di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini
regia Stefano Pasquini
Produzione Teatro delle Ariette 2000
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Una tavola lunga e larga coperta da una tovaglia a quadroni bianchi e blu, trenta sedie, trenta piatti, trenta bicchieri e bottiglie di acqua e di vino in quantità. Innumerevoli graziosi cestini contenenti forme di pane, tagliate a fette con estrema regolarità e precisione. Tovaglioli e posate. Tutto è pronto ad accogliere gli ospiti e così ci siamo sentiti, una volta entrati nella Sala Pasolini trasformata in una grande e confortevole cucina di campagna. Non spettatori ma quasi attori, ospiti attivi e partecipi al rito che cominciava a celebrarsi con tutta l’emotività e la sacralità che a ciascuno risuonava nel profondo.
Pochi attimi per ambientarsi e salutare i compagni occasionali, come ai matrimoni quando si capita ad un tavolo dove non si conosce nessuno. Ci si presenta e comincia l’attesa delle portate, per mangiare…
“Sì, al Teatro da mangiare? si mangia davvero, – raccontano gli autori nelle note di regia – si mangiano le cose che facciamo da ventuno anni, da quando è cominciata la nostra vita di contadini.
Si mangiano le cose che coltiviamo e trasformiamo nella nostra azienda agricola, che tiriamo fuori dalla nostra terra. Seduti attorno a un tavolo, preparando e consumando un vero pasto, raccontiamo a modo nostro la nostra singolare esperienza di contadini-attori: dieci anni di vita in campagna e di teatro fatto fuori dai teatri. (ma ormai i dieci anni sono molti di più).
Teatro da mangiare? è stato concepito in una cucina, la cucina della nostra casa delle Ariette. Noi facevamo le tagliatelle e intanto parlavamo con Armando Punzo e Cinzia de Felice che si erano fermati a dormire a casa nostra dopo lo spettacolo della sera prima.”
Siamo tutti un po’ incerti, curiosi e birichini ci guardiamo intorno, nell’aria risuonano trionfali le note ‘dell’internazionale’, e si comincia. Paola, infilandosi dentro una rete rosa come in una camicia di forza, lancia il suo appello (una dichiarazione d’intenti) e la voce roca e profonda si colora di mille tonalità nel flusso di emozioni condivise e offerte a noi intervenuti al rito che si va a vivere.
Maurizio, come presentasse all’altare le offerte, comincia a girare intorno al tavolo reggendo con teatrale maestria un vassoio, ovale, che quasi danzando arriva a destinazione. Uno dopo l’altro con abbondante generosità. Stefano brillante direttore di scena segue con occhio attento l’andamento dell’evento e catalizza l’attenzione. Sorrisi e complicità riscaldano l’aria.
Patate cotte e verdura fresca, con una salsina deliziosa allo yogurt e pane da deliziare il palato del re, poi salumi e formaggi ed intanto si presentano i tre cuochi, anfitrioni eclettici e attori navigati. Si raccontano e ci raccontano pagine della loro vita, ragnatele autobiografiche che ci catturano come mosche consenzienti, affascinate dalla purezza degli ideali, dalla semplicità, che non è mai ovvietà, delle decisioni, dalla conseguenzialità delle azioni, dalla tenacia e dalla forza che balzano fuori dalle parole che si alternano a descrivere un unico grande progetto.
Le ragioni dell’antieconomico solo ponderate ma non ascoltate, l’amore per la terra, la convinzione che si possa agire per migliorare ciò che sembra statico e definitivo, la manualità creativa e il desiderio pulsante di cambiare la propria vita senza rinunciare al teatro hanno permesso a tutti noi di vivere questa magnifica esperienza.
Musica, poesia declamata, anzi sussurrata al microfono da Maurizio in un’atmosfera calda e vibrante di emozionalità, nell’oscurità ravvivata dalle candele accese sui tavoli, accostati alle pareti, tutti intorno alla grande tavola centrale, mentre Stefano taglia le sfoglie di pasta fresca arrotolate con gesti imperiosi dall’ampia teatralità, con un coltellaccio grande ed affilato. E dietro di lui sì muove con felina morbidezza Paola, immerge le mani nella pasta e sollevandole con dita leggere, apre come trine le tagliatelle con movimenti danzanti quasi in un gioco d’acqua di fontane musicali.
Stiamo consumando una cerimonia magica , eppure ogni giorno ognuno di noi mangia nella propria casa, ma ora è tutto profondamente diverso. Sembra un evento fenomenale, straordinario, anche vedere il fumo della pentola in ebollizione e le tagliatelle versate e poi scolate e poi condite con formaggio e noci e poi servite. Quando il gesto quotidiano diventa rito, ed il teatro nasce dal rito ed è un bene a volte ricordarlo!
Come è vero nella profondità del suo significato recondito che ogni azione è magica o potrebbe esserlo e che ciascuno di noi è un magnifico creatore di meraviglia. Il mondo nella sua semplicità è davvero un miracolo e la connessione degli individui con se stessi e tra loro crea sinergicamente vibrazioni, che si trasmettono in un domino universale. Microcosmo particolare e contingente che richiama assonanze e corrispondenze interpersonali del Macrocosmo.
“Siamo indubbiamente noi gli autori-artefici di questo spettacolo, ma c’è qualcosa che ci sorpassa, che lo rende autonomo, libero, di tutti e di nessuno. – raccontano ancora gli autori –
Attorno al grande tavolo dove ci ritroviamo, attori e spettatori, a condividere il tempo di un pranzo o di una cena, succede qualcosa che non siamo in grado di spiegare. Si compie un rito così profondamente umano da catapultarci nel cuore del nostro presente, nell’attimo assoluto del “qui e ora”, senza mediazione, nell’evidente e disarmante verità delle nostre vite.”
E’ divertente e commovente insieme. Paola con un rosso naso da clown e una bombetta in testa striscia sulla tavola raccontando aneddoti di vita quotidiana e mostrando fotografie dei suoi animali .
Le fotografie girano fra i commensali-ospiti-spettatori-attori che sono tirati ad esibirsi in buffe imitazioni, coinvolti in prima persona perché….” Coinvolgere il pubblico è molto contemporaneo e qui siamo nella Casa del Contemporaneo (Associazione che organizza la rassegna).
Alla fine della cena i tre attori escono per qualche minuto e quando tornano si siedono con noi e si comincia allegramente a discorrere. Ci si confronta e ci si racconta. Da tempo immemore il mondo, a tavola, sembra più facile da affrontare.
“Teatro da mangiare? ha debuttato a Volterrateatro il 18 luglio 2000 e in questi anni si è comportato come un vero e proprio organismo vivente crescendo, maturando e arricchendosi dell’esperienza di circa 1000 repliche in giro per l’Italia e l’Europa.
Da allora tante cose sono cambiate nella nostra vita, ma la forza contagiosa di questo “autoritratto”, di questa pubblica confessione autobiografica, continua a sorprenderci.”
Il Rito apotropaico serve ad allontanare gli spiriti maligni, a neutralizzare l’influenza di vibrazioni negative e si può dire perfettamente riuscito quando l’atmosfera diventa magicamente densa di gioia e contentezza.
Come un tappeto volante, leggero e misterioso librando nell’aria attraversa paesi e città, regioni e nazioni e poi si ferma planando in un luogo che diventa subito magico, così questa grande tovaglia a quadretti e quadroni ha riunito anche stasera i trenta commensali che hanno avuto la fortuna di essere accolti e sfamati e arricchiti salutano con gli occhi lucidi e il volto sorridente. E non solo nelle canzoni il cuore fa rima con amore… a volte succede davvero.