di Simona Izzo
con Simona Izzo e Ricky Tognazzi
e con Giuseppe Manfridi e Kiara Tomaselli
Scene Massimo Bellando Randone
Costumi Moris Verdiani
Musiche Bentmont
Regia Ricky Tognazzi
Produzione Angelo Tumminelli
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In trent’anni di attività ho firmato la regia di circa trenta film e di una sola commedia, mentre di altre sono stato interprete. Da David Rabe a Stefan Berkoff, ho sempre prediletto testi di drammaturgia contemporanea, per lo più di ascendenza anglosassone (unica eccezione, ‘Art’ di Yasmine Reza). Comprensibile, visto che una parte di me è in quel mondo che affonda le sue radici, sia anagrafiche che culturali.
Ha senso ricordarlo al momento in cui affronto il mio primo copione di autore italiano. Anzi, di autrice. Anzi, di Simona. Sicché, della persona che più di ogni altra è mescolata al mio universo creativo in un febbrile rapporto di reciproche sollecitazioni (da trent’anni, in perfetta consonanza col mio curriculum professionale!). Ma a prescindere da questo, “Figli, mariti, amanti” ha molti tratti affini ai titoli con cui già mi sono confrontato. Innanzitutto, la straripante forza ritmica, l’esuberanza di dialoghi, l’incalzante capacità che hanno le battute di mordersi l’un l’altra.
A questo pensavo mentre Simona mi leggeva la prima versione del testo, nata di getto. La cosa merita di essere sottolineata poiché già racconta molto della commedia, che ha il suo marchio più vitale proprio in una verbalità magmatica, a tutto tondo. Tonificante e tossica al tempo stesso. Voci che si intrecciano le une alle altre maturando relazioni, caratteri, personaggi e, infine, una storia. Tant’è che il lungo lavoro successivo di revisione, le innumerevoli limature e correzioni, non hanno affatto stemperato questo tratto di irruenza originario. Semmai, lo hanno affinato al massimo grado.
Dalle voci in collisione mi è stato facile immaginare lo scaturire, con prepotenza comica, di corpi, di fisionomie e di situazioni. Mi è stato anche facile intuire il calco reale di tante circostanze e di talune battute, come il tic di un amico o la fragilità di un altro. Le fonti umane, insomma; le persone che precedono i personaggi. Ma si sa: così si scrive, così si crea. Importante è che poi il testo sappia far dimenticare i suggerimenti della realtà e assumere carattere autonomo, offrendosi allo spettatore come un racconto in cui riconoscersi e immedesimarsi.
La nostra storia, che si snoda in presa diretta come fosse un lungo piano sequenza, inizia di sera e prosegue con l’avanzare della notte all’interno di un sofisticato loft destinato a trasformarsi da dimora accogliente in territorio di scontri e riconciliazioni.
Una coppia, addestrata a battibecchi resi ormai innocui da una consolidata tradizione di schermaglie domestiche, subisce l’intromissione proditoria di una seconda coppia composta da una vecchio amico in perenne stato di necessità e da una sua recente e assai più giovane compagna. I due trascineranno a casa dei primi l’onda lunga di una litigata furibonda e impietosa che getterà anche costoro in un rutilante vortice di rinfacci senza esclusione di colpi dando corpo alla messa in campo di un alterco assoluto, denso di colpi di scena e tessuto da battute fulminanti. D’altronde, quando si è in presenza di un contenzioso ad alta temperatura, gli esseri umani, per difendersi, sanno affilare le armi verbali al punto che, nel pathos del momento, si rivelano addirittura capaci di comporre endecasillabi perfetti.
Due relazioni – una coniugale, l’altra estemporanea – si fonderanno, dunque, in una girandola di malintesi e permalosità sino a ricomporre il paesaggio di una nuova armonia. Se più forte o più precaria della precedente è materia offerta alla discussione.
In quanto al Maschio Superfluo, cui si accenna nel sottotitolo,: spero di non essere Io.
Ricky Tognazzi
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SALA UMBERTO
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Martedì ore 21, mercoledì ore 17, giovedì e venerdì ore 21, sabato 17 e 21 domenica 17
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