La satira di Sabina Guzzanti è tagliente, diretta, a tratti perfino dolorosa, perché ha la capacità di metterci a nudo di fronte a noi stessi, con uno sguardo profondo su quello che siamo in quanto esseri sociali e socializzati.
Eppure, con indubbio talento, riesce a fare tutto questo costringendoci ridere a crepapelle, tenendo il palco con un ritmo sempre crescente, da vera mattatrice di un teatro al completo.
Un grande carisma e un’incredibile capacità espressiva.
Come ne venimmo fuori è un monologo geniale e ben costruito: con qualche improvvisazione all’interno di un copione serrato, la Guzzanti si immedesima in una donna appartenente ad un ipotetico futuro “roseo”, impegnata a pronunciare un discorso commemorativo per la fine del cosiddetto “secolo di merda”, il nostro.
Grazie a questo stratagemma narrativo riesce ad estraniarsi dalla nostra società e a raccontarla con uno sguardo terzo, distaccato, disincantato e sarcastico, mettendo a nudo tutti i difetti e le pieghe più oscure della contemporaneità.
Dal nostro rapporto con i social network alle vicende politiche italiane, quello che ci viene dipinto davanti è un quadro a tinte fosche il quale, pur nel suo essere così grottesco, ci fa ridere di noi stessi e allo stesso tempo ci lascia un gusto amaro in bocca.
La Guzzanti non risparmia nessuno: da Giorgia Meloni a Virginia Raggi, passando per l’immancabile imitazione di Berlusconi che si trasforma in mafioso e di Maria Defilippi che invita Dante Alighieri in televisione dandogli del disperato.
L’unico neo è la palese fuoriuscita delle personali opinioni dell’attrice, lette con tono serio di fronte ad un leggio. Forse, se rivelate in modo più sottile, sarebbero risultate meno invadenti e avrebbero lasciato al pubblico l’opportunità di elaborarne di proprie.
Ma chi conosce Sabina Guzzanti sa bene che da lei non ci si può aspettare niente di meno: il politicamente corretto non appartiene al suo stile.
In conclusione, questo è uno spettacolo che merita di essere visto, indipendentemente dal vostro orientamento politico, perché fa ridere, fa ridere davvero, e lascia anche qualche spunto su cui riflettere amaramente.
A fine spettacolo il pubblico si spella le mani con scrosci di applausi tutti meritati.
La recensione si riferisce alla recita di martedì 28 marzo 2017.