Domenica 30 gennaio, Teatro Franco Parenti
con Valerio Mastandrea
Testo e regia | Mattia Torre
Musiche | Giuliano Taviani
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Il tiramisù è vita, anzi, l’uovo è vita.
Già dal gesto per rompere un uovo si può capire che persona tu sia.
Alfredo Beaumont, anonimo segretario personale telefonico per ricchi desiderosi di checchessia, non è in grado di romperlo bene e il suo tiramisù diventa più simile a pongo che a un squisito dessert.
La sua vita si dipana tra soprusi a catena e nessuna capacità (o voglia) di reagire ad essi.
Solo buone maniere e la ricerca del fare la cosa giusta, per essere migliore.
Poi il dramma. Compie un omicidio, non voluto, forse evitabile, ma fondamentale per la sua vita.
Assolto, lentamente si trasformerà, riempiendo quel vuoto di personalità che lo contraddistingueva.
Prima la non accettazione delle angherie altrui, poi la sicurezza con le donne, che improvvisamente sono attratte da lui, infine la scalata della piramide sociale, dove sarà lui a potersi permettere le vessazioni verso gli altri.
Fino all’estremo atto, per l’età moderna, di menefreghismo assoluto: fermare il traffico, nonostante il verde del semaforo, per godersi un raggio di sole
Homo homini lupus. L’uomo è lupo per l’uomo.
Alla fine Alfredo romperà quell’uovo con un colpo solo, alla maniera degli chef stellati.
Perché la trasformazione è completa.
Perché è diventato migliore.
Monologo scritto e messo in scena nel 2005 da Mattia Torre, autore teatrale, televisivo e sceneggiatore romano, che nel monologo teatrale ha trovato la forma di scrittura che predilige, il ‘Migliore’ nasce dal ripensare a questa Italia, nonostante non si faccia mai menzione geografica, in cui molti hanno fatto carriera grazie ad un misto di prevaricazione, cinismo, scaltrezza e indifferenza. Il testo non solo non ha perso smalto, ma se possibile ha messo ancora più a fuoco la sua micidiale cattiveria.
Il sodalizio, poi, con Valerio Mastandrea che dà vita a un personaggio noir nella sua assoluta normalità, segna la visibilità dello spettacolo.
Le implicazioni socio-filosofiche di questo monologo sono pesanti e, seppur alleviate dalle molte battute che puntellano lo spettacolo, gravano sullo stomaco di chi esce dal teatro, seppur sorridente.
Nessuna giustizia, terrena o superiore, punisce la trasformazione del protagonista.
Anzi verrà premiato dopo questo improvviso inaridimento spirituale e morale, conquistando donne e potere.
Il testo è un turbinio che ti trascina con sé e che in una spirale sempre più avvolgente ti porta a ridere anche quando forse non ci sarebbe da ridere, come la vendetta sul cane del vicino o l’approccio violento del protagonista con la figlia del capo.
Anche in questo c’è trasformazione, ma del pubblico, che, come i vessati guardano ai prepotenti con un misto di servilismo e ammirazione, è portato ad immedesimarsi nel protagonista e a capire il suo punto di vista.
La regia, minimalista, fatta solo di movimenti geometrici, è di particolare effetto e per l’ottimo uso delle luci e per le musiche originali di Giuliano Taviani.
È difficile delineare, infine, la prestazione di Valerio Mastandrea, perché per ogni elogio ci si dimentica qualcosa della sua interpretazione.
Se la necessità in un monologo è quella di mantenere sempre alta la concentrazione e l’attenzione del pubblico, con Mastandrea il problema non si pone.
Non interpreta un solo personaggio, Beaumont appunto, ma tutto l’universo che gli sta accanto, dal vicino di casa, amante di proverbi e di improbabili citazioni, fino alla figlia del capo, manager dell’azienda in cui lavora.
Il tutto passando per suore, netturbini, clienti, parenti, vicini di casa e persino un cane.
La tavolozza del monologo allora si colora di mille sfumature, una voce per ogni personaggio.
Il ‘Migliore’ dà prova di classe, sobrietà, essenzialità. Ha la capacità di creare una straordinaria empatia con il pubblico. E di non abusarne.
A fine spettacolo, in una sala gremita, grandi applausi, sinceri, che già avevano contraddistinto, in almeno un paio di occasioni, lo scorrere del monologo.
Notati nel pubblico, in sala, Alessandro Cattelan, Gepi Cucciari e Valerio Aprea.
Rimane una sola domanda nella testa: io, in una scala fra Beaumont prima e Beaumont dopo, dove mi pongo? Proverò a rompere un uovo.
Lo spettacolo è il primo di una trilogia dedicata all’opera di Torre (dal 14 al 19 marzo 2017 sarà la volta di “Qui e ora”, dal 16 al 21 maggio di “4 5 6”) al Teatro Franco Parenti.