Un bel concerto che mette in luce uno dei più bravi cantautori italiani, Gianmaria Testa scomparso il 30 marzo 2015 a causa di un tumore alla testa, “RossinTesta”, andato in scena al Teatro Il Celebrazioni di Bologna è stato questo: un bello spettacolo dal punto di vista musicale e la scoperta, per chi non lo conoscesse, di un artista che ha trasformato la canzone in racconto e in poesia, seguendo una scia di nobilitazione della stessa che strizza l’occhio a un certo tipo di cantautorato, soprattutto francese, e che tanto ha preso anche dal teatro e dai suoi artisti. Quello che è mancato è stata la vena di comicità pungente, di satira, di sberleffo che tutti si aspettavano da Paolo Rossi ma che si è ridotta a qualche momento di siparietto con il pubblico e a poche battute anche rispetto agli episodi di vita, di amicizia, di condivisione artistica tra il cantautore piemontese e il comico milanese.
Lo spettacolo, diviso in quattro parti, viene introdotto da Rossi con un manuale d’uso nel quale si tiene a precisare, in prima istanza, che non ci troviamo davanti a una celebrazione, a un omaggio, bensì stiamo assistendo a un racconto di vita, di amicizia, di sodalizio artistico tra Gianmaria Tesata e Paolo Rossi. Gli aneddoti, in realtà molto pochi, mettono in luce l’aspetto goliardico e non commemorativo del loro rapporto, puntando anche sul cinismo del comico che non si ferma davanti a niente, nemmeno alla morte.
La prima parte è dedicata ai brani che hanno sfumature teatrali nel loro DNA, sia perché pensate proprio per il teatro, come ad esempio i brani scritti per due spettacoli di Paolo Rossi, “Arlecchino” e “Molière”, sia perché parlano di maschere, come quella di Arlecchino, cui saranno dedicate due canzoni, una maschera da tutti vista come furbastra ma che Testa rende una maschera degli inferi, una maschera ingabbiata dal suo essere tale, tanto da chiedersi “è tutta la vita/che abito un altro/e da tutta la vita mi chiedo/quell’altro chissà cosa pensa/quando pensa di me”. Si procede poi con il secondo capitolo, che intende sottolineare il rapporto del cantautore piemontese con le donne, anche e soprattutto la difficoltà e i fraintendimenti sottesi nelle questioni amorose: “Sento che hai messo/la tua voce da combattimento/per dirmi parole che conosco già/chissà perché dovrei star qui/ad ascoltarti”. Ben si presta la battuta di Paolo Rossi che elenca le quattro regole del matrimonio “Primo: una persona che ti accetti così come sei. Secondo: una persona che ti stimoli, creativamente e culturalmente. Terzo: una che ti stimoli anche fisicamente. Quarta regola: che queste tre persone non si incontrino mai!”
Il comico decide anche di aprire una parentesi, racchiusa nel terzo capitolo dello spettacolo, incentrata su un altro cantautore del panorama italiano scomparso nel 2013: Enzo Jannacci, amico del comico e cantautore ironico, irriverente, cinico, sfacciato e impertinente. Lo spettacolo si chiude con il quarto capitolo, dedicato alle scelte politiche, nel tempo in cui si cercava una strada politica da intraprendere. Bellissima l’interpretazione de “La giostra”, brano dedicato alla loro generazione e ai sogni giovanili “strampalati e veritieri”.
La scoperta in questo spettacolo è sicuramente la qualità canora del comico milanese. Stupisce la sua voce profonda e penetrante accompagnata dalla grande capacità mimica e di interpretazione. Le canzoni di Gianmaria Testa, con questo mix di voce e interpretazione, e con la bellissima musica della band “I Virtuosi del Carso”, gruppo arricchito da una strepitosa e bellissima polistrumentista Bika Blasko, sono riecheggiate all’interno del teatro stimolando pensieri, stuzzicando la fantasia e, speriamo, anche la curiosità di chi voglia approfondire l’opera di un grande cantautore italiano, troppo poco conosciuto.