Il teatro
Risvegliare questo teatro dal nome antico e un po’ desueto, che da trentatré anni dorme sonni a volte inquieti, come tutti i palcoscenici che soffrono le luci spente, è una sfida culturale, prima ancora che artistica, affascinante. Sia per la sua lunga storia, iniziata a metà dell’Ottocento, che per l’impresa in sé.
Ridare un’anima, un’identità, uno stile, e anche una ragione per esistere e un metodo di lavoro, a questo gioiello restituito alla città di Milano splendidamente restaurato dall’iniziativa privata all’insegna di un mecenatismo culturale di stampo rinascimentale, lo è ancora di più.
Cuore pulsante di uno spazio nuovo e ricco di funzioni, con le sue due sale per incontri e conferenze, la sala esposizioni, la caffetteria, il Teatro Gerolamo, nato come teatro per marionette e diventato poi palcoscenico di arti varie, nella sua nuova vita si ispira da un lato alla grande lezione del suo passato, e dall’altro sta con orecchie bene aperte alle voci del presente.
Tecnicamente si presenta come un Teatro di Varietà con la “V” maiuscola, nel senso più nobile della parola e nell’accezione più vasta del termine. Il suo stile è quello di un’eleganza naturale, semplice e sobria, e il suo progetto artistico si snoda lungo le linee guida di un’originalità curiosa, abbinata alla qualità delle proposte. Il suo direttore artistico Roberto Bianchin, narratore e giornalista, che arriva dal Teatro La Fenice di Venezia dov’è consulente artistico del sovrintendente, parla di “scrigno dei sogni” e di “teatro dell’insolito”.
Sono soprattutto tre i settori di intervento privilegiati: i concerti di musica classica, i monologhi di prosa, i recital di canzoni d’autore. Regolari incursioni sono in programma nei territori della danza contemporanea, del nuovo circo, della musica jazz. Senza tralasciare i segnali della memoria: dal teatro per marionette ai teatri dialettali. Alcuni spettacoli saranno accompagnati da mostre in tema e giornate di studio realizzate in collaborazione con il dipartimento di storia dello spettacolo dell’Università degli Studi di Milano.
Con il cuore piantato a Milano e lo sguardo rivolto all’Europa, il Teatro Gerolamo si fa inoltre promotore dell’associazione culturale “Piccoli Teatri Europei dell’Ottocento”, che raggruppa strutture con analoghe caratteristiche architettoniche di teatri all’italiana e una capienza non superiore ai duecento posti, al fine di difendere e valorizzare questo ingente patrimonio culturale e promuovere lo scambio di produzioni, spettacoli e iniziative.
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Il restauro del teatro Gerolamo
La riapertura di un teatro molto amato a Milano apparve subito unico e complesso obiettivo, poiché la salvezza dei decori di sala, nascosti da teli che ne offuscavano il valore, appariva problematica, la dotazione di impianti era carente, soprattutto i meccanismi lignei del palcoscenico erano ormai scomparsi, assieme alla decorazione di tutti gli ambienti esterni alla sala.
I criteri con i quali il lavoro si è compiuto riguardano il consolidamento strutturale, il restauro conservativo, la ricostruzione delle mancanze, come l’allestimento della nuova macchina scenica, di flessibile utilizzo, i nuovi impianti, che in modo poco visibile al pubblico permettono il funzionamento del teatro consentendone la messa a norma, e anche il nuovo utilizzo degli spazi limitrofi come il piano cantinato e il piano secondo, in un confronto continuo con la programmazione della direzione artistica.
Di fronte a questo monumento non è possibile disgiungere gli obiettivi del progetto dalla tradizione classica del teatro all’italiana, di cui la Scala è esempio illustre: il Gerolamo vi appartiene, tra i più piccoli, senza esserne una parodia. Costruito in pochi mesi nel 1868, abbina la scelta tipologica al carattere popolare che la scena delle marionette, riduzione degli spettacoli d’opera, richiede: la grande folla accorsa all’inaugurazione ne è conferma.
“Se non ci si scrivesse al di fuori ‘Questo è un Teatro’, nemmeno Edipo ne indovinerebbe l’uso cui è destinato” scriveva il Milizia a proposito della sala dei Primi a Pisa, la cui facciata era indistinta tra gli edifici adiacenti: annotazione che ben si addice a questo teatro invisibile all’esterno e misurato con il cortile interno.
Il Gerolamo è ulteriore esempio della modalità costruttiva che è tipica delle strade di Milano e ne costituisce l’essenza, nascondendo i segreti degli spazi interni, corti sorprendenti per ciò che contengono e svelano: “città tutta di pietra in apparenza e dura, ma morbida invece di giardini interni” come scriveva Savinio.
Altro merito va al Gerolamo, poiché, durante il tempo del suo cantiere si è spesso creata un’atmosfera unica, che definirei pre-professionale, tra tutti coloro che vi erano coinvolti, dominati spesso da un senso di meraviglia e di avventura che superava le singole specializzazioni e interpretazioni, artefici di un mondo sospeso nel tempo.
Questo è stato il vero progetto.
Il restauro dei palchi, sobrio e insieme fastoso decoro della sala, scena “fissa” del teatro, va alla scoperta del gusto, dei colori e dei temi di un tempo, dove gli strumenti musicali si alternano alle fiabe e ai personaggi dello spettacolo. Stratigrafie puntuali hanno permesso il riconoscimento dell’aspetto iniziale soprattutto per quanto riguarda l’atrio ottagonale e i decori di sala, non dimenticando tuttavia le reiterate sovrapposizioni che le epoche successive hanno aggiunto.
Un adeguato disegno in chiaroscuro con sottili cornici d’oro appartengono ora al soffitto.
Si tratta di un abito nuovo, confezionato tenendo conto di quelli sdruciti che non vanno dimenticati, che lascia inoltre intendere nuove possibili altre vestizioni che il Gerolamo, bontà sua, sarà in grado di concedere.
Questa tensione si può riassumere nell’accostamento di pareti rosse a pareti verdi, di sedie rosse nei palchi a sedie verdi in platea. L’introduzione di una preziosa e raffinata tappezzeria di disegno neoclassico si accosta da vicino alle assi verniciate dei retropalchi, mantenendo viva la frequentazione di generazioni che ci hanno preceduto.