RafficheCosmetica rivoluzionaria
Al Petit Hotel in pieno centro, tra via Micca e via Santa Teresa, va in scena Raffiche dei Motus, ormai ospiti abituali del Festival delle Colline. Il nuovo lavoro si rifà al testo Splendid’s di Jean Genet, in cui una banda di rapinatori assaltano un hotel rinchiudendovisi all’interno. Il pubblico è accompagnato dalle stesse attrici nella sala sotterranea dell’albergo, piccola e accogliente con un ottimo arredamento scenico, divanetti rossi e neri, pavimento di marmo, lampade in stile anni ’60, ed un magnifico specchio come fondale. L’estetica tipica della regia dei Motus si attaglia perfettamente allo spazio, che, seppur ristretto, si disegna di punti luce azzeccati e resi visibili solo quando i visi delle attrici li incorniciano per primi piani molto evocativi. E’ da notare che i personaggi maschili della pièce sono stati mantenuti e la banda criminale di Genet si trasforma nelle Raffiche, un gruppo sovversivo rivoluzionario di matrice femminista che lotta per i diritti transgender e di sessualità diffusa, composte di sole donne o che tali sono diventate. La Cosmesi al Potere è il leit motiv della messa in scena in cui i rapporti di potere nella banda cambiano con lo scorrere elettrizzante della trama: spari, morti, litigi, baci appassionati in cui nulla è lasciato all’immaginazione. La relazione tra le criminali varia è mutevole, si sposta, sussulta, così come la confusione androgina di alcune attrici o l’accentuata femminilità transessuale di altre: balletti, coreografie, mitragliatrici sventolate, seni scoperti per la rivoluzione e la rivendicazione del diritto alla diversità. Spettacolo altamente estetico, denso di significati, con un’ottima drammaturgia, ma con un’interpretazione recitativa non eccelsa per un gruppo, come quello dei Motus, più abituato alle rappresentazioni performative; in sintesi un’ottima cosmetica rivoluzionaria.
RAFFICHE
RAFALES | MACHINE (CUNT) FIRE
di Motus
regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
dedicato a Splendid’s di Jean Genet
con Silvia Calderoni (Jean), Ilenia Caleo (Rafale), Sylvia De Fanti (Bravo), Federica Fracassi (il Poliziotto), Ondina Quadri (Pierrot), Alexia Sarantopoulou (Riton), Emanuela Villagrossi (Scott), I-Chen Zuffellato (Bob)
la voce della radio Luca Scarlini e Daniela Nicolò
testi Magdalena Barile e Luca Scarlini
produzione Elisa Bartolucci e Claudia Casalini
distribuzione estera Lisa Gilardino
comunicazione Marta Lovato
produzione Motus
con Ert, Comune di Bologna
in collaborazione con Biennale Teatro, L’arboreto – Teatro Dimora Mondaino, Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza, Teatro Petrella Longiano
con il sostegno di MiBACT, Regione Emilia Romagna
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Amelia la strega che ammalia and Friends
Marcido – repetita juvant?
I Marcido presentano il nuovo spettacolo presso il loro teatro in corso Brescia, MarcidoFilm!, un piccolo gioiello minuto ed elegante in cui specchi, il bianco ed il rosso dominano incontrastati. La sala è veramente piccolina e gli spettatori in sovrannumero vengono fatti accomodare anche sui gradini. La scena è chiusa da una bellissima tela musicale realizzata dalla sempre eccelsa Daniela Dal Cin e lo spettacolo si apre ai nostri occhi con un tronco di cilindro basso e tozzo, unico elemento scenico, quasi una pedana lignea, davanti alla quale Marco Isidori, raggiante come trent’anni fa, ci accoglie eloquente danza di versi e vocalizzi in cui senso e forma, musica e sostanza si incontrano in figure retoriche squisite. Anche la gesticolazione è una contrazione che segue l’antinaturalismo di rottura che i Marcido hanno portato avanti come vessillo della ricerca dai tempi della loro fondazione; ed è proprio qui che i Marcido peccano, replicando la loro formula vincente da fin troppo tempo senza inserire variazioni sostanziali al meccanismo perfetto del loro modus operandi. In scena molti giovani e giovanissimi attori, egregi e disciplinati, di grande impatto energetico e veramente determinati nel seguire in tutto e per tutto le partiture ritmico gestuali e vocali dei loro maestri. I poeti scorrono in musica e carne nei corpi ben rodati dei Marcido, ma a volte l’estetica cancella il portato di senso di alcune liriche, fra cui riconosciamo Ungaretti, Saffo, Montale, Amelia Rosselli e molti altri sommi vati italiani. L’ultimo monologo è affidato ad un Isidori che porta avanti strenuamente la bandiera di un modo di far teatro muscolare e roccioso, che ormai, però, non riesce più a reggere in totalità. In sostanza, uno spettacolo che scorre troppo lieve tra i nostri corpi e non si incaglia nello spirito se non per il tempo dell’ammirazione estetica dell’esecuzione degli attori, degni di un grande applauso.
AMELIA LA STREGA CHE AMMALIA AND FRIENDS
Ovvero: “Quando si è visto Dio qual è il rimedio?”
di Marco Isidori
regia Marco Isidori
da testi di Amelia Rosselli, Sylvia Plath, Emily Dickinson e “amici”
con Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Batty La Val, Francesca Rolli, Marzia Scarteddu, Vittorio Berger, Nevena Vuijc’, Eduardo Botto, l’Isi
tecniche Sabina Abate
sipario detto “della musica” di Daniela Dal Cin
produzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
Il cielo non è un fondale
Deflorian e la poetica del termosifone
Deflorian e Tagliarini sono ormai una coppia assodata nel panorama del teatro drammaturgico contemporaneo, con la loro cifra stilistica sottotraccia, lontanissima da qualsiasi orpello recitativo e di finzione tanto nell’esposizione scenica, che nei contenuti dei testi e nell’apparato scenografico. “Il cielo non è un fondale” è una chiacchierata fra amici, come molti degli spettacoli della coppia romana di adozione: un’esposizione che gli attori rivolgono a loro stessi come semplici persone, alla presenza del pubblico, su di una tematica non dichiarata e che diventa chiara man mano che lo spettacolo va avanti. Ma ne “Il cielo non è un fondale” tutto parte da un sogno, e da questo sogno si dipana tutto il resto; in realtà tutto parte da una canzone. In scena c’è un’attrice che è in realtà una cantante eccezionale, che canta a cappella un paio di canzoni. Si parla di sogni, di realizzazioni di sogni, della paura di finire a vivere sotto i ponti, dell’incontro con una barbona in un parco di Roma prima della prima di uno spettacolo al Teatro Argentina, della registrazione della conversazione di Daria con la senzatetto. E’ un flusso di pensiero a più voci che non segue un filo preciso ma si aggrappa a rimandi onirici, racconti monologanti, poi visioni di fotografie, infine la vita da soli ed il rapporto fondamentale con il termosifone, fino ad immaginare una città fatta di termosifoni e sul finale dietro alla parete mobile del fondale compaiono caloriferi bianchi per invadere il palco. In sunto uno spettacolo sospeso in una bolla onirica, delicato e intelligente, pieno di bellezza, ma fin troppo in dialogo col pubblico in una complicità intima sulle piccole cose per far nascere una vera ondata di urgenza, smorzata da un’attenzione preziosa per tutti quegli elementi della vita apparentemente insignificanti.
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IL CIELO NON E’ UN FONDALE
di Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
regia Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici, Daria Deflorian, Monica Demuru, Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto Francesco Alberici, Monica Demuru
testo su Jack London Attilio Scarpellini
canzoni Lucio Dalla, Mina, Giovanni Truppi, Georg Friedrich Händel, Lucio Battisti
assistente alla regia Davide Grillo
disegno luci Gianni Staropoli con la collaborazione di Giulia Pastore
costumi Metella Raboni
costruzione delle scene Atelier du Théâtre de Vidy
direzione tecnica Giulia Pastore
accompagnamento, distribuzione internazionale Francesca Corona
organizzazione Anna Damiani
Produzione Sardegna Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Emilia Romagna Teatro Fondazione
Coproduzione A.D., Odéon – Théâtre de l’Europe, Festival d’Automne à Paris,
Romaeuropa Festival, Théâtre Vidy-Lausanne, Sao Luiz – Teatro Municipal de Lisboa,
Festival Terres de Paroles, théâtre Garonne, scène européenne – Toulouse
Sostegno Teatro di Roma
Collaborazione Laboratori Permanenti /Residenza Sansepolcro, Carrozzerie | n.o.t
/Residenza Produttiva Roma, fivizzano 27 / nuova script ass. cult. Roma
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Emily
I fantasmi della Dickinson
Milena di Costanzo presenta il proprio nuovo spettacolo, basato sulla vita di Emily Diskinson, fra follia, reclusione, piccola vita borghese e tanta poesia. Al Teatro Astra Fattore K porta in scena Emily, un tavolo, tre sedie e tre lampadari che pendono sulla scena aperta sullo squarcio borghese di una famiglia allo sbando. Follia, inadeguatezza, desiderio di una nuova vita, noia e amori spezzati. Per Emily tutto ciò è negato, reclusa nella sua stanza, assiste impotente allo sgretolarsi delle figure cui dovrebbe aspettarsi affetto e buoni sentimenti, persi invece in una vita vuota e rutilante della provincia americana. Immagini pregevoli, intuizioni mai banali e scene dal forte carattere ironico e sprezzante, altre surreali e malgrado tutto frastagliate in un ordine onirico che non vuole restituire una storia, una linea orizzontale del racconto, ma che vede da varie angolazioni i frammenti significativi della vita della famiglia Dickinson. Spesso però le scene non hanno una coerenza drammaturgica e si incagliano in uno stare isolato: possiamo solo prenderle per quel che sono, cercando in qualche modo di ritrovarne un filo rosso che le leghi, ma inutilmente. In sintesi uno spettacolo che slitta nel senso e ci arriva dilatato in tempi e modi, di cui dopo un poco rinunciamo a tracciare la mappa: registicamente originale, rischia però di gettare troppi fuochi che non accendono il fuoco centrale dell’opera.
EMILY
di Milena Costanzo
regia Milena Costanzo
con Milena Costanzo
e con Alessandra DeSantis, Rassana Gay, Alessandro Mor
assistente alla regia Chiara Senesi
costumi Elena Rossi
oggetti di scena OkkO Parma
organizzazione Antonella Miggiano
produzione Fattore K
con il sostegno di Danae Festival, Olinda
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Human Animal
Foster Wallace alla Scuola Holden
La Ballata dei Lenna si presenta al Festival delle Colline con un lavoro che prende spunto dall’ultimo romanzo di David Foster Wallace, “Il re pallido”, per parlare della noia, dei meccanismi alienanti, dei contorni sfrangiati delle vuote vite dei funzionari delle Agenzie delle Entrate. E così siamo accolti alla Holden con un numero e la possibilità di sederci dove vogliamo in uno spazio laterale della sala teatrale della nota manifattura di scrittura torinese. Uno schermo bianco, un esiguo spazio avanti ad esso, due stativi sormontati da sagomatori. Parte un video sulla superficie chiara, un lungo video accompagnato da un audio che ci spiega la ricerca effettuata: la compagnia ha seguito tre funzionari delle Agenzie delle Entrate e ne ha riassunto le grigie esistenze in una sorta di spettacolo nello spettacolo in cui vengono presentati i personaggi e rappresentate le loro interazioni sociali, sterili e minimizzate. C’è una sottile vena ironica, sarcastica e canzonatoria che accompagna lo scorrere del tempo, una scia sottotraccia che non ci fa comprendere l’esatta via intrapresa dalla regia. Tutto si svolge sullo schermo, in presa diretta, dietro ad essa, nascosti gli attori realizzano lunghi piani sequenza, facendoci seguire ciò che la telecamera vede là dietro. Ma recitano le battute senza amplificazione e spesso la voce si perde, brani di dialoghi appaiono incomprensibili e la drammaturgia si srotola senza avanzare. Ogni tanto alcuni video premontati interrompono la narrazione monoculare, inserendosi brutalmente. Rarissimamente appaiono in carne ed ossa, una volta interagendo fra davanti e dietro il telo; l’ultima sortita è realizzata da tutti e tre per recitare intorno ad un tavolino le battute di un testo in lettura, la noia del lavoro in ufficio, pagine girate e pratiche accatastate: in un climax in crescendo di velocità ed incomprensione delle parole gli attori conducono per 10 minuti una scena che poteva terminare 8 minuti prima. Conclude questa sezione un cortometraggio di 10 minuti che ritrae le vite dei veri funzionari, senza aggiungere nulla a ciò che sappiamo. Le luci si accendono, ci fanno spostare nell’altra sala dove ci pregano di sederci alla poltroncina indicata dal numero consegnato all’ingresso. Ora sono gli attori a parlarci, non più i personaggi. Spiegano perchè hanno realizzato quello spettacolo, perchè David Foster Wallace: la noia, il tema. Farla vivere agli spettatori può essere una via per la ricerca? Litigano, cercando la via della comicità. Escono e tutto il pubblico applaude, pensando alla fine della pièce, ma non è così. La musica sale e colori sgargianti illuminano il nuovo palco, una voce annuncia l’arrivo dell’atteso direttore delle Agenzie, ma nessuno si presenta. Tornano in scena gli attori per lamentarsi della puntigliosa serie di richieste degli eredi Wallace per rappresentare l’opera. Manovrando una telecamera mostrano sullo schermo oggetti e “Il re pallido”. Un lavoro che depista gli spettatori, in fase ancora di chiarimento, con appuntamenti frustrati e idee interessanti, ma con poca lucidità sulla struttura registica.
HUMAN ANIMAL
Se sei immune alla noia non c’è niente che tu non possa fare
di Paola di Mitri
regia Nicola Di Chio, Paola di Mitri, Miriam Fieno
con Martin Chishimba, Paola di Mitri, Miriam Fieno
luci e visual concept Eleonora Diana
video e riprese Vieri Brini e Irene Dionisio
produzione La Ballata dei Lenna
produzione esecutiva ACTI Teatri Indipendenti
sostegno alla produzione Hangar Creatività (Assessorato alla Cultura Regione Piemonte, Fondazione Piemonte dal Vivo), Zona K Milano, Factory Compagnia Transadriatica,
Principio Attivo Teatro
in collaborazione con Scuola Holden
vincitore bando Funder35
vincitore progetto Hangar Creatività
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Personale Politico Penthotal
Pazienza in salsa rap
Alle Lavanderie a Vapore va in scena Personal Political Penthotal, un progetto dei Fratelli Dalla Via e di Gold Leaves Academy, un’etichetta di musica rap vicentina. L’argomento è Paz, Pazienza, la Bologna, l’Italia degli anni’70, il talento, l’arte, la roba e l’impegno politico. Personal Political Penthotal ricorda nel senso il famoso fumettista emiliano e Pier Paolo Pasolini nell’acronimo forbito per l’elevato cesello drammaturgico che innesta prosa e free style, rap e teatro. I Fratelli Dalla Via, conosciuti per pregevoli spettacoli di grande ricerca fisica e letteraria, innescano un corto circuito musicale (Dj alla consolle in scena e brani cantati dal vivo dai rappers della GLA) all’interno di una cornice di parole snocciolate con la plastica bravura di Marta Dalla Via ed una creazione testuale eccelsa. Giochi di parole, calembour, assonanze, neologismi, sensi alternati e polisemie da far girar la testa, invenzioni di un testo chiaro e diretto, divertente e profondo, poetico e scanzonato: i Fratelli Dalla Via aggrumano l’immaginario visivo e politico di Paz in uno spettacolo ben calibrato e dai sapori più svariati. Marta Dalla Via parla sempre al microfono, i rappers si avvicendano, un divano in scena ed una luce che funge da telefono: quasi nessuna azione, tutta recitazione, forse un po’ poco per dire teatro, un recital rapper, forse. I ragazzi sono bravi, incisivi, occupano la scena e a volte interagiscono con l’attrice, ma senza esagerare: una giusta misura, un ottimo esercizio drammaturgico ed una buona, semplice e lineare regia. Alla fine è festa di free style ed ospiti dal panorama rapper locale; i Fratelli Dalla Via realizzano un omaggio a Paz all’insegna di quella contaminazione di genere, stili, linguaggi e modalità espressive che è la loro cifra creativa, portandosi a casa un pubblico divertito e mai annoiato.
PERSONALE POLITICO PENTOTHAL
Opera rap per Andrea Pazienza
di Marta Dalla Via
regia Fratelli Dalla Via e Gold Leaves
un progetto di Fratelli Dalla Via e Gold Leaves
con Marta Dalla Via
e Omar Faedo (Moova), Simone Meneguzzo (Dj Ms), Michele Seclì (Lethal V), Alessio Sulis (Rebus), Giovanni Zaccaria (Zethone)
direzione tecnica Roberto Di Fresco
scene e costumi Fratelli Dalla Via
produzione La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale / Fratelli Dalla Via
coproduzione Festival delle Colline Torinesi
con il sostegno di Bassano Opera Festival
presentato in collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo
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Le Stanze dell’Integrazione
I fratelli De Serio tornano al Festival delle Colline
Alle Fonderie Limone va in scena in Prima Nazionale il nuovo spettacolo dei fratelli De Serio, QOLALKA / STANZE, la fase conclusiva di un progetto nato nel 2010, da un percorso di indagine e creazione che ha coinvolto alcuni ragazzi rifugiati politici somali e le loro storie. In scena Suad Omar, attrice e fondatrice della Compagnia Alma Teatro, e Abdullahi Ahmed, mediatore interculturale somalo, che ha acquisito la nazionalità italiana: la loro presenza scenica è una forte traccia per il racconto di vite che viaggiano da territori lontanissimi alla ricerca di un benessere, che a volte è solo un miraggio. I fratelli De Serio creano una scenografia composta solo di due schermi mobili di tre metri per due, inseriti in una struttura metallica con videoproiettore posteriore che disegna immagini e storie. Video, scritte, luce bianca per consentire ombre e dinamiche teatrali, portando il mero dato visivo in una dimensione di racconto a più dimensioni. Si inizia quindi dalla pratica della preghiera musulmana, per passare alle terminologia legata al cibo storpiata in una traslitterazione fra il somalo e l’italiano, fino a videointerviste e la presenza in carne ed ossa di ragazzi africani che hanno vissuto anch’essi il viaggio e la difficoltosa traversata. Nel complesso uno spettacolo che documenta con racconti, dialoghi, video, canti e scene corali, l’incontro della cultura e della popolazione somala con la dura realtà di un’Europa, vista troppo spesso come un miraggio senza fondamento. Struggente, intenso, umano e profondamente vero: la ricerca dei fratelli De Serio colpisce nell’anima, pur mancando ancora l’innesto preciso con le necessità ritmiche e rappresentative del medium teatrale con tutte le sue specificità.
QOLALKA / STANZE
di Suad Omar e Abdullahi Ahmed Abdullahi
regia Gianluca e Massimiliano De Serio
interpretazione Suad Omar e Abdullahi Ahmed Abdullahi
produzione Associazione Culturale Antiloco
coproduzione Fondazione Teatro Piemonte Europa, Festival delle Colline Torinesi
in collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo
progetto realizzato con il sostegno del bando ORA! Linguaggio contemporanei – produzioni innovative di Compagnia di San Paolo