Superato l’ingresso dell’Anfiteatro romano di Fiesole si viene invitati a seguire un sentiero che porta ad attraversare i vicini scavi archeologici. Ci si ritrova in una sorta di “ridotto” dell’anfiteatro, immerso nel verde, minimalista, raccolto, rustico, fresco.
Un piccolo palco senza sipario ed una scenografia che ritrae una modesta cucina degli anni ’80.
In scena solo due attori, Francesco Sframeli e Spiro Scimone.
Sono loro l’anima e il cuore de “La Compagnia Scimone Sframeli” (nata a Messina nel 1994, mette in scena principalmente testi di drammaturgia contemporanea).
L’opera che va in scena è “Nunzio” (1994), scritta e interpretata da Scimone, in dialetto messinese e con Francesco Sframeli e la regia di Carlo Cecchi.
Ha ispirato il film “Due amici” vincitore del Leone d’oro come migliore Opera Prima alla 59ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Due amici siciliani emigrati: Nunzio e Pino. Due vite bruciate, un’amicizia sincera. Vicenda strana ed intrigante di persone comuni che nascondono sventure ignote per sopravvivere in una fumosa metropoli europea… Londra, Milano o una banale cittadina del nord.
Il ritmo è martellante e serrato, cantilenante, quello di una vita quotidiana, sempre uguale a sé stessa, ma allo sbando. Dialoghi fatti di soprattutto di domande e risposte ribattute, ossessivi nelle sue ripetizioni, si respira rassegnazione, affetto e tenerezza, tanta tenerezza, per il personaggio di Nunzio.
Lui è solo, ingenuo, bisognoso di attenzioni, affetto, ma soprattutto di cure – è malato Nunzio, ha una brutta tosse provocata dalle polveri respirate a lavoro, ma il suo capo lo sta aiutando con delle misteriose pillole, e poi lo sta aiutando anche il Sacro Cuore di Gesù (sempre presente in scena l’icona religiosa) al quale Pino si appiglia nei momenti peggiori.
Poi c’è Pino, giramondo misterioso, evidentemente costretto a viaggiare da una forza superiore che gli dà lavoro e lo spinge lontano da casa.
È un’opera che vive di piccoli gesti quotidiani, affettuosità e battibecchi complici tra due anime sole, due uomini ai margini della vita, entrambi incapaci di decidere del proprio destino, l’uno sempre in giro, per misteriosi incarichi, forse un killer, costretto a ubbidire agli ordini di un invisibile mandante, l’altro ad affidarsi alle pasticche e al lumicino acceso davanti all’immagine del Sacro Cuore, nel rifiuto di ammettere la malattia che lo sta uccidendo.
Uno pare aspettar la morte, l’altro la dà.
Ed è proprio il brindisi finale alla Morte, bicchiere di vino rosso in mano, circondati dalle rassicuranti pareti domestiche, che spiazza, illumina e fa sorridere.