Where are we now? È la domanda da cui parte la 32esima edizione del Romaeuropa Festival, il grande festival internazionale dedicato all’arte e alla danza contemporanea che dal 20 settembre al 2 dicembre proporrà ben 80 progetti, 60 spettacoli, ma anche mostre, installazioni, convegni, percorsi di formazione dislocate in 24 diversi luoghi di Roma dal Teatro Argentina al Teatro India, dalla Pelanda all’Auditorium Parco della Musica all’Auditorium Conciliazione per confermare la sua vocazione di attraversamento della città per sviluppare il senso condiviso fra artista e pubblico fra musica, teatro, danza, circo, digitalife, kids.
“Quest’anno non abbiamo voluto indicare un teme, ma abbiamo formulato una domanda come titolo del REf17 perché interrogarsi, in questo momento, ci sembra la scelta più consona alla condizione che stiamo vivendo – spiega Fabrizio Grifasi, Direttore Generale e Artistico della Fondazione Romaeuropa presieduta da Monique Veaute – Potremo avere delle risposte attraverso gli occhi degli artisti: REf17 offre sguardi e sensibilità di artisti di paesi e realtà diversi, le loro opere compongono una mappa del presente, fragile come il castello di carte della nostra immagine di quest’anno e si collocano oltre le categorizzazioni estetiche e di genere inserendosi in una geografia concettuale che si costruisce e si disfa secondo la forza delle interpretazioni”.
Ricchissimo anche il programma del REf17 che vede nella musica il suo fil rouge, vengono rafforzati gli aggregatori tematici, Visions, Powerful Stories, Sharing e Selfie, si affiancano i focus e le rassegne interne al festival con gli spettacoli riadattati e riproposti per essere dedicati a bambini e famiglie nel REF Kids, novità del 2017, la Community con Masterclass e incontri, Dancing Days con il focus sulla danza europea, l’approfondimento di Anni Luce con la presenza di quattro compagnie italiane che debuttano per la prima volta al festival per arrivare a Digitalife, cuore tecnologico del Romaeuropa Festival, che, alla sua ottava edizione, approda nei prestigiosi spazi del Palazzo delle Esposizioni di Roma dove lo “spettatore interagisce con complesse architetture audiovisive – afferma Monique Veaute – vi s’immerge, viene avvolto da vortici di luce e suono”.
Perfettamente in linea con la frammentata realtà con cui ci troviamo a fare i conti e con le molteplici interpretazioni in base alla sensibilità e alle esigenze del pubblico, è l’apertura dell’edizione 2017 del Romaeuropa Festival affidata il 20 settembre (in replica fino al 23) a Kreatur, la nuova creazione di Sasha Waltz che debutta il 20 settembre in prima nazionale al Teatro Argentina di Roma (in replica fino al 23 settembre) dopo il debutto di Berlino e che si arricchisce dei costumi magnifici della stilista-designer Iris Van Herpen, delle luci di Urs Schönebaum e delle musiche del Soundwalk Collective, alla prima esperienza con la coreografa tedesca.
“Kreatur racchiude alcuni dei temi che saranno attraversati da questa edizione del Festival – spiega Grifasi – ed è quindi il punto di partenza ideale per costruire un racconto sulle complessità del presente con tutte le sue difficoltà e con tutta la sua bellezza”.
La coreografa tedesca torna per la settima volta al Romaeuropa anche reduce del successo del Dido&Aeneas visto lo scorso anno al Teatro dell’Opera di Roma, ma per la prima volta quest’anno inaugurerà il festival presentando un progetto inedito e sperimentale con la sua compagnia, Sasha Waltz & Guests fondata nel 1993 insieme a Jochen Sanding a Berlino.
“Kreatur è un progetto di rottura in cui cerco di ritrovare il mio progetto di composizione insieme ad altri artisti. Ho trascorso 11 anni a lavorare nell’ambiente dell’Opera confrontandomi con storie e partiture già scritte che o riadattato alla sensibilità contemporanea – spiega Sasha Waltz – Ora avevo la necessità di rispondere a una domanda: dove mi trovo adesso? Nasce da qui l’esigenza di raccontare la mia percezione della realtà attivando la collaborazione con un gruppo di musica elettronica, il Soundwalk Collective. Kreatur è una creazione di tipo astratto in cui resta un filo narrativo non indispensabile da seguire e che lascia spazio alla libera associazione”.
Ma si è trattato di un processo di creazione fra danza e musica molto diverso rispetto al solito che ha visto la parallela costruzione di musica e danza in studio: ad arricchire Kreatur, i costumi di Iris Van Herpen, stilista designer “grande sperimentatrice che lavora con materiali alternativi che ha creato costumi quanto più vicini al corpo umano” con linee scultoree e primitive.
In Kreatur la grande coreografa tedesca porta in scena delle creature umane, che potrebbero anche essere ombre che rappresentano il lato oscuro dell’umanità indagando sul background di una società deteriorata che nasce dall’esigenza della coreografa di ritrovare la propria sensibilità e la propria libertà artistica e di confrontarsi con il suo collettivo.
“Ho voluto costruire un ritratto della nostra realtà, ho cercato di rendere fisica la paura attraverso immagini che si prestano a una narrazione, ma che si prestano anche alla libera associazione” ha spiegato la Waltz sottolineando l’apporto fondamentale del trio Soundwalk Collective che ha realizzato una musica molto influenzata dall’architettura del Novecento e realizzata prima attraverso la registrazione dei suoni dei luoghi e poi attraverso la composizione della musica.
Nominata direttore artistico dello Staatsballett di Berlino pochi mesi fa (con non poche polemiche da parte dei ballerini che hanno parlato di “nomina politica”) la Waltz ha le idee ben chiare su come portare avanti il suo lavoro nei prossimi cinque anni.
“Voglio colmare la distanza del balletto classico e contemporaneo confrontandomi con una struttura consolidata – spiega Sasha Waltz – Per me si tratta di un cambiamento radicale, ma è certo che nei prossimi anni non abbandonerò la mia compagnia continuando a sviluppare nuovi progetti: cercheremo di valorizzare il contemporaneo nella danza, una disciplina in cui permane una forte resistenza e una netta divisione fra l’accademico e il classico”.
Dopo l’inaugurazione con Sasha Waltz, il Festival prosegue nel mese di settembre all’insegna delle migliori delle tradizioni confermando consolidate collaborazioni con la presenza della compagnia svizzera Rimini Protokoll con Powerful Stories al Teatro India, Sharing di Sidi Larbi Cherkaoui (all’Auditorium Conciliazione), Giselle di Dada Masilo al Teatro Olimpico con le immagini di William Kentridge che si sovrappone alla Giselle accademica in scena nello stesso periodo all’Opera di Roma, i Muta Imago che si misurano per la prima volta con Monteverdi, il ritorno di Jan Fabre con il nuovo BELGIAN RULES/BELGIUM RULES al Teatro Argentina, l’incontro fra il jazz e l’elettronica nel concerto di Tony Allen-Jeff Mills (al Parco della Musica), l’inaugurazione della stagione sinfonica 2017 di Santa Cecilia con Król Roger di Karol Szymanowski diretto da Antonio Pappano e arricchito dal progetto visivo dei MASBEDO.
Torna il con Pueblo di Ascanio Celestini (al Teatro Vittoria) secondo capitolo della trilogia dedicata agli emarginati, #Antropocene di Marco Paolini sul rapporto tra uomo e tecnologia (all’Auditorium Parco della Musica), Roberto Herlitzka che recita il De Rerum Natura in terzine dantesche accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Abruzzese (al Teatro Vittoria).
Programma e info in dettaglio su www.romaeuropa.net.