Questa produzione di DER FREISCHÜTZ (Il franco tiratore), di Carl Maria Von Weber, in scena al Piermarini fino al 2 novembre, ci ha riservato molte sorprese, quasi tutte piacevoli. Il Singspiel, pietra miliare del romanticismo tedesco, mancava dalle scene milanesi da quasi 20 anni e qui lo abbiamo apprezzato in una versione “modernizzata” che, nell’insieme, ha colto nel segno, come raramente accade.
Questa “favola romantica” re-immaginata da Matthias Hartmann costruisce un senso compiuto che, assieme alla bacchetta di Myung-Whun Chung, restituisce un insieme omogeneo e apprezzabile dall’inizio alla fine, seppur lontano dalla filologia: sia all’occhio, sia all’orecchio.
Raramente si riesce a compiere un lavoro così accurato in una modernizzazione che non stravolga il libretto ma aggiunga elementi contemporanei a qualcosa andato in scena per la prima volta nel 1821: scompare l’elemento popolare, la bacchetta dipinge colori più accesi, i personaggi si muovono all’interno di una scena non didascalica ma di gusto contemporaneo, indossando abiti che sembrano più adatti ad una sfilata di haute couture con un’ispirazione bavarese che ad un palcoscenico.
Però l’insieme funziona, alla perfezione: riesce ad emozionare, coinvolgere, perfino sbalordire nella scena della Gola del Lupo, con qualche effetto speciale e un’orchestra che diventa onomatopeica, un perfetto accompagnamento quasi cinematografico.
Le scene di Raimund Orfeo Voigt sono moderne, funzionali alla regia ed esteticamente molto belle. I neon bianchi, con i quali vengono disegnati gli elementi spaziali “realistici” (in contrasto con l’elemento magico, il bosco, che si fa portatore di tenebre) come la casa o la cappella per i matrimoni aggiungono qualcosa, senza risultare fuori luogo rispetto all’insieme e alla storia.
La bacchetta di Chung rivela sempre una sensibilità unica ed inimitabile, che riesce ad essere elegante e incredibilmente sensibile anche quando esce dalla tradizione, dipingendo un quadro ricco di colori ed inedite sfumature, con un’orchestra che – dobbiamo dirlo – quando suona seguendo il maestro coreano appare sempre al massimo delle sue possibilità.
Anche il cast si è rivelato perfettamente all’altezza della situazione.
Michael König, nel ruolo di Max, possiede un bel timbro e una presenza adeguatamente imponente, che ci consente di perdonare facilmente qualche piccola sbavatura.
Günther Groissböck è perfetto nella parte di Kaspar, che interpreta con la giusta attitudine drammatica, a metà tra la malvagità e il rimpianto, dando spessore psicologico al personaggio anche grazie ad un timbro rotondo e profondo e una tecnica quasi impeccabile.
Julia Kleiter è una Agathe che possiede un timbro ricco di sfumature, rotondo, morbido. La sua interpretazione riesce ad essere intensa senza cadere all’esagerazione drammatica. I registri più acuti sono aggraziati, in quelli più gravi riesce comunque ad avere una voce piena e rotonda. Brava.
Eva Liebau, nel ruolo di Anchen ci ha convinto un po’ meno, nonostante un bel timbro, e una modulazione aggraziata in tutti i registri, con passaggi leggiadri e mai forzosi, la sua interpretazione ci è sembrata eccessivamente macchiettistica, anche se – va detto – questo aspetto è probabilmente da imputare al regista.
Ottima la prova del coro e degli altri protagonisti.
A fine recita pubblico entusiasta, soprattutto all’uscita di Chung.
La recensione si riferisce alla recita del 13 ottobre 2017.
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DER FREISCHÜTZ
Opera romantica in tre atti
di CARL MARIA VON WEBER
su libretto di Friedrich Kind
Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore MYUNG-WHUN CHUNG
Regia MATTHIAS HARTMANN
Scene RAIMUND ORFEO VOIGT
Luci MARCO FILIBECK
Costumi SUSANNE BISOVSKY E JOSEF GERGER
Collaboratore ai costumi MALTE LÜBBEN
Drammaturgo MICHAEL KÜSTER
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Personaggi e interpreti principali:
Agathe Julia Kleiter
Ännchen Eva Liebau
Max Michael König
Kaspar Günther Groissböck
Ottokar Michael Kraus
Ein Eremit Stephen Milling
Kuno Frank van Hove
Kilian Till von Orlowsky