli attori ma anche il pubblico.
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IL BUGIARDO
di Carlo Goldoni
adattamento Valerio Binasco
con Maurizio Lastrico
e Popular Shakespeare Kompany
produzione Fondazione Teatro Due/Popular Shakespeare Kompany
Colombina Maria Sofia Alleva
Dottor Balanzoni Fabrizio Contri
Ottavio Andrea Di Casa
Pantalone Michele Di Mauro
Beatrice Elena Gigliotti
Lelio Maurizio Lastrico
Rosaura Deniz Özdŏgan
Brighella Nicola Pannelli
Arlecchino Sergio Romano
Florindo Roberto Turchetta
Cameriere/vetturino/portalettere Simone Luglio