Mario Perrotta crede nel teatro, non solo nel suo teatro. Crede nello scambio di energia che si crea attorno all’evento dal vivo, tanto da voler dilatare il tempo dell’esperienza teatrale ben oltre i limiti della durata dello spettacolo, progettando e realizzando con sempre maggiore frequenza dei veri e propri kolossal, apparentemente utopistici in tempi di austerità, ma capaci di coinvolgere un numero elevato di artisti oltre che intere comunità di spettatori. È il caso di progetti come “Bassa Continua” o “Una notte sull’Altipiano” del 2015 o di “Versoterra” del 2016, con spettacoli articolati in diverse stazioni narrative e distribuiti su territori vasti, che abbracciano più comuni e che possono durare per giorni interi.
Il qui ed ora che fa da principio primario e distintivo del teatro, unisce la gloria olimpica del passato con le necessità più prosaiche dell’oggi: la tangibilità di un evento concretamente verificabile davanti a noi assume i tratti dell’antidoto in tempi di post-verità, così inconfutabilmente reale da potersi permettere di svanire nel nulla come cipria nell’aria dopo la parola fine, senza lasciare traccia in nessuno strumento di memoria riproducibile se non nel ricordo soggettivo, tutto interiore e persino fallace di ogni singolo spettatore. Sono questioni di ordine generale, degli universali che appartengono alla teoria oltre che alla pratica del teatro, ma sono anche gli spunti che sgorgano spontaneamente alla fine dello spettacolo, quando Mario Perrotta si intrattiene con appassionata generosità assieme al pubblico pescarese, raggruppatosi attorno all’ultima replica del suo acclamatissimo “Milite Ignoto – quindicidiciotto”, in occasione del Festival “La Cultura dei Legami” organizzata dalla compagnia Teatro Immediato.
Forse il teatro di Perrotta non è mai stato un rappresentante cristallino del fortunato filone della narrazione, rispetto al quale si è mosso su binari spesso paralleli, ma in questo lavoro il confronto giunge a chiarimenti definitivi, toccando punti di riflessione interessanti. L’attacco di “Milite Ignoto – quindicidiciotto” mostra per certi versi i tratti del linguaggio cinematografico. Il ritmo della parola è subito alto, cadenzato con nettezza, tanto da creare un effetto tambureggiante di tipo eufonico, che raggiunge lo spettatore lungo livelli diversi: uno musicale, dove domina il suono dei significanti; l’altro razionale, attivato dal significato delle parole “percosse” dall’attore (quasi un aédo in questa primissima sequenza). E le parole non si legano tra loro per cucire la trama di un racconto coeso, non ancora. Per ora decidono di lanciare singole immagini che si susseguono come scatti fotografici, seguendo il procedimento – per l’appunto – del montaggio filmico. Perrotta segue l’urgenza di rendere da subito la dimensione disumana della trincea, che nessun resoconto tecnico o puramente storico può ricostruire nelle sensazioni.
Una volta costruito questo ponte, la pasta della comunicazione si apre, ma il narratore resta vestito da una sorta di manto cangiante, ad onta dei vestiti semplici materialmente indossati. Perrotta non incarna un personaggio scelto a testimone di una storia, con il quale magari giocare entrando ed uscendo dalla narrazione in prima persona. Il pastiche linguistico è l’altro elemento forte di “Milite Ignoto” attraverso il quale sembra unirsi nelle fattezze di un unico individuo un intero popolo di italiani ed un intero intrico di dialetti italici. Le singole frasi possono avere un abbrivio in lombardo per poi concludersi in siciliano, inciampando magari in un avverbio toscano. Fuori dagli stilemi, questa ricerca verbale inquadra la vicenda storica e tragica della guerra dentro una prospettiva spietatamente umana e semplice, passando dalle sofisticate analisi degli studiosi al ragionamento immediato della gente comune. La condizione di disumanità si accompagna così con una sensazione epidermica di illogicità, che connota il piano delle decisioni politiche, ma che lo sguardo degli umili smaschera con immediatezza. Prova di notevole precisione attorica da parte di Perrotta lungo una performance in cui il ritmo mantiene una frequenza altissima e costante, pur mascherandosi dietro apparenti momenti di alleggerimento costruiti a favore della fruizione.
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“Milite Ignoto – quindicidiciotto”
uno spettacolo di e con Mario Perrotta
tratto da “Avanti sempre” di Nicola Maranesi
e da “La Grande Guerra, i diari raccontano” un progetto a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi per Gruppo editoriale L’Espresso e Archivio Diaristico Nazionale
Regia: Mario Perrotta
Collaborazione alla regia: Paola Roscioli
Luci e suoni: Eva Bruno
Organizzazione: Silvia Ferrari
Produzione: Permàr Produzione Permàr / Archivio Diaristico Nazionale / dueL / La Piccionaia
in collaborazione con la Struttura di Missione per il centenario della Grande Guerra
e l’Archivio Diaristico Nazionale
Festival “La Cultura dei Legami” 2017 – Terza edizione “L’Erranza, Le Comparse” direzione artistica Edoardo Oliva – Teatro Immediato, Pescara