Al via la stagione 2023 del Globe Arena con un cartellone all’insegna di William Shakespeare: dal 15 al 30 luglio ore 21.00, da mercoledì a domenica a Roma torna un scena Molto rumore per nulla con la regia, la traduzione e l’adattamento di Loredana Scaramella.
BENEDETTO: “Quale è stato il primo dei miei difetti per il quale ti sei innamorata di me?”
BEATRICE: “Per tutti quanti insieme. Perché hanno organizzato una compagine così perfetta da impedire anche ad una sola qualità di insinuarsi tra loro.” Atto V, 2
TRA IL BACO E LA FARFALLA
Uno dei sapori più dolci del teatro è nella ripetizione: il medesimo testo, col passare del tempo, ci si mostra cambiato. È un’esperienza perturbante guardare con occhi nuovi un oggetto conosciuto ma apre lo sguardo su orizzonti più vasti. Accanto ai temi che ci hanno appassionato, ne scorgiamo di nuovi. Ed è stimolante l’idea di affrontare questo viaggio con un gruppo di attori diverso, con una compagnia nata dagli incontri favoriti in questi anni dalle stagioni del Globe.
Ecco il perché di una nuova versione di questa commedia che mi appare oggi come una riflessione molto brillante e ludica sul tema della crisi intesa come tempo della metamorfosi, su come un ostacolo, una difficoltà, possa trasformarsi in un’occasione di crescita personale e collettiva. Abbandonare abitudini e convinzioni ormai inadatte alle nostre vere esigenze è una necessità ed un’azione da intraprendere con coraggio, e anche con un po’ di umorismo, per avviare una rinascita della nostra società. “Molto rumore per nulla” è una favola illuminante sul potere della parola, una commedia invasa da una gioia luminosa resa ancora più accecante da una lama d’ombra che per alcuni istanti l’attraversa. Il titolo racchiude tutti i sensi della storia e li nasconde proprio in quel “nothing” apparentemente inoffensivo. “Nulla” come un basso continuo contrapposto al suono di troppe parole, alla frenesia che spinge gli uomini ad amare, giocare, desiderare, combattere.
Questa agitazione, che ha la sua sintesi nell’eccitazione sessuale, esplode in una casa ospitale piena di balli e di feste, d’estate, nella assolata Sicilia, un luogo che per Shakespeare certo
significava esotismo e sensualità e che noi spostiamo in un Salento ideale, illuminato da quello stesso sole che esaspera i contrasti della scacchiera di corredi stesi a sbiancare, mentre dal parlato le voci prendono il volo per costruire richiami e canti che irrobustiscono il tessuto musicale già suggerito dal testo. E “nothing”, nella sua forma gergale antica, allude anche al sesso femminile, attorno al quale tanto rumore si scatena, e ci porta più vicino al tema centrale. Un gruppo di soldati torna dalla guerra ed invade lo spazio delle donne. È la fine della specificità dei generi: l’uomo guerriero, la donna custode del focolare. Finite le battaglie, la commedia racconta quello che sta nel mezzo, dopo la guerra e prima della pace, dopo il “separato” e prima dell’“unito”. Questo inter-regno è il tempo della parola, che si fa ponte tra due singoli mondi. È il maschile che cerca l’accordo col femminile. E “Molto rumore per nulla” racconta la rottura della membrana che divide i due stati, la lenta e difficile osmosi tra l’uno e l’altro.
Tra uomo e donna, giovinezza ed età adulta, ricerca di identità e assunzione di identità. Tra il baco e la farfalla. Benedetto e Beatrice, campioni dei rispettivi schieramenti, difendono strenuamente e con sfoggio di battute ironiche le loro autonome identità, come due adolescenti ostinati, lei attaccata al ruolo maschile che ha assunto, lui incapace di liberarsi dall’attrazione del cameratismo adolescenziale. Sono paralizzati da una paura che li rende comici. L’abbandonarsi alle emozioni potrebbe precipitarli su un terreno instabile che sconvolge il carattere, azzera ogni sistema di sicurezza e apre le porte ad una dimensione sconosciuta e incontrollabile. Beatrice è una donna insolita, una Queen Elizabeth in miniatura. Pur non essendo padrona di nulla, parla con libertà a stranieri, a uomini di potere, familiari e non. Tutto con lei si trasforma in motto di spirito, forgiato in una lingua paragonabile solo a quella di Benedetto, brillante e impertinente. Comportamento in genere condannato in una donna ma in lei accettato in virtù del suo essere casta, vergine e comica.
Ogni battuta di spirito va però a rafforzare la robusta corazza che nega il suo corpo e che nasconde dietro la goffaggine, le risate e lo scintillio delle parole la sua delicatissima parte emotiva. Benedetto è la sua immagine gemella, un Peter Pan attratto da una donna che è un guerriero e che gli propone un rapporto in fondo rassicurante, molto simile a quello che è abituato ad avere con i compagni d’armi. Il grimaldello che incrina queste due casseforti d’amore è proprio lo stato di crisi, il momento della difficoltà in cui le maschere rassicuranti cadono e ci si trova a rischiare la caduta nel baratro. Quando le parole di Beatrice sono rese vane dalla menzogna dei malvagi e il suo senso di giustizia non trova mezzi per farsi valere, Benedetto diventa necessario, la sua virilità un valore. Solo un uomo può impugnare la spada per difendere la giustizia, ma la strada gliela insegna una donna che lo separa dal branco. E così il “buffone del Principe” si trasforma nel nuovo capo del palazzo, giovane, saggio e brillante.
Da zero si va a zero: i malvagi rimangono tali, chi oggi si ama si amava già ma con una coscienza diversa. In questo processo di svelamento e metamorfosi, tutti ci ritroviamo complici del tentativo di mettere a nudo, come in un gabinetto anatomico, i meccanismi del cambiamento e tutti siamo chiamati a spiare e valutare i rischi e l’eventuale bellezza dell’incontro con l’altro. Tutti, singolarmente e come corpo sociale, nascosti nella penombra del teatro, sospesi fra realtà e finzione, facciamo insieme prove di vulnerabilità. Sostenuti dalla gioia e dal coraggio e trascinati dalla musica, transitiamo dal baco alla farfalla.
Loredana Scaramella
Cast
Seconda guardia / Frate Francesco:
Donato Altomare
Margherita:
Lara Balbo
Ero:
Mimosa Campironi
Don Pedro:
Federigo Ceci
Borracio:
Alessandro Federico
Antonio / giudice:
Roberto Mantovani
Don Juan / Sorba:
Matteo Milani
Leonato:
Giovanni Moschella
Beatrice:
Barbara Moselli
Corrado:
Ivan Olivieri
Orsola:
Loredana Piedimonte
Corniolo / Baldassarre:
Carlo Ragone
Benedetto:
Mauro Santopietro
Prima guardia:
Federico Tolardo
Claudio:
Matteo Vignati
Trio William Kemp:
Antonio Pappadà:
Chitarra
Mario Puorro:
Percussioni
Felice Zaccheo:
Mandolino/Liuto
Regia:
Loredana Scaramella
Traduzione e adattamento:
Loredana Scaramella e Mauro Santopietro
Maestro movimenti di scena:
Alberto Bellandi
Musiche a cura di:
Antonio Pappadà
Costumi:
Susanna Proietti
Direzione tecnica:
Stefano Cianfichi
Disegno luci:
Umile Vainieri
Disegno audio:
Daniele Patriarca
Scene:
Fabiana Di Marco
Assistenti alla regia:
Francesca Visicaro